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Il Napoli ha perso da squadra pollastra

Con Ibra e Ronaldo, è un campionato per gli immortali. Intanto nella Roma Fonseca ha trovato la quadra, ogni giocatore ha una sua logica e utilità.

Il Napoli ha perso da squadra pollastra
COMMENTO ALLA 8a GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21
Si riprende dopo questa pausa senza senso, questo torneo senza senso che nessuno ha voluto.
A parte quell’avvocato di Lubiana.
Il quale impone il calcio come potenza sovra nazionale.
Il governo norvegese aveva impedito la trasferta della nazionale per Bucarest.
Lui, inflessibile, se ne infischia. Tavolino per i rumeni.
Il calcio va avanti.
Nonostante sia un moloch malato al quale il Covid può assestare la botta finale.
Il virus si è trovato davanti un organismo devastato da debiti colossali.
Solo negli ultimi dieci anni, la Serie A ha perso circa due miliardi, 500mila euro al giorno.
Le società non pagano da marzo. Da quando sono crollati gli abbonamenti allo stadio, i biglietti delle partite, e anche l’ultima rata dei diritti tv Sky.
Un precipitare inarrestabile nel burrone del fallimento.
Ma il calcio va avanti.
Fino a quando qualcuno non ci dirà che la musica è finita.
Non è un campionato per giovani. È un campionato per gli immortali.
Ed è un campionato fra i più interessanti degli ultimi vent’anni.
Non una favorita, per ora. Per ora quattro o cinque sono in corsa.
Il Toy Boy, è un immortale di 35 anni.
Con la sua doppietta show decide la sfida contro i sardi. Sono 60 in tutto in 69 partite di Serie A giocate. Numeri che contano.
Poi magari per vincere conta anche qualcos’altro ovviamente.
Quel fuorigioco di Morata sulla rete dell’1-0 sembra proprio essere attivo.
E quel gol del 2-1 annullato al Cagliari? Nessuno saprà mai se Marin fosse realmente in fuorigioco.
Intanto Arthur cresce. E cresce Rabiot. Insomma gli ergastolani ci saranno.
Fra quelle che se la giocano c’è da inserire anche il Leicester emiliano del filosofo De Zerbi e dell’ossessione del gioco verticale.
È un grande Sassuolo la squadra che fa bottino pieno al Bentegodi contro i Giulietti decisamente sfortunati. Fermati dalla bellezza di ben quattro legni centrati. Ceramisti in stato di grazia. Berardi è sempre più leader e bandiera. In più è tornato anche Boga, al gol con un tocco da campione.
Se la giocano anche gli aquilotti che vincono nuotando nella piscina dello Scida guidati da un redivivo Ciro d’Italia match winner con un gol e un assist.
Un uragano di proporzioni apocalittiche aveva devastato per tutto il week end il crotonese. Il sindaco Voce aveva lamentato danni incalcolabili, invocando la calamità naturale.
Ma il calcio è più potente del Diluvio Universale. Il calcio va avanti.
Al Meazza, una partita con due volti per la favorita più favorita di tutte.
Primo tempo a tinte granata con Suninter disastrosi.
Doppio vantaggio meritatissimo per il Toro che mette in vetrina un autentico fuoriclasse.
Si chiama Wilfried Singo, ed è un diciannovenne ivoriano. Padrone assoluto della fascia destra. Velocissimo, impossibile da superare nell’uno contro uno lanciato in corsa. Ma anche tempestivo e grintoso in difesa. Segnatevi questo nome.
Il secondo tempo è di marca nerazzurra con un Lukaku assolutamente gigantesco che segna e fa segnare. Per il Toro ennesima sconfitta in rimonta e panchina di Giampaolo nuovamente in bilico.
Fonseca ha trovato la quadra.
Tutti necessari, nessuno indispensabile. Il portoghese sta valorizzando tutta la rosa, senza rifiutare per principio nessuno.
Ecco Borja Mayoral che viene aspettato, a cui viene rinnovata la fiducia anche durante un inizio burrascoso e che poi segna un gol decisivo.
Ecco Villar che cresce in sordina.
Ecco Spinazzola che diventa un giocatore come non era mai stato prima.
Ecco Miki e Pedro, campioni affermati su scala mondiale, che rincorrono gli avversari, chiudono in difesa, fanno le diagonali e corrono fino all’ultimo.
Ogni giocatore nella Roma ha una sua logica e utilità.
I Sangue Oro non hanno fatto mai avvicinare il Parma alla propria porta.
La squadra sembra conoscersi alla perfezione. Ognuno interpreta il proprio ruolo non solo in funzione di sé, ma avendo sempre in mente la visione globale del collettivo. Si vedono giocate di prima, di pura intesa, che sono lo specchio del duro lavoro quotidiano.
La Beneamata stecca ancora una partita decisiva.
Il Gattaccio non si dà pace. Perché non vede tra gli ingredienti quelle componenti che fecero di lui un giocatore mitico e irrinunciabile. La determinazione, la voglia di battersi, la concentrazione, l’impegno.
L’Immortale è lui.
Ibra.
Ibra capocannoniere con 10 gol in 6 partite giocate,
Ibra che a quasi 40 anni continua a vincere le partite da solo in Italia.
Ibra fenomeno senza tempo.
Ibra il fenomeno che incanta.
Incanta anche il più grande difensore al mondo. Che, vedendolo saltare, è d’improvviso preso dalla più sorprendente sindrome di Stendhal.
E se va fuori giri lui, allora addio.
Il Napoli perde da squadra pollastra. Buona per un brodo pre-natalizio. Perde perché Di Lorenzo è un broccolo che si divora il più incredibile dei gol. Perde perché il Petagnone è un cavolosciore e fa lo stesso sul finale. Perde perché il Pibe di Fratta è una eterna pastenaca acerba, ed è tornato satollo e impollastrito dalle glorie effimere collezionate in Nazionale.
Insomma una partitaccia. Quasi tutti insufficienti. Messi malissimo in campo. Con zero idee in attacco. Col rammarico che il risultato era a portata di mano.
Perché, diciamolo, il Milan, esempio unico al mondo di degenerazione e ambiguità per la misteriosa romanzesca nebulosa proprietà, non è apparso per nulla imbattibile.
Ma il Milan capolista, il Milan dell’Immortale Ibra è in corsa. E se la giocherà fino in fondo. Insieme con la Juve dell’immortale Toy Boy. Il Napoli – spero proprio di sbagliare – mi sa di no.
Ibra e Toy Boy. Chissà perché il pensiero va ai due corpi di 2000 anni fa ritrovati a Pompei. Gli esperti perplessi: “Sembrano stati bruciati con un lanciafiamme”.
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