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Alessandro Moggi: «Porto il mio nome con orgoglio. Devo tutto a mio padre, l’unico violentato da Calciopoli»

L’agente, figlio di Luciano, al Foglio Sportivo: “Sono orgoglioso di essermi lasciato alle spalle la tempesta perfetta. Avrei potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici”

Alessandro Moggi: «Porto il mio nome con orgoglio. Devo tutto a mio padre, l’unico violentato da Calciopoli»

Il Foglio Sportivo ospita una lunga intervista ad Alessandro Moggi, figlio di Luciano, agente sportivo. Dopo essersi reso conto “di non avere molte chance” come calciatore, nel 2011 ha fondato la Gea World, che oggi gestisce 250 tra giocatori e allenatori. Con lui lavorano tanti altri “figli d’arte, come Andrea Cragnotti, Chiara Geronzi, Francesca Tanzi e Riccardo Calleri.

Racconta quanto ha inciso su di lui gli anni di Calciopoli.

Da un punto di vista umano mi hanno indurito tantissimo. Non credevo più nella giustizia, i danni economici e morali erano evidenti nella misura in cui mi hanno tolto la famiglia e tolto il lavoro a mio padre, l’unico davvero violentato da questo scandalo. Le conseguenze hanno preso corpo nell’amarezza di non poter far rivivere a mio figlio ciò che avevo vissuto io tra squadre, spogliatoi, stadi, calciatori ed emozioni che per un adolescente sono impagabili”.

Ammette, come raccontato nella sua autobiografia, di aver anche pensato al suicidio. Ma per fortuna, grazie anche alla fiducia di tanti che gli hanno affidato la carriera, è andato avanti. Del suo cognome dice:

Lo porto con orgoglio. Devo tutto a mio padre che, per me, rimane un modello di vita e professionale incredibile. Mi ha insegnato il rispetto e la cultura del lavoro, trasmesso il valore delle persone e degli impegni. Ricordo che sette mesi dopo il mio esame da agente, era il settembre del 1993, vado insieme a lui a vedere qualche match dei Mondiali negli Stati Uniti. A un certo punto, mi chiede di fare una telefonata per lui che finisco per dimenticare: segue una cazziata di frasi violentissime, quella sì, che non potrò scordare mai. Da quel momento, ho capito come si lavora”.

Dalla Gea World è nata, nel 2012, la Una World che opera negli Emirati arabi. E non solo. Oggi l’agenzia ha venticinque punti sparsi per il mondo. Anche se la pandemia ha complicato il mercato, lo ha rallentato.

Parla di quanto sia importante l’evoluzione, per i procuratori.

Sopravvive chi meglio si adatta all’internazionalizzazione del mercato. Quando ho iniziato io, la maggior parte dei nostri club erano composti da calciatori italiani. Attualmente senza ramificazioni all’estero e sedi operative nel mondo, non fai mercato. Vuol dire anche riuscire a spostare calciatori stranieri per il 60-67 per cento. Un tempo esisteva una decina di procuratori italiani altamente preparati e professionali, oggi vedo troppi parvenu improvvisati. Se prima dall’estero nessuno metteva piede in Italia, ora diverse agenzie straniere si servono degli italiani per muoversi all’interno del nostro paese. Così salta il professionismo”.

Racconta anche tanti aneddoti. Come quello che vede un Mendes ancora agli albori

che veniva in ufficio da noi a chiederci di accrescere la visibilità dei suoi assistiti. Erano i tempi di un baby Cristiano Ronaldo proposto alla Juventus in cambio di Marcelo Salas più soldi. Affare saltato a causa del rifiuto del cileno che a Lisbona preferì il River Plate. Il portoghese fu poi offerto alla Lazio di Sergio Cragnotti, presidente per me tra i più straordinari, che letteralmente rispose: ‘Nun me rompete er cazzo co’ questo e portatemi Ronaldo, quello vero”.

E traccia un bilancio.

“Direi che va bene così. Sono contento di ciò che ho fatto, orgoglioso di essermi lasciato alle spalle la tempesta perfetta, felice di rappresentare uno dei più grandi attaccanti in Europa dell’ultimo decennio (Immobile, ndr). Dopo il 2006 ‘avrei potuto accontentarmi, ma è così che si diventa infelici’, frase che ho tatuato sul braccio. Oggi lavoro con la stessa intensità del ’93, vivo in un mondo che ormai è la mia vita. Cerco anzi nuove sfide, degli obiettivi molto più ambiziosi da fissare lungo il mio cammino”.

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