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Le porte chiuse mettono in crisi il football dei college americani

Il New York Times racconta il sistema del football universitario USA che si basa sulle partite giocate in stadi neutrali. Ora, con le porte chiuse, può crollare

Le porte chiuse mettono in crisi il football dei college americani

Il campo neutro non è davvero “neutro”. Non dove è un’istituzione, e non una costrizione dovuta all’emergenza. In un periodo in cui il calcio è appena tornato in campo nel silenzio degli stadi vuoti, e nel quale la Premier League – il più ricco e importante campionato di calcio al mondo – si spacca proprio sulla prospettiva di giocare le 92 partite che gli restano per completare la stagione in stadi neutrali, il football americano di college, negli Stati Uniti, rappresenta un ottimo caso-studio.

Il New York Times racconta delle difficoltà di un sistema collaudato che si basa proprio sul campo neutro. Ci sono quasi 30 partite della stagione regolare in programma in stadi neutrali. Alcuni sono un vero e proprio rito stagionale, come quando Texas e Oklahoma giocano al Cotton Bowl o Southern e Grambling si sfidano al Superdome il sabato dopo il Ringraziamento. Il derby Central Michigan e Western Michigan si gioca da 93 anni al Ford Field di Detroit.
Molte di queste partite si basano in gran parte sulla popolarità del football universitario, in particolare nel sud degli USA.

Gli accordi prevedono – in soldoni – che le squadre universitarie portino il loro enorme appeal in stadi della NFL, che possono contendere decine di migliaia di persone, in cambio di una quota fissa. Il “padrone di casa”, letteralmente, ovvero lo stadio che li ospita, ci guadagna tra biglietti venduti e indotto. Ora che a settembre ricomincerà il campionato con tutte le restrizioni del caso, come si fa?

“I fan sono importanti perché garantiscono entrate”, ha dichiarato Gary Stokan, amministratore delegato del Peach Bowl di Atlanta. Per quanto abbia senso ospitare partite senza tifosi che riempiono spalti ma anche ristoranti e hotel vicini, Stokan dice: “Vogliamo affrontare la realtà delle situazione, e per ora non sappiamo ancora bene cosa accadrà”. “La matematica deve funzionare”, afferma Irwin Kishner, copresidente del gruppo sportivo di Herrick Feinstein: “Lo stadio non ospita le partite gratuitamente”.

E quando si parla di campi neutri, negli Stati Uniti fanno le cose in grande. I Fighting Irish dell’Università di Notre Dame apriranno la loro stagione contro Marina a Dublino il 29 agosto. In Irlanda. Jack Swarbrick, direttore atletico di Notre Dame, dice che l’università è in regolare contatto con le autorità in Irlanda e negli Stati Uniti per capire le policy di viaggio e le loro implicazioni per i tifosi e la squadra. Se il viaggio dovesse ostacolato o le persone dovessero affrontare dei periodi di quarantena dopo la partita, per Swarbrick sarebbe “una situazione piuttosto insostenibile. La settimana dopo devi rigiocare”.

Le partite in campo neutro hanno una lunga storia nel football universitario. Agli allenatori piacciono perché possono mostrare la loro squadra su nuovi palcoscenici. Ai tifosi piacciono perché sono un’opportunità di viaggio. Agli sponsor piacciono perché possono vendere pubblicità ad un nuovo pubblico. E ai giocatori piace la possibilità di giocare negli stadi della NFL. “Non è solo un’esperienza atletica, ma un’esperienza educativa”, dicono.

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