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Casarin: «Il nemico della Var è la presunzione dell’arbitro»

Al CorSera: «L’arbitro vuole essere solo. Guai se si arbitra seguendo il “qui comando io”. Ho un bel ricordo di Tarcisio Burgnich in un Lazio-Napoli molto tormentato, continuava a dirmi: «dai Paolo, lavora tranquillo».

Casarin: «Il nemico della Var è la presunzione dell’arbitro»

Il Corriere della Sera intervista Paolo Casarin, ex arbitro, oggi opinionista. A breve sarà pubblicato un suo libro dedicato naturalmente al calcio.

Parla degli arbitri, anche della loro psicologia.

«Le dinamiche psicologiche dell’arbitro sono complesse: quando inizia osserva e vive ai bordi del campo. Improvvisamente ti dicono “dai vieni qui in mezzo, mettiti alla prova”. A questo punto può succedere di tutto. Rischi di non capirci più niente, hai addosso un carico impressionante di responsabilità, autorità e discrezionalità che ti porta a un pensiero pericoloso, “adesso faccio quello che voglio”. Questa è la condizione opposta alla calma: l’uomo di potere e autoritario si muove a scatti».

Casarin ha iniziato ad arbitrare a 18 anni spinto dall’amico calciatore Panzanato.

«E mi sono impaurito, sovrastato da quel carico di responsabilità. Tutta quest’autorità, che ti insegnavano anche nelle lezioni teoriche, non la capivo. In me è sempre prevalsa, nel rispetto dei ruoli, la convinzione che i giocatori fossero amici».

L’autoritarismo è una “cattiva compagnia”, dice.

«Guai se si arbitra seguendo il “qui comando io”. Non serve a nulla».

Prima c’era solo l’arbitro a decidere, oggi lo coadiuvano altre persone. Lui dice:

«L’arbitro vuole essere solo, una esigenza umana e culturale. Anche se a volte vivi una disperante solitudine».

E poi parla della Var. La tecnologia è fondamentale, ma deve essere di sostegno.

«La Var deve essere interpretata come l’insegnante di sostegno a scuola: la tecnologia è soprattutto un sostegno umano, oltre che tecnico».

Non ha esitazioni nell’indicare come nemico della Var

«La presunzione dell’arbitro. La Var interviene dopo 15 anni di fallimenti arbitrali. Se l’arbitro la interpreta e la vive senza presunzione è un grande aiuto. Ma fermiamoci qui con la tecnologia».

Casarin parla anche dei calciatori che ha incontrato. Quello che in campo lo ha aiutato di più è stato Tarcisio Burgnich.

«Ho una bella testimonianza di Tarcisio Burgnich che in un Lazio-Napoli molto tormentato, continuava a dirmi: «dai Paolo, lavora tranquillo».

Il più fastidioso, invece, Roberto Pruzzo.

«Iniziava a baruffare prima del fischio iniziale. Qualche anno fa, da componente di una giuria, sono stato felice di approfondire la conoscenza e premiarlo».

Si lancia anche nello stilare il podio arbitrale italiano e internazionale.

«Lo Bello, Agnolin e Collina. A livello extra-italiano segnalo l’israeliano Klein e l’uzbeko Irmatov».

E infine, si rivolge ai ragazzi che vogliano diventare arbitri.

«Per me è stata una esperienza formativa, da arbitro e da designatore non ho guadagnato un euro, ma la giudico una avventura utile ed educativa. Al ragazzino dico giusto sognare, sia consapevole che al mondo professionistico ci arriva una minoranza. Ma l’arbitro può raggiungere una sensazione impagabile: quando fischi il fallo giusto, prendi la decisione corretta, respiri e vivi il profumo della giustizia».

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