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Carraro: «Se il calcio non riparte, gli italiani potrebbero abituarsi all’assenza del pallone»

L’ex presidente Figc a Libero: «Diventa difficile spiegare perché il 15 giugno riaprono i cinema, ma non la Serie A. I tedeschi sono tedeschi, non è questione di fortuna» 

Carraro: «Se il calcio non riparte, gli italiani potrebbero abituarsi all’assenza del pallone»

Su Libero un’intervista all’ex presidente della Figc, Franco Carraro.

«Quando un Paese si ferma, è giusto che si fermi anche il calcio. Di contro, quando cerca di ripartire, è giusto che lo faccia anche il pallone».

Nel momento in cui l’Italia ha deciso di ripartire, dice, è giusto che lo faccia anche il calcio, altrimenti l’intero sistema sarà in pericolo.

«Ieri abbiamo iniziato a costruire la nuova normalità in cui conviviamo con il virus. Proviamo a convivere anche con il divertimento, calcio compreso: diventerebbe difficile spiegare perché il 15 giugno riaprono i cinema, ma non si disputano partite, pur in assenza del pubblico».

Gli italiani potrebbero iniziare a cercare il calcio altrove e questo sarebbe un problema.

«Recuperando la quotidianità, è prevedibile e logico che inizino a domandarsi dove sia il calcio. Lo hanno già cominciato a cercare, come dimostra l’interesse per la Bundesliga in televisione. Speriamo che il contagio continui a calare. Se non sarà così, bisognerebbe affrontare il buco economico, ma anche l’effetto collaterale, cioè che le persone si possano abituare all’assenza del pallone. Se lasciamo che guardino i film o il calcio straniero, il movimento italiano rischia di perdere forza. Per questo non ho capito il rifiuto aprioristico di alcune squadre».

Carraro giudica sbagliata l’ipotesi del ritiro preventivo, poi tramontata.

«Era sbagliata la prima ipotesi, cioè che i club si mettessero sotto una campana di vetro e facessero tamponi a tappeto mentre la gente non ne aveva accesso. Non poteva essere così, sarebbe stato imbarazzante. Il calcio deve farne se non li toglie ad altri, se non c’è più un problema di reperibilità».

I tedeschi sono riusciti a riprendere perché sono tedeschi, non perché sono stati più fortunati.

«Perché sono tedeschi. Tra i paesi democratici, la Germania è stata la più pronta, capace, veloce e efficiente. La Bundesliga è un riflesso. Non credo, come ha detto qualcuno, che sia stata più fortunata: in queste cose la fortuna non c’entra».

 

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