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Lo sport afflitto dal senso di colpa: costretto a vergognarsi per programmare la ripresa

Il Telegraph: pensare al futuro ormai è considerato da insensibili. Per l’immaginario collettivo, lo sport ha perso la sua dimensione d’intrattenimento

Lo sport afflitto dal senso di colpa: costretto a vergognarsi per programmare la ripresa

Chiunque osi ragionare su quando e come lo sport potrebbe tornare a vivere, in piena pandemia, viene accusato di essere insensibile nei confronti dei morti per coronavirus. Paul Hayward la definisce “vergogna della ripresa”, nel suo editoriale sul Telegraph. E’ come se lo sport – e il calcio in particolare – debba soffrire in silenzio, restare fermo, afflitto da un senso di colpa indotto: è un intrattenimento, e nella tragedia globale, non è il caso che stia lì troppo a lamentarsi.

C’è come un bisogno di far vergognare lo sport in silenzio, come se pensare al futuro sia da insensibili. Tutti gli sport stanno preparando modelli e scenari per una ripresa, con o senza spettatori: soprattutto senza, perché le riunioni di massa saranno sicuramente gli ultimi piaceri della vita a tornare. Il trucco è presentare le scelte in un modo che non le faccia sembrare un lamento senza fine per le implicazioni finanziarie”.

Il punto secondo l’editorialista del Telegraph, è che lo sport ha perso la sua dimensione di intrattenimento. S’è ridotto, nell’immaginario collettivo, al suo essere industria. Ma “sarebbe una strana società quella in cui, con sufficienti e sofisticati dispositivi di protezione personale, lo sport o qualsiasi altra industria chiudessero il dibattito su ciò che sarà possibile fare in futuro. Sarebbe da irresponsabili non condurre questi studi, dato quante vite potrebbero essere rovinate da uno di tre o quattro mesi. Questo vale per tutte le forme di intrattenimento e per molti altri settori. Magari l’uso di massa di maschere di alto livello consentirà alle persone di riunirsi in numero maggiore, a luglio o ad agosto. Chissà. Porsi queste domande non è disonorevole”.

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