Maldini: giocare a Liverpool e a Bergamo a epidemia in corso è stata una follia
Intervista al Corsera: "Sono quasi guarito, sapevo di avere il coronavirus prima del test. Dolori fortissimi. Mi è andata bene"

“Il peggio è passato. Ho ancora un po’ di tosse secca. Ho perso gusto e olfatto, speriamo tornino. È stata come un’influenza un po’ più brutta. Ma non è una normale influenza”.
Paolo Maldini ha superato il Covid-19. Positivo con suo figlio Daniel, ma sicuro che anche la moglie e il figlio maggiore abbiano contratto il coronavirus prima di loro. Racconta la degenza ad Aldo Cazzullo su Corriere della sera, partendo da una consapevolezza:
“Conosco il mio corpo. Un atleta conosce se stesso. I dolori sono particolarmente forti. E poi senti come una stretta al petto… È un virus nuovo. Il fisico combatte contro un nemico che non conosce. Dolori alle articolazioni e ai muscoli. Febbre: mai più di 38 e mezzo. Mi sono curato solo con la tachipirina. Non ho preso antivirali perché non ho mai avuto difficoltà respiratorie. Noi al Milan siamo molto attenti alla salute, abbiamo molte risorse, siamo convenzionati con il San Raffaele. Ma abbiamo scelto di attenerci scrupolosamente alle regole fissate dalla nostra città, dalla nostra regione. Alla fine sono venuti i medici della Asl, con guanti e mascherine. No, niente scafandro. Era martedì scorso. Dopo due giorni è arrivato il verdetto: positivo”.
Maldini dice di non aver avuto paura (“Sapevo già di avere il virus. Sentivo che non era un’influenza come le altre”) ma preoccupazione sì:
“un mio amico ha avuto problemi respiratori, è ricoverato all’ospedale di Legnano, non dorme, ha gli incubi… A me è andata meglio. Psicologicamente mi ha aiutato l’idea di non avere più i genitori. Intendiamoci: darei qualsiasi cosa per avere qui mio papà, anche solo per cinque minuti. Mia mamma Maria Luigia si è spenta con lui, se n’è andata tre mesi dopo. Ma se ci fossero ancora, con tutta la famiglia malata, sarei stato molto in ansia per loro”.
Il calcio doveva fermarsi prima?
“Sì. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia. Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo”. “Un finale di campionato ci deve essere, e ci sarà. Ma quando non possiamo dirlo ora. Capisco che per la gente sarebbe uno svago prezioso. Ma nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. E poi è giusto mettere tutte le squadre sullo stesso piano. Alcune, come la Sampdoria, sono più colpite. Sono positivi alcuni tra i giocatori più rappresentativi della Juve”.