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Coronavirus, dall’Olanda un anticorpo per sconfiggere il Covid-19

Sul Fatto. Si chiama 47D11, individuato dall’Università di Utrecht. “Blocca una importante parte patogena del virus”. Tra circa un mese sarà possibile sperimentarlo sui pazienti

Coronavirus, dall’Olanda un anticorpo per sconfiggere il Covid-19

Dall’Olanda arriva una buona notizia per l’emergenza sanitaria da Covid-19. La notizia è sul Fatto Quotidiano.

L’Università di Utrecht assieme all’Erasmus Mc di Rotterdam ha individuato il primo anticorpo monoclonale al mondo in grado di sconfiggere il virus. Si chiama “47D11” e tra circa un mese sarà possibile sperimentarlo sui pazienti.

La scoperta è del professore di biologia cellulare Frank Grosveld e della sua équipe. E’ lui stesso a spiegare, in un’intervista al magazine del centro di ricerca di Rotterdam, di cosa si tratta.

“Si tratta di un anticorpo che avevamo già isolato per l’attuale pandemia. L’anticorpo impedisce a SarsCov2 di infettare e può anche aiutare a rilevare il virus”.

Lo studio dei ricercatori (24 pagine in tutto) è in attesa di pubblicazione sulla rivista scientifica Nature, ma da ieri è sulla piattaforma digitale BioRxiv.

L’anticorpo olandese, spiega il Fatto, si getta sul virus attaccando gli spikes (spuntoni) che sono intorno alla molecola virale e che, attaccandosi alle mucose, sono i primi colpevoli del collasso dei polmoni alla base di centinaia di decessi in Italia.

La direttrice del laboratorio di microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano, che ha visionato lo studio, dichiara al quotidiano:

“L’anticorpo blocca una importante parte patogena del virus, si tratta di una particella che si trova sugli spikes che a loro volta hanno recettori che si agganciano alle mucose dei polmoni, bloccarli significa fermare l’infezione. È un ottimo traguardo. Il metodo usato non è in realtà nuovo. Già nel 2003, all’epoca della Sars, Nature pubblicò un mio studio che andava in questa direzione. In Cina oggi diversi malati sono stati trattati con il siero di pazienti guariti”.

L’anticorpo – si legge nello studio – potrà essere utile anche “per lo sviluppo di test di rilevazione dell’antigene”.

Per la Gismondo si tratta di “un passo importantissimo verso la cura”.

“Tanto più che l’anticorpo monoclonale può essere messo in coltura per creare una generazione uguale aumentandone così la quantità da poter usare sui pazienti. Se l’Olanda è già a questo punto credo che in meno di un mese si potrà usarlo sui primi malati”.

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