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Gazzetta: La Juve (che non ha orgoglio e non si diverte) non segue più Sarri 

Le cause sono il mercato sbagliato, lo spogliatoio davanti a cui il tecnico si è arreso e anche la società: tra il club e Sarri non è mai esplosa l’empatia

Gazzetta: La Juve (che non ha orgoglio e non si diverte) non segue più Sarri 
Ph Carlo Hermann/KontroLab

La sconfitta contro il Lione non è una tragedia, ma sicuramente è stata “una brutta secchiata d’acqua”. Lo scrive Luigi Garlando sulla Gazzetta dello Sport.

Sia Sarri che Bonucci, alla vigilia, avevano detto che l’allenamento era andato bene, che la palla correva veloce. Invece in Francia si è avuta la sensazione del

“fallimento pubblico di un esperimento che in laboratorio riesce”.

Le parole di Sarri nel post partita assomigliano a “una resa”. Anche perché, scrive Garlando, i segnali positivi invece di aumentare diminuiscono e l’unica prestazione convincente risale alla partita di campionato contro l’Inter, diverse settimane fa.

Sarri è stato chiamato alla Juve per renderla più arrembante, e invece la squadra domina meno di prima. Le cause, scrive Garlando, sono mercato, spogliatoio e società.

Quando Sacchi arrivò al Milan scelse giocatori funzionali all’idea di gioco, piuttosto che guardare il loro valore assoluto. Volle la riserva Filippo Galli, Ancelotti anche se aveva le ginocchia malconce, il retrocesso Colombo, tanto per dirne alcuni. Sarri non ha fatto lo stesso.

“E alla fine Sarri, più che trascinare Ronaldo e Dybala verso l’Idea, si è arreso al rispetto della loro eccezionalità. I giocatori ci provano a fare le cose nuove, ma per dovere, senza passione, senza la gioia dell’Atalanta, devota al gioco che l’ha fatta grande. La Juve non ha voglia di segnare 7 gol, sente ancora il bisogno di difendere il vantaggio col minimo sforzo”.

La Juve dà il meglio di sé in casa, dove non ha mai perso. Quando

“è spinta dal pubblico o dalla necessità del risultato, mai per l’orgoglio di dominare e per il piacere di divertirsi. Questa è la prima idea che Sarri non è riuscito a «far passare»: agire, non reagire”.

Ma ha colpe anche la società.

“Sacchi e Berlusconi erano due visionari che rincorrevano il futuro con le stesse gambe. Andrea Agnelli sembra più nostalgico delle due finali di Allegri che fiducioso in quella che insegue Sarri. Ripetere «vincere è l’unica cosa che conta» significa delegittimare il Comandante che è arrivato per dare anche altro: gioco, bellezza”.

Sarri non si adatta allo stile Juve, “per costituzione e guardaroba”, ma anche per le sue dichiarazioni.

“Neppure tra mister e società è mai esplosa l’empatia. La fiducia e i tre anni di contratto appena ribaditi dal presidente Agnelli vanno tarati alla luce di quel motto di Famiglia («Vincere è l’unica cosa che conta»). Sarri è il primo a saperlo. Sa benissimo che se non scattala “scintilla emozionale” tra Inter, Milan in Coppa Italia e Lione, e il gioco finalmente non divampa, tutto diventerà più difficile. E tutto può andare in fumo. Molto prima del previsto”.

 

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