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Massimo Fini: il Var e la ricerca della verità stanno ammazzando il calcio

Non si può più neanche esultare ad un gol prima che sia terminato il consulto tra l’arbitro e gli addetti al Var

Massimo Fini: il Var e la ricerca della verità stanno ammazzando il calcio
Db Bergamo 23/11/2019 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianluca Rocchi al Var, quando arbitrava

Sul Fatto Quotidiano Massimo Fini affronta il tema della commercializzazione del calcio moderno, come di tutto lo sport in genere che ha dovuto sottomettersi alle necessità degli sponsor e delle tv che alimentano le spese incontenibili dei club alla ricerca di campioni che li portino alla vittoria. Si sofferma però anche sull’avvento della tecnologia e del Var

Tre arbitri nei sotterranei dello stadio, vestiti grottescamente in tenuta di gioco, rivedono sui monitor l’ operato dell’arbitro in campo perché sia esclusa ogni possibilità di errore (l’arbitro è diventato in pratica un impiegato, un impiegato della Tecnica, come siamo tutti)

L’illusione di poter eliminare gli errori, di rendere il calcio sempre più una macchina e sempre meno tifo e passione. Un’illusione che non sta in piedi, dal momento che non esiste mai una verità univoca e il Fatto prova a spiegarlo con un paragone col film Rashomon di Akira Kurosawa dove si ascoltano i testimoni ad un omicidio

A ogni testimonianza Kurosawa fa rivedere la scena iniziale senza cambiare un solo fotogramma. E tutte appaiono verosimili.

Il calcio dunque è diventato una spasmodica ricerca di oggettività, perdendo il fascino del tifo e anche dell’esultanza. Non si può più urlare “gol”, bisogna prima pazientemente attendere che termino le consultazioni tra l’arbitro e il Var per esultare

Si crea una sorta di assemblea fra arbitro in campo, guardalinee, quelli del Var, il quarto uomo, che può durare anche quattro o cinque minuti. Solo quando l’ arbitro, dopo le varie consultazioni, indica il cerchio del centrocampo, il che vuol dire che è gol, o il punto da cui deve essere battuto il presunto fuori gioco, ci si può abbandonare alla gioia o alla disperazione.

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