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È stata la vittoria di Gattuso, ma Milik resta ancora poco coinvolto

L’allenatore ha dimostrato che è ben oltre la retorica del grintoso. Ci sono aspetti migliorabili, come la prevedibilità della catena di sinistra e l’irruenza di Demme

È stata la vittoria di Gattuso, ma Milik resta ancora poco coinvolto
foto Hermann / Kontrolab
Il successo del Napoli sulla Juventus ha un protagonista immediatamente riconoscibile. Al termine della gara, Lorenzo Insigne aveva detto che questa è stata la vittoria di tutti. In realtà, e forse il tempo lo confermerà, è stata la vittoria di Gennaro Gattuso. L’allenatore ha ribadito con i fatti che la retorica del grintoso lo ridimensiona. Ha messo una squadra in campo ordinata, ha studiato alla perfezione la strategia tattica in fase di non possesso per disinnescare i talenti bianconeri, ha rigenerato il gruppo dal punto di vista mentale come si è potuto notare per l’applicazione messa in campo dagli azzurri. L’ennesima prova, qualora ce ne fosse stato bisogno, che il Napoli è in grado di misurarsi con qualunque avversario, anche in campo internazionale e specialmente quando può contare sulla spinta del proprio stadio. Fatte le doverose premesse, la partita con la Juve ha anche evidenziato alcuni aspetti del gioco in cui la squadra deve necessariamente migliorare per essere ancora più solida ed efficace in entrambe le fasi.
Costruzione troppo orientata
È noto che Gattuso prediliga lo sviluppo della manovra sugli esterni, le famose “catene”. Affinché sia possibile però è necessario che i terzini, da cui comincia l’azione, abbiano la tecnica necessaria per essere precisi negli appoggi, nei movimenti e nei cross. Date le caratteristiche dei giocatori a disposizione, è naturale che in questo momento della stagione il gioco si snodi principalmente sulla fascia sinistra dove agiscono il difensore (Mario Rui), il centrocampista (Zielinski) e l’attaccante (Insigne) più tecnici del Napoli. Una tale spiccata predilezione per questo tipo di situazione, può rendere la squadra prevedibile e facilmente attaccabile con un pressing organizzato. D’altronde, Hysaj e Callejon non hanno queste qualità e da anni fisiologicamente la squadra ha il baricentro spostato verso sinistra. L’impiego di Politano e il ritorno di Di Lorenzo nel suo ruolo naturale di esterno potrebbero però rivelarsi la soluzione che serviva per favorire una disposizione più omogenea.
Attenti a Demme
A Diego Demme sono bastati pochi giorni per prendersi il Napoli, che già sembra non poter più fare a meno del suo ordine in campo. Il tedesco non ripulisce soltanto i palloni, ma è parte attiva della riconquista: non risparmia mai una scivolata o un intervento un po’ più ruvido per fermare l’azione avversaria. E proprio questa caparbietà potrebbe creare qualche problema. Con la Fiorentina era entrato a partita in corso e gli fu risparmiato il secondo giallo nel finale. Contro la Juventus, Gattuso ha dovuto toglierlo perché era a forte rischio di espulsione per lo stesso motivo e ha buttato nella mischia Lobotka affidandogli la regia della squadra. Demme ha dimostrato di essere l’uomo che serviva al Napoli, indubbiamente il suo arrivo ha migliorato ciò che viene espresso. Proprio per questo gli viene richiesto un maggiore autocontrollo, stante la comprensione per l’adrenalina naturale che un grande appuntamento produce.
L’attaccante isolato
Sarà perché la palla si muove principalmente sugli esterni. O perché magari le caratteristiche del singolo non si integrano con determinati principi di gioco. O anche perché le partite non sempre girano nel modo giusto. Ma ciò che emerge nell’ultimo mese e mezzo è che il Napoli fa fatica a rendere Milik una parte attiva e coinvolta. Una criticità che non è nuova, a Gennaro Gattuso, che già al Milan aveva incontrato le stesse difficoltà con attaccanti tanto diversi tra loro come Higuain e Piatek. Il modulo rievoca suggestivamente la presenza di Mertens al centro dell’attacco, che sotto la guida di Maurizio Sarri si scoprì il goleador che non era mai stato. Agli azzurri piace scambiare nello stretto, attaccare in massa e ricorrere ad una palla alta solo al momento di un cross (magari con l’area ben occupata), al netto delle necessità della situazione. Ed è un tentativo che andrebbe fatto, quello di rimettere il belga come riferimento centrale nel tridente.
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