ilNapolista

Demme sembra l’ingranaggio che serviva al Napoli di Gattuso

I numeri confermano la sensazione di coinvolgimento in entrambe le fasi di gioco. È diventato l’uomo in più nell’impostazione sugli esterni

Demme sembra l’ingranaggio che serviva al Napoli di Gattuso
foto Hermann

Rispetto al Napoli dei 91 punti dell’edizione 2017/18, per quanto sia stato confermato un numero importante di calciatori negli anni, quello di oggi ha perso degli elementi che oltre a saper adempiere ad una determinata serie di compiti, fornivano un’interpretazione che rappresentava la distinzione tra il buon giocatore e l’ottimo giocatore. Di conseguenza, tra una buona squadra e una che può competere fino all’ultima giornata (o quasi) per lo scudetto. Albiol e Jorginho sono gli esempi più calzanti in questo senso: il primo per le capacità indiscusse di guidare un reparto; il secondo per l’intelligenza tattica e la lettura dei movimenti che hanno man mano messo da parte le critiche sulla brevità dei passaggi e il poco dinamismo. Tuttavia, mentre per la difesa subito si è agito sul mercato per colmare il vuoto con un giocatore di esperienza e in quel ruolo naturale come Manolas, per il centrocampo questo è avvenuto soltanto dopo oltre un anno.

Diego Demme non era da formare. È stato acquistato da una squadra di prima fascia nella propria nazione come il Lipsia, abituale frequentatrice delle competizioni europee negli ultimi anni, di cui era già il regista. Le sue prime due uscite con la maglia del Napoli, entrambe da subentrato, non hanno potuto fornire un quadro fedele delle sue capacità. Col Perugia è entrato in campo contro un avversario di una categoria inferiore, a risultato già acquisito, in un momento della partita caratterizzato da un ritmo molto basso, dettato probabilmente dalla paura di scoprirsi. Poi è subentrato nella sfida con la Fiorentina, col Napoli sotto 0-1, al posto di Allan. La superiorità mostrata da Castrovilli e gli altri centrocampisti viola ha rischiato di farlo espellere per doppia ammonizione e la prestazione di squadra è stata obiettivamente tra le più disarmanti del periodo recente.

Questa lunga premessa serve a dare la giusta dimensione all’impegno con la Lazio, che per il tedesco è stata la prima vera prova dopo un periodo vissuto tra un po’ di campo e il rodaggio quotidiano di Castel Volturno. Al netto di tutti gli episodi che hanno contraddistinto la gara, possibili ma raramente concentrati in soli 25 minuti di gioco, l’impressione guardando Demme è stata delle più positive. Sia da un punto di vista tecnico e di impegno individuale, sia come collocazione nei principi tattici di Gattuso.

Per quanto riguarda il primo aspetto, a fine partita ha primeggiato in due statistiche tra tutti i calciatori scesi in campo, secondo i dati di SofaScore: il numero di palloni giocati (94) e gli intercetti (3). A queste cifre, si aggiunge l’88% di precisione nei passaggi effettuati e i 9 contrasti, che consegnano l’immagine di un giocatore presente e coinvolto in entrambe le fasi di gioco. L’atteggiamento è stato dei più propositivi. Dopo l’espulsione di Hysaj, ha ricoperto la posizione di interno destro in un centrocampo a quattro. E ha comunque spaziato in ampiezza per farsi servire. Il che non solo lo ha reso uno sbocco importante, visto che il pressing della Lazio per vie centrali è molto più efficace che sugli esterni, ma ha anche creato un’interessante situazione di superiorità numerica nella costruzione di gioco.

Gattuso, infatti, adora ragionare secondo il concetto di “catene”, blocchi di calciatori nelle posizioni più esterne del campo dalla difesa all’attacco, cioè composti dall’esterno basso, dalla mezzala e dall’ala del 4-3-3. Nonostante la perdita di Lobotka a partita in corso, sacrificato per ridare equilibrio, Demme ha accentuato il movimento da destra a sinistra diventando l’uomo in più nell’impostazione sugli esterni. Un meccanismo che ha funzionato finché il Napoli atleticamente ha tenuto, quindi più o meno intorno all’ora di gioco, ma che promette bene quando sarà riproposto in condizioni “normali”. Di fatto, Demme sembra aver risolto il problema dell’assenza di un elemento d’ordine al centro dell’azione. La sua velocità di adattamento al nuovo contesto e l’abilità di lettura delle situazioni di gioco potrebbero segnare un avanzamento significativo nel calcio immaginato dall’allenatore ed espresso dalla squadra. Insomma, finalmente una buona notizia.

ilnapolista © riproduzione riservata