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Il diagonale del gol di Zielinski tra le 10 cose da ricordare di Udinese-Napoli

Un’altra esultanza blanda dopo un gol. La sostituzione di Insigne al 45′ come a Torino con la Juventus. La scivolata a trattore di Koulibaly. Il cartellino rosso per Maksimovic. Il dondolio di Ancelotti come nuovo gesto per capire quando è sincero.

Il diagonale del gol di Zielinski tra le 10 cose da ricordare di Udinese-Napoli

Uno. La scivolata di Koulibaly al minuto 28. Smarcato da De Paul, Lasagna si è trovato il muro di Kalidou piantato di fronte ai piedi. Kalidou chiuderà con 5 tackle e tre palloni spazzati via.

Due. Il chewing gum di Ancelotti. Tormentato, bullizzato, massacrato. Stretto fra le mascelle perplesse di fronte al gol di Lasagna. Dirà Carlo che la partita era stata preparata soprattutto in difesa, ben conoscendo peraltro le caratteristiche dell’attaccante. Lasciare a Lasagna un gol alla Lasagna è una pugnalata.

Tre. Il buco di Lozano. Arriva un pallone dalla sinistra al centro dell’area e il messicano litiga con l’aria. Una partita molliccia, la sua. Con 26 tocchi, un solo tiro in porta (fuori dallo specchio) e la media di un pallone sbagliato ogni tre.

Quattro. Le sostituzioni. Prima quella di Insigne, addirittura senza che cominci il secondo tempo Ucome a Torino con la Juventus), e dopo quella di Lozano. Una risposta per cercare un rimedio all’inguardabile Napoli dei primi 45 minuti. Insigne non segna dal 22 settembre. Era appena finita l’estate e siamo arrivati a Natale. La partita contro l’Udinese è stata la quarta nelle ultime sei in cui non ha mai saltato un uomo.

Cinque. Il gol di Zielinski. Sul diagonale, il portiere dell’Udinese non prova nemmeno ad allungare il piede. Il piede e il Musso (battuta). Ma più che l’azione e più che il gesto, colpisce (di nuovo, anche stavolta) l’esultanza blanda del polacco e della squadra. Non è per fare i maliziosi o per coltivare cattivi pensieri. La cosa colpisce perché racconta un disagio. Racconta la consapevolezza che questo gol è un golletto che non risolve, un gol che vale giusto un cinque veloce scambiato nel tornare a centrocampo, un gol che lascia intatte le difficoltà nelle relazioni. Il Napoli non ha ancora ritrovato la voglia di abbracciarsi, ecco, forse va detto così.

Sei. L’ingresso a trattore di KK su De Paul. Un gesto tecnico che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare. Una di quelle azioni che dimostrano come pure un difensore possa incantare, come pure un intervento difensivo possa avere grande qualità. Koulibaly che si sdraia sul prato, occupa lo spazio, riempie il vuoto, si fa trovare dove tra poco andrà il pallone, lo uncina, lo arpiona, dite come volete, lo fa suo: ecco, Koulibaly quando fa il trattore è quasi come un attaccante che fa una rovesciata.

Sette. Il colpo di testa di Llorente parato da Musso. L’ingresso in campo dello spagnolo ha sistemato la squadra, non solo in attacco, ma proprio nei suoi equilibri complessivi. Ha permesso ai terzini di essere più spesso nella seconda metà del campo, atteggiamento decisivo per l’idea di calcio che ha Ancelotti; un’idea che ha funzionato (anche contro una grande squadra come il Liverpool) nel momento in cui le interpretazioni del ruolo sono state convincenti. La maggior parte dei palloni toccati da Di Lorenzo e Mario Rui sono arrivati dal 46′ in poi: alla fine saranno 99 e 93 – i due terzini chiudono come secondo e quarto giocatore più coinvolti nella manovra, dietro Fabian Ruiz (111 tocchi). Di Lorenzo ha aggiunto anche 4 passaggi chiave, cioè passaggi che mettono un compagno in condizione di tirare in porta.

Otto. Il cartellino rosso per Maksimovic. Un nuovo segnale di nervosismo. Un battibecco con il guardalinee mentre Callejon sta aspettando di battere un calcio d’angolo. Non serviva per avere conferme sul fatto che il Napoli non sia in questo momento una squadra serena. Ma aggiunge un elemento.

Nove. La cosa più bella della serata. Il momento che lascia più spazio all’ottimismo. Minuto 86. Con l’Udinese lanciata a campo aperto in contropiede, due contro due, mezza squadra rientra a tutta velocità in copertura, ristabilendo in quattro o cinque secondi una superiorità numerica rispetto agli avversari. Un segnale di condizione atletica ma ancora di più un segnale di buona volontà, di un atteggiamento corretto. Il Napoli non ha mollato. Serve altro, serve molto altro, ma lo zaino con cui usciamo dallo stadio di Udine non è vuoto.

Dieci. Il dondolio di Ancelotti. Connoliamiento, nella nostra lingua. Da anni concentriamo le attenzioni sul famoso sopracciglio alzato per scorgere le sue emozioni, per scavare dentro la sincerità delle sue risposte. A me pare che nel frattempo sia intervenuto un nuovo dettaglio nel suo linguaggio del corpo. Il dondolio. Una specie di moto sussultorio che parte dal piede e si diffonde (come quelli che tremano con la gamba sotto il tavolo), un moto a cui fa involontariamente ricorso Ancelotti quando sta dicendo qualcosa di rilevante o sta dando una versione di comodo. Il dondolio per esempio l’ho visto apparire all’improvviso quando gli è stato chiesto se sente la fiducia del presidente, e lui ha risposto che sì, la fiducia è sempre importante, anzi indispensabile.

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