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Dzeko: “Da bambino mi chiamavano ‘kloc’, lampione. Ora mi scivola tutto addosso”

Intervista a La Stampa: “A fine carriera tornerò in Bosnia, la mia vita è là. Il talento è inutile senza lavoro, mai smettere di migliorarsi”

Dzeko: “Da bambino mi chiamavano ‘kloc’, lampione. Ora mi scivola tutto addosso”

 

Per lui la Nazionale è un’emozione unica, racconta, perché tutta la sua famiglia e gli amici sono ancora a Sarajevo.

«I miei genitori, mia sorella, i miei amici: tutti vivono a Sarajevo. Anche per questo la nazionale mi dà un’emozione unica. Spesso mi chiedono perché non smetto, ma io gioco con il cuore e lascerò quando mi chiederanno di farlo».

Quando smetterà di giocare, ne è certo, tornerà a casa, ne parla spesso con la moglie. Porterà con sé i figli, i da grandi decideranno cosa fare.

«Ogni tanto devo pensare anche a me stesso».

Dzeko racconta che la nazione in cui si è sentito più straniero è la Repubblica Ceca

«Era la prima volta che andavo via da casa, mi sentivo solo, non parlavo la lingua. Avevo 20 anni e i social non esistevano ancora. Fu molto triste».

In Italia sta bene, dice:

«Ormai gesticolo come voi quando parlo. Il primo passo è imparare la lingua: se vai in un paese straniero e non sai esprimerti, allora è meglio stare a casa».

Di Mancini racconta che allenare l’Italia è sempre stato il suo sogno e che il loro rapporto è stato anche travagliato

«Sono uno che vuole sempre giocare, lui non sempre mi sceglieva. Qualche volta ho sbagliato io, altre lui. Ogni tanto mi incazzavo, ma non la prendeva mai sul personale. Il rapporto è stato buono, quando lo vedo ci abbracciamo».

Su Zaniolo:

«Il primo giorno in allenamento andava a mille. E così ha continuato. Il talento ce l’ha, ma deve migliorare. È un bravo ragazzo e deve essere grato alla Roma, ora non deve pensare al futuro. Magari un giorno andrà altrove, gli ho detto di guardare avanti e non accontentarsi mai».

Zaniolo ha un talento innato,

«ma inutile senza il lavoro. Da ragazzo allenavo solo il sinistro, convinto che il destro fosse già a posto. E ora calcio meglio di sinistro. Mai smettere di migliorarsi».

Quando gli domandano chi siano i giocatori più talentuosi con cui ha giocato indica David Silva e Yaya Touré:

«un animale, in cinque anni ha perso un pallone».

Si dichiara pronto a indossare la fascia di capitano, anche se è pesante e spiega che da quando sono andati via Totti e De Rossi qualcosa è cambiato:

«Con loro avevi più personalità in campo e fuori, si è perso qualcosa. Con me, Kolarov, Fazio, Mirante e Florenzi ci sono tanti giovani, ora sta a noi indirizzarli».

Racconta anche del mancato passaggio all’Inter, quest’estate e della volontà di restare in giallorosso.

«Il mercato è troppo lungo, nel mio caso ha pesato. Con la testa ero ovunque, così nel primo giorno di ritiro ho parlato con Fonseca e gli ho detto che mi sentivo un giocatore della Roma».

Ora alla Roma è più motivato e contento e per questo rende di più. Elogia anche Fonseca. Per allenare uno come Dzeko, dice, serve un allenatore che abbia personalità e sia onesto:

«Fonseca lo è: ti parla con schiettezza anche quando non giochi, sa dare importanza a tutti. Ci ha fatto capire che qui c’è un progetto, non siamo di passaggio».

Sul campionato vede la Juve sempre favorita ma con l’Inter che potrà impensierirla, perché

«Conte trasmette fiducia».

Il difensore più ostico?

«Chiellini. In campo mi dà davvero fastidio, la Juve ha vinto tanto anche grazie a lui».

 

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