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De Magistris, una settimana da sindaco di Copenhagen

Scambio culturale col collega danese. Lì de Magistris scopre che la metro passa, le scuole non chiudono nemmeno con la neve e si scia sul termovalorizzatore

De Magistris, una settimana da sindaco di Copenhagen

Scende dalla scaletta dell’aereo, e fa una specie di saluto militare per ripararsi dal sole. Non ha il colbacco e la pelliccia di renna, i tempi di Totò e Peppino sono finiti. Ha un corno in tasca, ma quello non si vede. Luigi de Magistris stringe la mano a Frank Jensen: “Ciao Frank! Ciao collega!”. Il sindaco di Copenhagen è un perfetto padrone di casa, gli presenta l’interprete che lo seguirà in questa settimana di governo in modalità Erasmus, e lo invita a seguirlo: “Vieni, la metro è di là”.
“Dall’aeroporto? Fico! Ce le avete le stazioni dell’arte? Noi abbiamo le fermate più belle del mondo, lo sai Frank?”.
Nel frattempo sono già passate due corse. In 4 minuti. Frank gli sorride.
“Nun te preoccupà Frank, pure a noi succede: passano due treni uno dopo l’altro e poi mezzora di attesa. Tutto il mondo è paese no?”.
L’interprete traduce. Jensen non capisce, ma fa cortesemente finta di nulla.

Una settimana da primo cittadino della capitale della Danimarca. Quando a Palazzo San Giacomo gli avevano prospettato questa opportunità, de Magistris era dubbioso: “Ma non posso lasciare la città. Napoli ha bisogno di me. Pensa cosa accadrebbe se mancassi per 7 giorni… il caos! Trasporti pubblici impazziti… scuole chiuse… Ah giusto, oggi c’è brezza, le scuole sono chiuse già. Mi scordo sempre di controllare col dito fuori dalla finestra…”.
Si affaccia al balcone, sotto c’è una piccola folla di mamme inferocite coi bambini di ogni ordine e grado in braccio. “Forse con le scuole, dovrei chiudere pure le chat”, riflette. “Vabbé, dai! Facciamo sta cosa di Copenhagen. Ce ne andiamo a fare la rivoluzione in Danimarca!”.

PRIMO GIORNO
De Magistris prende possesso dei luoghi, e usa la mattinata per arredare la scrivania (“Certo che tristezza però, tutta sta roba di Ikea…”) con i suoi feticci. Poi comincia a studiare il fascicolo “politiche green”. E ha la prima illuminazione: “Green non mi piace. Arancioni. Come la rivoluzione arancione, come l’allerta arancione. In questa settimana di sindaco de Magistris, le politiche a Copenhagen saranno arancioni! Dove si firmano le ordinanze? Dov’è l’assessore ai colori?”.

SECONDO GIORNO
De Magistris ha dormito male. Ha scoperto che Copenaghen si è classificata prima nel Global Green Economy Index, indice che misura le performance ecologiche di 80 paesi e 50 città di tutto il mondo, e che entro il 2025 diventerà una città “carbon neutral”.
“Vabbè ma a parole so’ bravi tutti, pure io avevo detto che avrei fatto il 60% di differenziata, eh”.
Legge che dal 2005 le emissioni di Co2 della città sono diminuite del 40%.
“Ma che sfac…”.
Si è un po’ depresso e non ha preso più sonno.
Va al bar di primo mattino. Fa freddo per essere autunno, 2 gradi. Non ci fa caso subito, ma poi incrocia i dati: dentro al locale non ci sono bambini. E fuori ci sono 6 passeggini, ordinati in fila sotto la finestra. “Ommioddio! Ma chist’ so pazz!”. I bambini fuori cu stu fridd!”.
Corre in Comune, lo calmano e gli spiegano che lì si fa così. Serve per abituare i bambini al freddo fin da piccoli. Lui pensa alle mamme che passeggiano a via Luca Giordano coi bambini sotto i piumoni, a ottobre, col sole.
“Ma pure con la neve?”.
“Soprattutto con la neve. Si va in bici, e a scuola le attività all’aperto sono garantite pure d’inverno”.
De Magistris ha freddo, nell’anima proprio. E chiede un plaid.

TERZO GIORNO
Nevica. E c’è vento. “Dov’è l’allerta meteo della Protezione civile? Dove l’ho messa?”
Sposta la finta agenda di Borsellino, la foto col Papa, il gufetto. Non è che è finita sotto miniatura della chitarra di Pino Daniele? Manda l’interprete a informarsi.
“Come non c’è allerta meteo? Nemmeno giallina? Biancognola?”.
Lì fuori ci sono alberi dappertutto, pure attorno ai canali. “E’ ‘nu bosco sta città…”.
De Magistris va in ansia. E se cade un ramo in testa a un bambino che sta andando in bici con la neve? Chi se la prende la responsabilità? Io sette giorni devo stare qua, non voglio guai. Basta, chiamo Jensen”.
Jensen risponde da Sorrento, sta mangiando un gelato: “Giggì qua il tempo è bellissimo, c’è il sole ma c’è un po’ di venticello che rinfresca. Infatti i ragazzini stanno tutti in giro. Bella quest’iniziativa di chiudere le scuole per godersi il sole…”.
De Magistris attacca simulando di essere sotto un tunnel, “c’è poca linea, scus…”. Tu tu tu tu…

QUARTO GIORNO
La neve si è sciolta, c’è di nuovo il sole. De Magistris ha trovato un bar che fa un espresso cortissimo italiano di mezzo litro. Si accontenta. Comincia ad abituarsi alla qualità della vita danese. È andato a correre ai Giardini di Tivoli. Ha visto le aiuole curate, gli alberi perfettamente potati, e nemmeno un ex-Lsu da ringraziare. Ha notato però un po’ di ragazzi con le tavole da snowboard. Dove vanno se non c’è neve?
“Al termovalorizzatore ovviamente”.
De Magistris guarda la segretaria di Jensen come se fosse impazzita.
“Sì, borgmester (lo chiamano così, ormai. ‘O sindaco in danese si dice così). L’impianto che abbiamo in città, brucia 70 tonnellate di rifiuti all’ora, e in un anno è in grado di trattare circa 400mila tonnellate di rifiuti solidi prodotti a Copenaghen. Con la spazzatura bruciata, viene prodotta energia elettrica per circa 60mila famiglie e riscaldamento per 120mila. E visto che aveva una bella parete lunga, abbiamo pensato di metterci su una pista da sci, di quelle che si può sciare tutto l’anno. Ah, la pista in sintetico l’ha costruita una ditta di Bergamo”.
De Magistris comincia ad avere nostalgia di casa, dei tafferugli alla discarica di Chiaiano, persino un po’ della terra dei fuochi.
“Pensa se facessimo un enorme termovalorizzatore sotto Roccaraso…”.

QUINTO GIORNO
Piove. De Magistris prova a spiegare all’interprete cosa significhi “pata pata dell’acqua”, ma non c’è verso. Borgmester de Magistris si prepara a una giornata di riunioni d’emergenza: allagamenti, magari si ferma la metro. Chissà se da queste parti il sistema fognario regge un tale “pata pata”, (“capito mo che significa? Niente eh?”).  E invece calma piatta.
La segretaria gli mostra il piano predisposto dopo il grande nubifragio del 2011, per prevenire in futuro cose del genere: trasformare il 20 per cento del tessuto urbano in aree verdi in grado di autogestire una parte cospicua dell’acqua piovana senza sovraccaricare le fognature. In pratica il progetto ha previsto per alcune zone della città la sostituzione dell’asfalto delle piazze con manti erbosi dall’andamento collinare per arginare i flussi, e permettere la filtrazione dell’acqua. Così, in caso di inondazione o tempeste, la “rinaturalizzazione” del suolo garantisce il deflusso della pioggia in bacini artificiali e successivamente in canalizzazioni che sfociano direttamente nel mare. Dai tetti e dalle strade l’acqua viene portata verso il porto dove defluisce, mentre i pedoni possono correre ai ripari attraverso percorsi sopraelevati.
De Magistris pensa alle casse comunali di Napoli, al pre-dissesto finanziario, alla burocrazia dei suoi uffici. E sviene.

SESTO GIORNO
È sabato. De Magistris ormai si è ambientato. Prende una bici al bike-sharing comunale, e gironzola per la città. Fa freddo, ma poi alla fine il colbacco se l’è comprato. I bambini si rincorrono al parco, con le maestre che li guardano sott’occhio. Ieri gli hanno spiegato che in Danimarca esistono le friskoler, le scuole libere. Scuole autogestite che ricevono un contributo statale pari al 75% del costo medio di uno studente, che hanno piena autonomia sui contenuti e sulle modalità di organizzazione dello studio. Non ci sono voti, e non ci sono classi, se vogliono. Gli standard qualitativi comuni si riferiscono alle tre materie considerate basilari: il danese, la matematica e l’inglese. Non chiudono se c’è vento. Non chiudono se c’è neve. Non hanno problemi a far mangiare ai bambini le cose preparate a casa. Guarda i bambini: sono felici. Guarda i genitori, ma non li trova. Sono al lavoro.
Pedalando e pensando, rimuginando e pedalando, arriva a Christiania il quartiere parzialmente auto-governato da una comunità di origine hippy.
Domani si torna a casa. L’hanno già avvisato che lunedì c’è il rimpasto. E che ci sarà il sole, e forse un po’ di vento, e che c’è da decidere se chiudere le scuole o no. De Magistris
imbocca Pusher street dove ai chioschi vendono l’hashish.

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