Il colpo di sedere di Luperto. La carecità di Lozano (si lascia i palloni dietro come Careca). Mertens che prova i tiri in fotocopia
Le 10 cose di Torino-Napoli che non dimenticheremo
Anche stavolta vorremmo dimenticare ma almeno dieci immagini ce le porteremo dietro.
Uno. La discesa palla al piede di Luperto al 10’. Un tempo si sarebbe detta sgroppata. Anziché starsene tremebondo indietro a sorvegliare Belotti, va a prendere aria nell’altra metà del campo con personalità e poi scarica bene su Fabián Ruiz.
Due. Il copista Mertens. Lo chiameremo Xerox. Ha cercato al 28’ la stessa giocata con cui aveva fatto gol contro il Torino qualche anno fa. Ha cercato una giocata per fare una cortesia alla Rai. Voleva regalare la sigla alla Domenica Sportiva dei prossimi cinque anni. Non lo so, c’è ancora la sigla della Domenica Sportiva?
Tre. La carecità di Lozano. Carecità è sostantivo maschile. Viene da Careca, Antonio Careca. In questo contesto usato per via del fatto che un paio di volte nel primo tempo il messicano è partito in velocità con il campo aperto davanti ed è andato più rapido del pallone, perdendoselo dietro, sotto la suola. Succedeva al primissimo Careca, appena arrivato a Napoli. Poi capì che bastava rallentare e cominciò a segnare.
Quattro. La palla bucata da Manolas al 45’. Una citazione delle due azioni horror già viste nella memorabile notte con il Liverpool. Un evidente amore da parte del greco per il postmodernismo nelle arti figurative. Il calcio è un arte figurativa, giusto?
Cinque. La parata di Meret subito dopo su Ansaldi. Un riflesso felino – i riflessi sono sempre felini, così come il romanticismo è sempre inguaribile, lo stacco di testa è perentorio e il fuorigioco è millimetrico. La palla si è abbassata semimoribonda dopo il calcio pieno, secco, e Meret è andato giù con esplosività e tecnica da campionissimo. Abbiamo un signor portiere.
Sei. Il tiro in fallo laterale di Fabián Ruiz al 51’. Scheggia il pallone colpendo al volo da fuori area ripetendo in sostanza quel che aveva fatto Manolas nella partita contro il Genk. Vuoi vedere che è uno schema?
Sette. La sostituzione di Insigne. Mentre lascia il campo, si acciglia come di solito accade quando poi sbrocca. È un bel derby di sopraccigli con Carletto. Tutti a scrutare le reazioni e I labiali. Non ci sono né le une né gli altri. Arriva un “cinque” che risolve tutto senza di fatto risolvere niente.
Otto. Il salvataggio di Allan all’85’ su Ola Aina. Due contro due, in campo aperto, il brasiliano ha scelto l’attimo esatto per allungare la gamba e fermare il contropiede. Un momento prima sarebbe stato saltato. Un momento dopo sarebbe stato tardi.
Nove. Il colpo di sedere di Luperto all’86’. Nulla di metaforico. Si è trattato proprio di un colpo di sedere su una palla che puntava a tagliare il campo da sinistra verso destra. Luperto mezzo sbilanciato l’ha presa con la sola porzione di corpo disponibile. Addò nun coce ‘o sole.
Dieci. I cross per Llorente. L’ultima arma per sbloccare la partita. Uno di Di Lorenzo e uno di Callejon praticamente perfetti. Ma quelli di Llorente non sono stati due colpi di testa bensì due spizzate involontarie. È chiaro a questo punto che la squadra segue Ancelotti. Da quando ha detto che lui nel suo fortino ci sta bene, là stiamo. Non prendiamo gol ma neppure ne segniamo.