ilNapolista

Bonucci: “Anche io vittima di bullismo. I ragazzi devono parlare, mai chiudersi”

Il difensore della Juve ha pubblicato un libro sul bullismo. “Un bullo ha qualcosa che manca dentro di sé, fa così perché ha vissuto una situazione di difficoltà”

Bonucci: “Anche io vittima di bullismo. I ragazzi devono parlare, mai chiudersi”

La Gazzetta dello Sport pubblica una lunga intervista a Leonardo Bonucci sul tema del bullismo. Il difensore della Juve ha infatti pubblicato un libro con il giornalista della rosea Francesco Ceniti proprio su questo tema, “Il mio amico Leo”.

Bonucci racconta che l’argomento gli sta molto a cuore perché lui stesso, a 14 anni, è stato vittima di bullismo.

“Ero a Viterbo, la mia città, e mi sono trovato in una situazione particolare, minacciato da un ragazzo di due anni più grande. Mi ha spinto e mi ha chiesto di dargli quello che avevo in tasca”.

Ebbe la freddezza e il coraggio di dissuaderlo e riuscì a scappare per raggiungere gli amici, ma quell’episodio lo segnò

“ho capito che dovevo crescere: se quel ragazzo mi aveva avvicinato, evidentemente aveva visto in me un punto debole”.

Bonucci traccia l’identikit del bullo, o almeno di chi rischia di diventarlo:

“Un bullo secondo me ha qualcosa che manca dentro di sé, fa così perché ha vissuto una situazione di difficoltà. Spero che il libro sia di aiuto anche per chi cerca di violentare fisicamente o psicologicamente un’altra persona”.

I ragazzi, spiega, devono capire che

“devono parlare di qualsiasi cosa a casa. Che sia una cosa fatta bene o male, è giusto affrontare il dialogo con i genitori, con i nonni, con le persone di cui si fidano. Altrimenti diventa facile chiudersi, smettere di frequentare alcuni posti e complicare le cose”.

Anche lo sport aiuta:

“se sei bravo, il gruppo ti accetta e questo aiuta a essere più sicuri. Io ad esempio da piccolo ero timido, faticavo a chiedere le cose”.

In Italia gli sportivi si espongono poco sui temi politici e sociali perché, dice,

“il mondo fatica a recepire il messaggio. Noi, quando parliamo, siamo sempre giudicati: l’invidia e il giudizio negativo spesso la fanno da padrona. Io ho sempre preferito puntare sui fatti. Un discorso finisce, un post sui social si perde, un libro rimane. Lo si può leggere tra 5 o 10 anni, lo si può passare a un’altra persona. Se la parola è fine a se stessa, un libro è un concatenarsi di azioni”.

Con i proventi del suo libro, Bonucci aiuta l’AGOP, l’associazione che supporta i genitori di bambini affetti da tumore e leucemie.

Suo Matteo, suo figlio, fa controlli periodici, ma sta bene, spiega, ma resta sempre la paura, ogni volta che deve sottoporsi al check up.

“Però ora, quando passiamo sotto all’ospedale, Matteo guarda in alto e dice “lì c’è la mia dottoressa”. Ha capito”.

ilnapolista © riproduzione riservata