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Ancelotti che senza battere sopracciglio parla di Insigne, di una settimana difficile e di Ibrahimovic

Le dieci cose che ricorderemo di Napoli-Verona. L’assist di Fabián Ruiz senza guardare e la banalità della sua classe. Il selfie di Insigne con i raccattapalle dopo la ruleta. La tripla parata di Meret. Soprattutto: i due gol di Milik.

Ancelotti che senza battere sopracciglio parla di Insigne, di una settimana difficile e di Ibrahimovic

Le dieci cose che vogliamo ricordare di questa partita che ci restituisce il gol e la vittoria.

Uno. Il giallo a Koulibaly. Dopo soli quattro minuti fa un’entrata vigorosa lontano dall’area anziché accompagnare l’azione. Non è un’entrata in affanno. È un’entrata esuberante. Di superiorità mentale. È un intervento inutile, lo mette nella spiacevole condizione di dover giocare 86 minuti col freno a mano, ma racconta pure della ritrovata autostima.

Due. La tripla parata di Meret al 18’. Gli avevano detto che nel passaggio dalla Spal al Napoli, da una dimensione a un’altra, sarebbe passato da partite in cui doveva fronteggiare una ventina di tiri ad altre in cui doveva farsi trovare pronto su una sola azione. Stavolta però in una sola azione gli tirano addosso in tre: Lazovic, Pessina e Stepinski. È un portiere che aggiunge riflessi pazzeschi a uno straordinario senso della posizione. Ventidue rilanci lunghi. Tantissimi nel calcio d’oggi.

Tre. Lo svirgolío di Callejon al 28’. Di solito José sa cosa fare dei tiri al volo. In questo caso invece arriva semi coordinato, fa bene a non darla a Insigne al centro, perché Lorenzo si trova troppo fuori posizione, si trova troppo centrale per un tiro a giro. Ma poi va all’impatto col pallone, cicca e calcia malissimo mandando il pallone in Cina.

Quattro. Malcuit-Callejon sul primo gol. Dai loro movimenti irregolari nasce l’azione del vantaggio. Malcuit allarga da una parte all’altra con una sventagliata al volo. Callejon sa farsi trovare un passo dietro la linea del fuorigioco per innescare il sinistro di Fabián Ruiz e il suo assist. Su Malcuit si è appoggiato il gioco più di quanto accada di solito quando a destra sta Di Lorenzo. Al punto che Malcuit è stato il giocatore con più palloni toccati: 79.

Cinque. La semplicità di Di Lorenzo. Essenziale, silenzioso, presente, affidabile. A sinistra adesso come a destra. Torna dalla Nazionale e mostra maturità insieme a umiltà. Cinque duelli aerei vinti.

Sei. I due tocchi sotto porta di Milik. Contro la seconda migliore difesa del campionato – sì, il Verona aveva la seconda migliore difesa del campionato dietro l’Inter – piazza due zampate rapaci di sinistro. Due tiri in porta e due gol. Non facili come potrebbero sembrare, soprattutto il secondo. Ma Milik sa giocare, sa passare, sa prendersi i palloni negli spazi. Se sul 2-0 avesse colpito di tacco, ci sarebbe persino potuto sembrare Ibrahimovic.

Sette. Il selfie di Insigne con i raccattapalle. Sorride finalmente. In campo ricorderemo la ruleta del 65’. Si esibisce in una giocata zidanesca subito dopo aver portato a spasso la palla con un taglio da sinistra verso il nulla. L’accostamento di queste due giocate è abbastanza significativo di una squadra che da qualche partita sta vivendo di sprazzi.

Otto. Il quarto palo di Mertens. Avrebbe già raggiunto e superato Maradona se non fosse ricaduto nella stessa sindrome dell’anno scorso. Bello l’abbraccio che regala a Milik dopo il primo gol alzandosi dalla panchina. Sembra quasi un capitano. Un punto di riferimento. Una bussola. Un polo. Un Marco Polo.

Nove. La banalità della classe. Fabián Ruiz cammina. Passeggia per il campo e porta a spasso il pallone lasciando credere che il calcio sia un lavoro per tutti. Uno guarda Fabián e pensa di poter fare il centrocampista, tanto è una cosa facile. Non c’è mai un senso di fatica nei suoi gesti. Fa l’assist per l’1-0 senza guardare, sapendo che là ci sarebbe stato Milik.

Dieci. L’ingresso in campo di Gennaro Tutino. In qualche modo corona il sogno che aveva da bambino di giocare al San Paolo. La maglia è un’altra ma sta facendo la sua onestissima carriera anche lontano da Napoli. Potrà sempre raccontare di aver segnato 5 gol in Champions con il Napoli. Anche se era quella giovanile.

Undici. Oggi esagero. Undici è la serenità di Ancelotti. Va in televisione e parla senza batter sopracciglio della tribuna di Insigne, di una settimana difficile, di una partita in cui la maturità è stata superiore alla qualità, e di Ibrahimovic. Se un giorno mi trovassi naufrago in mezzo al mare, vorrei avere Ancelotti insieme a me sopra alla zattera.

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