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Renato Zero: “Panatta aveva paura pure delle lucertole. Per la Rai ero a tratti disgustoso”

Una lunga intervista al re dei sorcini su Il Fatto Quotidiano. “Non vado in palestra, gioco a scopone, ho i polpastrelli abilitati”

Renato Zero: “Panatta aveva paura pure delle lucertole. Per la Rai ero a tratti disgustoso”

Il Fatto Quotidiano ospita una lunga intervista a Renato Zero.

Il re dei sorcini regala risposte e perle che meriterebbero di essere riprese tutte, rivelandosi ancora una volta un personaggio immenso (ammettiamo quanto meno una sorta di ammirazione per lui). Ne scegliamo solo alcune.

Tipo quando racconta i quattro provini a cui si è sottoposto, alla Rai:

“Quando chiamavano, ti piazzavano in una stanza con davanti un vetro, un po’ come nei commissariati. Indagavano sulla tua natura, la tua esistenza, i vari perché e percome e ogni volta l’esito finale era: “Lei è fuori dalle righe” o “troppo ambiguo”, “a tratti disgustoso””

La sua indole quantomeno equivoca ha caratterizzato tutta la sua vita. Si racconta che ai tempi di “Il Triangolo” Adriano Panatta, nel conoscere Zero si spaventò, perché sembrava vestito come un marziano.

“Adriano allora aveva paura pure delle lucertole; comunque ho tre sorelle e quando ai tempi si dovevano fidanzare, prima portavano i pretendenti a casa, e se resistevano a me, allora andavano bene”.

Zero racconta la sua vita, le sue passioni, di essere stato sempre influenzato in modo speciale dal mare e dal vento nella scrittura delle canzoni, della capacità del vento di “mandare in caciara le idee, mescolarle, accenderle, renderle vive”.

Racconta del padre poliziotto e di quando fumò passivamente in macchina una canna con due amici, di ritorno dal Piper. Lui si rifiutò di provare ma gli effetti li sentì addosso lo stesso. Tornato a casa, gli sembrò che il letto lo risucchiasse. Chiamò Mia Martini in cerca di conforto e lei, sentito il racconto dell’accaduto, gli rispose

“A Renatì, dormi e facce dormì pure a noi”.

Allora Renato svegliò il padre, gli raccontò tutto e quello lo portò in ospedale, dove gli diedero 12 gocce di Sympatol.

Racconta che il padre era preso continuamente in giro dai colleghi per avere un figlio come lui:

“Meschini; papà ottenne un alloggio dove vivevano altri 136 poliziotti, e quando uscivo da lì erano lastre quotidiane. Ovunque siete, “stronzi!”.

Zero racconta che il padre nel tentativo di dimostrargli gioia e orgoglio, comprava i biglietti dei suoi concerti. Non ha mai saputo però di come ha fatto a evitare il servizio militare:

“Un filo interdentale dietro e davanti un triangolino color fucsia”.

E poi tanti altri aneddoti, e ricordi tristi. Anche su colleghi. Come Rino Gaetano.

“È una delle toppe della mia vita, non avevo compreso il suo stato d’animo, il suo dolore; è in quel gruppo di artisti come Chaplin ed Eduardo che hanno fatto sorridere il mondo ma non hanno convinto loro stessi con quella risata. Rino era una persona meravigliosa”.

Dice di non essere mai andato dallo psicologo ma di adorare i lettini “quando sono appetitosi”. E neppure in palestra va. Gioca a scopone, dice:

“ho i polpastrelli abilitati”

 

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