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In città (e non solo) per il Napoli è già fallimento, come Barcellona e Manchester City

Basta una sconfitta per far ripartire il solito disco. Con lo stesso metro anche Guardiola e Messi sarebbero già fuori gioco nei loro campionati

In città (e non solo) per il Napoli è già fallimento, come Barcellona e Manchester City

Ad ogni mancata vittoria, peggio ancora se si tratta di una sconfitta, si ricomincia da capo.

Sembra di essere in un gigantesco gioco dell’oca, nel quale ad ogni partita persa si riparte dal via. Pare quasi di rivivere il film “Ricomincio da capo”, conosciuto anche come “Il giorno della marmotta”, in cui il protagonista, interpretato da Bill Murray, rimane intrappolato in un circolo temporale per cui ogni mattina si risveglia nello stesso posto e finisce per incontrare le stesse persone che ripetono le stesse frasi.

Nella Napoli calcistica accade la stessa cosa. Ad ogni sconfitta si torna a parlare degli stessi argomenti: turnover dannoso, acquisti inadeguati, approccio sbagliato, Ancelotti pensionato, modulo inadatto, fino al più classico “il presidente non ha speso abbastanza”.

Anche se i fatti dimostrano esattamente il contrario, perché alla fine è mancato soprattutto il risultato, non di certo la voglia e le occasioni per portarlo a casa.

E quelli che dopo la vittoria contro il Liverpool erano considerati universalmente dei pregi, dopo l’ingiusta sconfitta contro il Cagliari diventano dei gravi difetti. Arrivando persino a dubitare di uno dei punti di forza del Napoli, ovvero lo zoccolo duro che costituisce l’ossatura del Napoli da 6 anni, considerandolo come l’ostacolo al rinnovamento, come l’anello debole della catena.

L’isteria collettiva di una certa parte della tifoseria napoletana non ha eguali. Sui social è un fiorire di critiche verso tutti. L’amara realtà è che ci sono tifosi del Napoli che in queste occasioni godono, la loro soddisfazione è quella di riuscire a dimostrare che le loro tetre previsioni erano corrette. Che il Napoli perda non ha importanza. Il narcisismo social mette al primo posto la propria collocazione nell’universo dei tifosi. La crescita esponenziale dei gruppi social a sfondo calcistico ha creato dei veri e propri partiti di opinione. Chi ha scelto di schierarsi apertamente contro la società e contro l’allenatore “pensionato”, mantiene questa posizione fino alla fine, qualsiasi cosa accada. Arrivando a gioire apertamente sui social per le sconfitte del Napoli, ricordando che “l’avevano detto”. Una cosa tristissima che meriterebbe un’indagine sociologica.

Intanto qualcuno lo scudetto lo dà già per perso definitivamente. E non si parla solo dei tifosi. Alcuni quotidiani nazionali già scrivono di classifica preoccupante, c’è poi chi afferma che se il campionato finisse oggi il Napoli sarebbe fuori dalla Champions. Sembra già di essere a fine campionato, non alla quinta giornata.

Se altrove usassero gli stessi argomenti che si usano a Napoli, il campionato del Manchester City sarebbe già un fallimento, staccato com’è di 5 punti dal Liverpool dopo 6 giornate. E forse il Barcellona, sesto e con due sconfitte già sul groppone, dovrebbe abbandonare l’idea di vincere la Liga. Con l’aggravante che, secondo lo stesso metro usato con il Napoli, anche il Barça sarebbe fuori dalla Champions.

Spero che il clima intorno al Napoli non diventi devastante. Sembra di essere tornati a quella incredibile domenica di 5 anni fa quando, con una partita molto simile a quella del Cagliari, il Chievo di Corini, con l’unico vero tiro in porta, si prese i 3 punti contro il Napoli di Benitez. Il Napoli dominò in lungo e in largo (78% di possesso palla) ma sprecò di tutto. Oltre al rigore sbagliato da Higuain, il Napoli calciò più di 30 volte in porta, ma il portiere clivense Bardi giocò in quell’occasione la migliore partita  della sua carriera.

Quando Ancelotti afferma che il calcio è pieno di partite così ha pienamente ragione. Ai tifosi del Napoli basterebbe rileggere la storia della propria squadra per trovarne tante, da Napoli-Perugia 1980-81 ricordata da Massimiliano Gallo, passando per Napoli-Roma 1-2 che ci costò lo scudetto 1987-88, fino a Napoli-Chievo e Napoli-Cagliari.

L’atmosfera a Napoli dopo quella sconfitta contro il Chievo era irrespirabile. Si chiese il licenziamento di Benitez seduta stante, e iniziarono i soliti processi sommari contro società e squadra.

Nonostante la sconfitta subita ad Udine appena 7 giorni dopo il Chievo, il Napoli riuscì lentamente a riprendersi, scalando la classifica fino al terzo posto, mantenuto dalla undicesima alla ventiseiesima giornata. E portando a casa la Supercoppa Italiana grazie alla vittoria ai rigori sulla Juventus. Ma i veleni di quei giorni restarono in circolo a lungo, uniti a quelli dell’eliminazione ai preliminari di Champions League contro l’Athletic Bilbao. Tanto che alla fine la stagione finì male come era cominciata. Fuori da Europa League e Coppa Italia in semifinale e fuori dalla Champions 2015-16 nell’ultima terribile partita in casa contro la Lazio, ancora una volta con un rigore sbagliato da Higuain.

L’allenatore che aveva posto le basi del Napoli del futuro, il primo a praticare a Napoli un gioco moderno ed europeo (sebbene discontinuo), alzò bandiera bianca, avvelenato dal clima della città e del calcio italiano.

Il suo “spalla a spalla” era rimasto una chimera mai realizzata, e che probabilmente mai si realizzerà.

L’amarezza per la sconfitta non è nulla in confronto al sapore aspro delle polemiche. Eppure questi dovrebbero essere i momenti in cui i tifosi si stringono intorno alla squadra per incoraggiarla e sostenerla. Invece tutto si riduce alle solite guerre di opinione a cui siamo tristemente abituati.

Non è bastata la splendida vittoria contro il Liverpool, forse non basterà più nulla per riportare la discussione calcistica nei binari della razionalità.

Napoli è una città autolesionista che ama bruciare tutto. Ma questo l’avevamo già scritto. Esattamente 5 anni fa.

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