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La mentalità ultras sta contagiando Napoli

La mentalità ultras sta contagiando Napoli

Siamo alla follia. Sull’orlo del burrone. E se capissimo che non si parla solo di calcio, sarebbe meglio. È incredibile come la stampa e figure importanti di questa città soffino sul fuoco di una protesta che evidentemente ignorano dove possa condurre. C’è un manifesto tentativo di assecondare, comprendere e persino appoggiare la contestazione che ieri è partita al San Paolo a sette minuti dalla fine. Non a fine partita, informatevi. Ma a sette minuti dalla fine, quando di gol in linea teorica se ne potevano realizzare tre. Detto questo, ovviamente, il Napoli ha perso per demeriti propri. 

Ma si sono invertiti i ruoli. Chi dovrebbe svolgere un ruolo guida si nasconde dietro questo essere indistinto che va sotto il nome di tifosi. Ma chi? Cosa? Non nel nostro nome. A chi verrebbe mai in mente di pubblicare uno striscione – ma nemmeno di pensarlo – “vogliamo lo scudetto o per te sarà un anno maledetto”? Al nostro paese queste si chiamano minacce. Sono gravi. Gravissime. Ci aspetteremmo da chi riveste un ruolo pubblico un atteggiamento diverso. Il calcio è uno sport. Lo sport avrebbe – il condizionale è d’obbligo – dei valori. E, particolare non indifferente, nello sport si perde. SI PER-DE. 

Napoli sta abbassando la testa. Napoli tiene bordone a un clima di follia che presto ci sfuggirà di mano. Perché se il sindaco dichiara, come un slogan oggi molto in voga nelle curve, “meritiamo di più”; se un celebre scrittore come Maurizio de Giovanni un giorno sì e l’altro pure deride la politica aziendale del calcio Napoli; se uno storico rettore della prestigiosa università Federico II parla di crisi e di progetto morto alla seconda giornata di campionato, che cosa vogliamo che pensino quelle persone meno strutturate che pure frequentano gli stadi? 

Napoli si sta avvitando su se stessa. Non ce ne stiamo accorgendo, ma stiamo regalando centimetri su centimetri a una mentalità che presto prenderà il sopravvento. Sono stati brutti i cinque minuti finali ieri al San Paolo. Una fetta di tifosi si sente in diritto di vincere. In diritto. È un assurdo. È un non-sense. E va bene, ci siamo arresi al fatto che allo stadio comandino i rappresentanti del tifo organizzato. Sorvoliamo. Ma fuori non può accadere. Napoli non può tenere bordone alla mentalità del “meritiamo di più”. 

Oggi ovviamente i giornali si sono presi la loro rivincita su Rafa Benitez che sabato ha tenuto una conferenza in stile Mourinho. Ha detto cose sacrosante l’allenatore spagnolo. Che Napoli non vuole ascoltare. Si vince tutti insieme. E guardate che non sono frasi da spogliatoio. C’è gente che queste cose le ha studiate. Nell’ultimo libro di Valdano, l’ex attaccante dell’Argentina campione del mondo cita uno studio del professor McClelland (ormai scomparso) all’Università di Harvard che ha provato come il 30% dei risultati di una squadra sia dovuto “alla differenza di ambiente in cui si esplicita l’impegno”. Cultura sportiva. Di questo parla Valdano. E di questo prova – inutilmente – a parlare Benitez. Perché a Napoli non si può parlare anche di questo? Perché è tutto ridotto al papponismo o all’integralismo tattico di Benitez? O, ancora, al decennio di attesa oltre il quale non si può più andare? Perché? E magari chiediamoci perché altrove le crisi calcistiche non coinvolgono anche i sindaci e gli intellettuali.  

Lo so, sembriamo folli, ma il Napolista non può partecipare alla ormai dilagante giostra depressione-esaltazione. Lo sappiamo anche noi che la campagna acquisti non è stata all’altezza delle aspettative. E allora? Ma dove sta scritto che dobbiamo vincere noi? Ma dove sta scritto che un’azienda coi bilanci sani non sia un valore? Per di più in una città come questa. Abbiamo una squadra di vertice e Napoli la sta contestando. La mentalità ultras sta facendo proseliti. Fermiamoci a riflettere. Prima che sia troppo tardi. E magari poniamoci anche una domanda semplice semplice: ma siamo così sicuri che meritiamo di più?
Massimiliano Gallo

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