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Crosetti: Gimondi ci insegna che chi arriva secondo è solo l’ultimo ad essersi arreso

Siamo tutti circondati dai nostri in apparenza invincibili Merckx (malattie, grane, affari andati male), ma l’indole stoica di Felice indica che non esiste scelta, se non la dignità dell’impegno e il coraggio del possibile fallimento

Crosetti: Gimondi ci insegna che chi arriva secondo è solo l’ultimo ad essersi arreso

Bellissimo il commento che oggi Maurizio Crosetti dedica a Felice Gimondi, scomparso due giorni fa mentre faceva il bagno a Giardini Naxos. Un commento che comprende lo sport ma va oltre, invadendo la vita.

Perché Gimondi, con la sua grinta e la sua tenacia, insegnano un modo di vivere, alla Gimondi, appunto. Il ciclista è stato “un maestro di difficoltà della vita” e noi dovremmo prendere esempio.

“Circondati come siamo dai nostri “cannibali”, dai nostri impietosi, crudeli e in apparenza invincibili Merckx (una malattia, una grana in famiglia o sul lavoro, un affare o un amore finito male), l’indole stoica di Felice sembra indicarci che non esiste scelta, se non la dignità dell’impegno e il coraggio del possibile fallimento. Essere un po’ Gimondi, provare a vivere alla Gimondi, consapevoli che chi arriva secondo non è il primo degli sconfitti ma l’ultimo a essersi arreso”.

Contro Eddy Merckx, Gimondi non si è arreso un attimo, mentre correva nell’Italia del boom economico, “che faceva i bambini come a Torino le automobili”.

Anni raccontati dai nomi delle aziende sulle maglie dei corridori. Gimondi e la sua Salvarani, ma anche Ignis, Scic, Snaidero, “come se l’Italia non fosse altro che nuove cucine, dentro nuove case per nuove famiglie”.

I ciclisti pubblicizzavano salami, macchine del caffè, bibite.

“Il ciclismo era la didascalia di una nazione che dopo tanta fame mangiava, beveva e consumava”.

Era l’Italia del progresso, degli elettrodomestici e delle automobili, e delle eterne biciclette.

“L’Italia di Mina e Celentano, di Canzonissima e di Alberto Sordi, di quando forse eravamo davvero felici o così ci piace ricordare”.

Di quando i bambini giocavano con le biglie disegnando piste sulla sabbia, in spiaggia. E poi in un attimo l’estate finiva, era settembre e “nello spazio di un tramonto non erano neanche più bambini”.

Tutti noi abbiamo una vita cannibale. C’è un Eddy Merckx travestito per ognuno nel proprio destino
adulto.

“Un Merckx diverso per ciascuno di noi, ogni mattina che iddio manda in terra. Ed è in quel momento che essere un po’ come Gimondi comincia ad avere un senso”.

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