Ha applicato una tecnica comunicativa stranota: dividere il campo avverso, come fece Higuain. Ora tocca ai napoletani giudicarlo per quello che è
L’abiura
Caro Bugiardo: l’abiura è durata un’ora e quindici, diciamo un’ora se togliamo le poche frasi dedicate alle cose tecniche: ai giocatori della Juventus, agli schemi di gioco, ai necessari omaggi al predecessore e i ripetuti continui atti di umiltà (e di umiliazione) nei confronti della nuova proprietà. È stata nella forma dell’abiura – studiata, calibrata, una vera conferenza stampa dei nostri giorni, dove non c’era nemmeno una parola lasciata al caso, nemmeno le due volgarità pronunciate – che è andata la presentazione dell’allenatore della Juventus. Sottotesto: ecco cos’ero, ecco che cosa non sarò più, lo giuro. Geniale la forma retorica scelta: l’attacco ai tifosi del Napoli, al Napoli, a Napoli.
Come dite? Che avete sentito solo frasi d’amore e apprezzamenti? Ed è proprio quello l’attacco. Per poter costruire la sua nuova vita di allenatore della Juventus, Maurizio Sarri ha rappresentato se stesso come ha fatto negli ultimi due anni. Ha chiamato in scena il personaggio del comandante prima di buttarlo nella spazzatura. Si è pubblicamente dato fuoco, avvolto in quel vestito blu con la J, che gli cadeva così bene nella sua eleganza triste da funzionario – un ruolo naturale. Come le vittime dello stalinismo, per citare un periodo storico caro ai suoi talebani col fondo tinta, che rievocavano davanti ai tribunali le loro malefatte da nemici dello Stato e del Popolo.
Come con Higuain
E in che è consistito questo attacco? Qui gli uomini comunicazione della Juventus hanno fatto il loro capolavoro, già sperimentato con Higuain tre anni fa. Parla degli altri, distogli l’attenzione da noi. Per aprire ferite e contraddizione nel campo altrui, puntando i riflettori sull’avversario, in modo che da questa parte, la loro, non si vedessero l’affanno della soluzione last minute, la fatica di una lunga inquietudine, i rifiuti incassati da Guardiola. Bisognerà imparare a leggere queste logiche teatrali della Juventus. È comunicazione del nostro tempo, è roba seria.
E quindi tutto il campionario: i napoletani lo ameranno se lo applaudiranno ma lo ameranno anche se lo fischieranno, perché quell’amore non si sradica – poveretto, si sente san Gennaro o Maradona. “Da bambino ero tifoso del Napoli.” “Ringrazio De Laurentiis perché mi ha dato la possibilità di allenare la squadra che amo”. “Il nostro sogno di due anni fa è stato una stagione stupenda.” E soprattutto, proprio in apertura della conferenza la Grande Bugia. “Mi stavo chiedendo se rimanere, quando a maggio hanno annunciato Ancelotti.” Caro Bugiardo, hai la faccia marrone come il bronzo, e questa bugia la dici perché sai che la gente dimentica, che la memoria mediatica è corta, che nessuno riuscirà a ricordare che con gli inglesi parlavi da dicembre e avevi chiuso ad aprile.
Andrà a inginocchiarsi a CR7
Ma qui preghiamo gli studenti di comunicazione di soffermarsi su questa tecnica raffinata. Il cuore, l’amore per l’altro. Tecnica raffinata ma antica come l’inganno: quella di un uomo che presenta il suo nuovo amore cantando le lodi di quello precedente. Ma voi gli credereste? Noi no.
E questa è stata la conferenza. Perché per il resto ha tenuto a dire che non ha schemi precostituiti. Che andrà in Grecia ad inginocchiarsi al vero leader della squadra (autorevole, l’uomo), che rispetterà il potere del club sul mercato e sui giocatori che ci sono – ha perfino balbettato quando qualche giornalista gli ha fatto notare che dimenticava nomi importanti. Ha anche rivelato quello che a Napoli sappiamo bene: che costruisce le squadre intorno ad alcuni. A proposito, ha rinnegato Higuain, ma il gallo non ha cantato. Si vede che la maestria di questa spettacolo avrà frastornato anche il pollaio.
Ora tocca ai napoletani: giudicare quest’uomo per quello che è, l’allenatore del maggiore club a noi avverso, che si serve del passato e dei loro sentimenti per manipolarli come li ha manipolati quando era qui. O se abboccare ancora una volta alla recita del Caro Bugiardo. Qualcuno che mangia l’esca ci sarà certamente. Ma lasciatecelo dire, è stata davvero una recita al limite della decenza umana. In quanto alla professionalità è andato bene. “Il calcio è menzogna” diceva uno più leale di lui.