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Il giorno del rientro degli sfollati nelle case: la Pompei del Morandi. Nuovi possibili indagati per Autostrade

L’autobus scoperto per la stampa ed “il safari nel dolore” dei superstiti. Limitazioni al traffico su A24 e A25

Il giorno del rientro degli sfollati nelle case: la Pompei del Morandi. Nuovi possibili indagati per Autostrade

Sono gli sfollati i protagonisti dei quotidiani, oggi. Il loro rientro nelle case per 120 minuti con 50 scatoloni in cui stipare i beni di una vita e le emozioni a soffocare il cuore.

È potente l’immagine descritta da Francesca Forleo e Paola Setti su Il Secolo XIX: “L’appartamento a poco a poco si infila negli scatoloni, il vuoto nei mobili fa impressione insieme a quel che resta lì per i prossimi due giri di ingressi. Fortuna che non c’è il tempo di pensare, sono mani che riempiono l’immagine di questa giornata”.

I giornali raccontano le storie, decine, la fretta, l’urgenza, la preparazione, quei fogli su cui ciascuno di loro ha annotato a memoria le cose che desidera recuperare e che ciascuno continua a leggere e rileggere in attesa di entrare nella propria casa, nel timore di dimenticare qualcosa prima di dire definitivamente addio al luogo in cui, fino a quel 14 agosto, probabilmente si sentiva più al sicuro al mondo.

La Pompei del ponte

“È la Pompei del ponte”, scrive il fatto. “Una giornata impossibile da spiegare, è un cuore preso a morsi”, dice Giusy Moretti, portavoce del comitato degli sfollati, a La Stampa.

È tutto fermo a quella mattina del 14 agosto. Al settimo piano di un palazzo sventola ancora un bucato, l’immondizia rimasta nelle case emana cattivo odore, come ciò che è stato lasciato nel frigorifero. Una briosce morsicata giace ancora sul tavolo della casa della studentessa 21enne che la stava mangiando e lei, alla sua vista, scoppia a piangere. Una tazza sul tavolo, una penna abbandonata su un foglio, la posta mai ritirata nelle cassette, i vari con i fiori ormai secchi. Pianti sommessi in lontananza, mentre si recupera il recuperabile.

“Un safari nel nostro dolore”

Un dramma terribile, che giace accanto a quelle 43 vittime che non ci sono più. Un dramma che diventa grottesco. Un momento che dovrebbe essere di intimità e dolore, che non può essere compreso da nessuno, tra noi, che non si trovi in quella situazione, ripreso da telecamere e giornalisti da un pullman scoperto allestito dal Comune di Genova. “Un safari nel nostro dolore”, dichiara amaro, a La Stampa, uno degli sfollati.

“Pensate a cosa sono 120 minuti”

Riportiamo per intero il racconto di Manuela Marinelli, anche lei tra gli sfollati, pubblicato questa mattina da Il Secolo XIX. Pensateci, dice, “120 minuti se servono per una passeggiata, una lezione in palestra, fare una visita, per leggere un libro o spostarsi in città sembrano tanti. Pensate ora al vostro ultimo trasloco: scatoloni ovunque per giorni e giorni, catalogati per tipologia, stanza e grandezza. Vestiti piegati, maglie, magliette, pantaloni, giacche, cappotti, scarpe e borse a cui tieni messe da parte, i vasi – stai attento, scrivici “fragile” che non si sa mai – tutti i libri, ma non insieme che poi pesano troppo e non si riesce a sollevare la scatola, le lenzuola nuove, quelle invece della nonna che ti aveva comprato per il tuo corredo, le tende, i cuscini, le tovaglie, le candele profumate, le tue amate piantine, i soprammobili, fasciati con cura uno a uno per non farli rompere.

Piatti, bicchieri, tazze, tazzine, posate, pentole, padelle e altri centomila oggetti in porcellana avvolti delicatamente nella carta… i dischi, le cassette, i cd… computer, macchina fotografica, tv e altri oggetti più o meno utili… i documenti – metti tutti i documenti insieme, divisi nei raccoglitori, sennò poi non si capisce più nulla. La chitarra, l’aspirapolvere, l’asse da stiro, i quadri, scelti nel corso del tempo, perché rispecchiavano un tuo stato d’animo, le foto di famiglia, dei viaggi, dei momenti felici di una vita trascorsa tra quelle mura.

E la cantina? Scrivi sopra la scatola, sennò non ci capiremo nulla. Ecco. Ora unite i 120 minuti di prima con tutto quello che dovreste fare per portare via la roba da casa vostra, le cose di una vita, scelte con cura nel corso del tempo.

Oggi per molti è stata una giornata come le altre. Per noi invece è stato “IL” giorno. Il giorno in cui dopo 64 giorni siamo rientrati nelle nostre case, a prender le nostre cose, forse per l’ultima volta. Mille paure, due ore, cinquanta scatole in cui racchiudere la tua vita, con l’aiuto dei nostri preziosi amici Vigili del Fuoco. Al solo pensiero vengono i brividi. E allora buon rientro – seppur furtivo, pieno di ansia e carico di emozioni – a noi. E Forza, perché ci vuole coraggio a dire addio alla tua amata casa”.

Le indagini

Ci sono altri possibili nomi da inserire nel registro degli indagati. Lo scrive Il Secolo XIX.

Si tratta di Vito Gamberale, ex amministratore delegato di Autostrade dal 2000 al 2006, prima dell’insediamento dell’attuale ad Giovanni Castellucci, e dell’ex direttore generale Riccardo Mollo. Accanto a loro, una serie di manager pubblici che ebbero ruoli di responsabilità già dai primi Anni 90.

“Le Fiamme gialle hanno compiuto in sostanza un lavoro di screening sugli organigrammi, fornendone gli esiti ai pm e avendo ricevuto l’input di approfondire a ritroso nel tempo”, scrive il quotidiano, ricordando che le criticità del Ponte Morandi relativamente ai problemi dei tiranti erano note da tempo, tanto che, nel 1993, si decise di ristrutturare quelli del pilone numero 11.

Gli inquirenti si chiedono come mai non fu completato il lavoro anche sugli altri, anche in considerazione del fatto che “nei primi Duemila arrivarono segnalazioni importanti sui problemi al viadotto da Spea Engineering, società controllata da Autostrade e delegata a manutenzioni e prevenzione rischi, evidentemente sottovalutate”.

Insomma, si studia il ventennio precedente alla strage, perché essa, “agli occhi di chi indaga, è conseguenza di omissioni protrattesi molto a lungo”.

Il caso delle A 24 e A25

Su diversi quotidiani torna anche il caso del degrado dei viadotti lungo l’A24 e l’A25, che collegano Roma a Teramo e Pescara, segnalati da Toninelli dopo il sopralluogo da lui effettuato il 5 ottobre scorso.

Lunedì scorso, 8 ottobre, il ministero ha indicato ai prefetti la necessità di limitare il traffico pesante su 87 viadotti. Il gestore ha risposto inviando al ministero la perizia di Infra Engineering — società del suo stesso gruppo — “in cui precisa di aver effettuato verifiche strutturali ‘aggiornate agli attuali carichi di esercizio’ e conclude ‘con certezza che lo stato di degrado e ammaloramento’ delle pile ‘non pregiudica stabilità e sicurezza’”, scrive La Repubblica.

Nonostante queste rassicurazioni, Toninelli ha ribadito che “alcuni piloni sono in condizioni allarmanti” ed ha anzi raso al suolo le conclusioni del gestore parlando di “anomalie di calcolo”, assenza di “indagini specifiche” e “di prove strumentali”: “L’esame complessivo dei coefficienti di sicurezza conferma la precaria stabilità statica dell’infrastruttura” con “margini di sicurezza molto limitati”, ha dichiarato il ministero nel contraddittorio svoltosi con la concessionaria venerdì scorso.

Per questo motivo, ha invitato ad estendere a tutti gli 87 viadotti le limitazioni al traffico pesante (“divieto di fermata in corsia di emergenza; divieto di sorpasso e obbligo di distanziamento di 50 metri”) già imposte dal gestore in otto viadotti più vecchi in modo da “impedire ai mezzi pesanti di caricare le diverse campate con più di un mezzo”.

Oltre a chiedere controlli approfonditi, il ministero, continua La Repubblica, “segnala ‘la precaria stabilità accertata’ alle frane di Roviano e Arsoli che richiedono ‘un’improcrastinabile messa in sicurezza’; e ‘l’obbligo di adeguamento entro il 30 aprile’ di 14 gallerie per i cui lavori ‘il tempo residuo non pare compatibile: è verosimile che a maggio non saranno in regola’ e ‘potrebbe essere necessario interdire al traffico le tratte’.

L’ad di Strada dei Parchi, Cesare Ramadori, dichiara che nonostante il blocco dei fondi previsti nel decreto Genova sono già stati iniziati i lavori sui cantieri che richiedono maggiore attenzione: si tratta di un “estremo atto di responsabilità visto il procurato allarme” generato da “dichiarazioni pretestuose: la gente può transitare tranquillamente”, riporta La Repubblica.

 

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