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In nove giornate Ancelotti ha spazzato via gli assiomi del Napoli di Sarri

Sembrava che questa squadra potesse giocare solo in un modo, solo con determinati calciatori e solo a ritmi più alti degli avversari. Tutto confutato.

In nove giornate Ancelotti ha spazzato via gli assiomi del Napoli di Sarri

Come un bollettino di laboratorio

Oltre a tagliare alcuni traguardi intermedi importanti, le prime nove giornate del Napoli di Carlo Ancelotti sanciscono la confutazione sperimentale del sarrismo. Si badi bene, non c’è alcun giudizio estetico in questa frase, né alcuna velleità di confrontare tecnici e stili di gioco tra loro. C’è solo la lettura di un bollettino di laboratorio il cui piano è confermare o smentire gli assiomi e i corollari che danno forma al calcio di Maurizio Sarri e abitano i legittimi sogni dei suoi numerosi estimatori.

La scelta obbligata di giocare con undici o più più titolari

L’assunto principale del sarrismo a Napoli dettava la necessità di moduli e sistema di gioco utilizzati dal tecnico toscano al fine di compensare la scarsezza tecnica di una parte sostanziale della panchina a disposizione: la scelta obbligata di passare per poco più di undici giocatori e la celebre metafora del gruppo che è più dell’insieme dei suoi singoli; il gioco tramutato in codice eseguibile che si materializza come dodicesimo uomo in campo. Le nove formazioni diverse, e i quasi altrettanti moduli, visti nelle prime nove giornate di quest’anno, ci dimostrano, dati alla mano, che era falso. Non era vero che la differenza tecnica tra prime linee e comprimari fosse invalicabile; non era dunque neppure vero che ci fossero vincoli tattici irriducibili.

Dover giocare a ritmi altissimi per vincere

Il corollario fondamentale dell’assioma sopracitato era quello che prevedeva come obbligatorio che la macchina così creata, tatuata sulla pelle degli undici, dovesse viaggiare a regimi costanti, alti o altissimi, per poter avere la meglio sull’avversario. L’esempio su tutti: il primo tempo (non più di uno umanamente possibile) contro il Real a Napoli. Anche questo lemma è stato smentito da appena undici partite. Il Napoli, con pressoché gli stessi uomini, ma ruotati nel tempo, ha vinto partite gestendo ritmi oscillanti tra e durante le gare, talvolta affidandosi persino a qualche ruvidezza fisica.

Perché si è persa la genuina curiosità per la realtà?

L’intento di queste poche righe non è quello di dare nuova linfa al confronto tra Sarri, Ancelotti e i loro sistemi di gioco, e men che meno quello di riaprire la tediosissima polemica tra sarristi e antisarristi. Chi scrive non ha mai nascosto di non amare l’odierno tecnico del Chelsea, ma gli rimango certamente grato per quanto ci ha mostrato negli anni scorsi e ben certo del suo indubbio valore. Lo scopo è ben più banale e sta in una semplice domanda: perché si è persa in modo così drastico qualunque genuina curiosità per la realtà? È strano che ciò accada nel mondo del calcio odierno, stracolmo di dati, di fantacalci che si intrecciano, di piattaforme di gioco che simulano, di Var che rivedono misurano e reinterpretano.

Come è possibile che si sia potuto creare il sarrismo, un gigantesco castello di regole tecniche, tattiche, filosofiche, politiche e metacalcistiche e che i pilastri principali di questa visione del pallone e del mondo siano crollati inesorabilmente dopo nove giornate di campionato? E ancora: come è possibile che siano crollati senza che una vera forza d’urto impetuosa gli si presentasse contro. Il sarrismo non è venuto giù perché è stato invaso, non è stato smantellato da un esercito di controrivoluzionari. È bastato che una persona preparata, esperta e con un filo di ironia leggesse i dati e iniziasse a lavorare.

C’è da riflettere, per tutti noi.

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