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«Cazzimma, personalità e fiducia in sé», Ancelotti ha spiegato perché il Napoli non ha vinto a Parigi

Al forum del Mattino, pur senza legarli al match di Champions, ha con sincerità evidenziato quali e dove sono i limiti di questo Napoli

«Cazzimma, personalità e fiducia in sé», Ancelotti ha spiegato perché il Napoli non ha vinto a Parigi

L’orizzonte non può essere quello dell’impresa sfiorata

Carlo Ancelotti è un grande allenatore. E fin qui, nessuna novità. Ed è anche un abile diplomatico. Molto abile. Non lancia quasi mai messaggi trasversali attraverso i microfoni. È raro. Qualche volta accade. Il più delle volte, però, dissemina indizi. Dopo la partita di Parigi, tutti i commenti sono giustamente stati improntati all’impresa del Napoli che ha tenuto in scacco il Psg e non ha vinto per un gol subito al 92esimo. Ma siamo certi che, al di là delle dichiarazioni del post-partita, Ancelotti abbia analizzato con i suoi calciatori i motivi che hanno portato al pareggio. Perché l’orizzonte non può e non deve essere quello dell’impresa sfiorata. Dev’essere quello dell’impresa riuscita. Deve cambiare la percezione che si ha di sé.

Gli errori commessi

Errori ne sono stati commessi in quei cinque-sette minuti finali. In parte dallo stesso Ancelotti. Col senno di poi, la sostituzione di Milik non ha sortito alcun effetto: il polacco ha avuto una palla tra i piedi, avrebbe dovuto guadagnare un fallo e invece l’ha persa. L’azione del Psg che ha portato al pareggio di Di Maria, è nata da una punizione calciata da Ospina; il Napoli ha quindi rinunciato al possesso palla e ha consegnato il pallone agli avversari. Ci sarebbe poi da analizzare l’azione in sé, con il Psg che è riuscito a saltare il pressing, con Mario Rui fuori posizione al momento del passaggio a Di Maria e quindi non pronto a chiudere la traiettoria (peraltro splendida, un gol d’autore).

«Crescere nella personalità»

Ma non è tanto questo il punto, almeno per noi in questo momento. Il nodo è l’approccio mentale. I confini di una persona, di una squadra, di un gruppo di lavoro, sono tutti nella mente dei protagonisti. E Ancelotti, nel forum al Mattino, lo dice chiaramente. Non lega i suoi concetti alla serata di Parigi. Ma ha dichiarato:

«Possiamo crescere nella personalità, nel gestire bene i momenti difficili delle partite. Non si può pensare di avere sempre il possesso, in ceti momenti c’è da essere furbi, attenti, bisogna saper controllare. Ed è qui che bisogna migliorare».

Uscire dalla logica del “grazie lo stesso”

Furbi. Attenti. Bisogna saper controllare. Non sono tre passaggi casuali. Ancelotti è uomo di campo, è uomo di calcio vintage pur essendo continuamente aggiornato. Ha e ha avuto l’intelligenza di circondarsi di uno staff giovane, al passo coi tempi. Ma non ha perso la memoria del campo di gioco. Non tutto può essere risolto con la tattica, con la teoria. E il Napoli negli ultimi minuti a Parigi non è stato furbo, non è stato attento e non ha saputo controllare.

All’interno dello spogliatoio Ancelotti lo avrà senz’altro detto alla squadra. L’obiettivo è di uscire dalla logica del “grazie lo stesso”. Una gabbia che finisce con l’essere un comodo alibi. L’obiettivo è interiorizzare il concetto di aver giocato alla pari con Liverpool e Psg e di averlo quasi battuti entrambi. È la consapevolezza che fa la differenza. In ogni campo.

L’obiettivo della vittoria ti consente di non accontentarti

Ancelotti guarda lontano. È ben consapevole dei pregi e dei limiti di questa squadra. È onesto quando dichiara che i calciatori hanno tante conoscenze, e le attribuisce al lavoro di Sarri, ed è altrettanto sincero quando sottolinea le carenze. E non sono carenze tattiche. Sono carenze che attengono alla sfera della personalità (non solo individuale, anche di gruppo). Dichiara ancora al Mattino:

«Sì, prima eravamo intimoriti dalla qualità dell’avversario. Ora gestiamo meglio certi aspetti, ma questa cosa crescerà quando ci sarà ancor più fiducia e convinzione di quello che facciamo in campo».

Ancelotti è distante da Allegri dal punto di vista tattico, il suo è sempre stato un calcio propositivo. Ma è un uomo di campo, ha sempre fissato l’obiettivo e l’obiettivo non può che essere la vittoria. Non perché sia l’unica cosa che conti, ma perché tendere all’obiettivo ti consente di migliorare. Di sfidare i tuoi limiti. Di mettere in discussione le tue certezze. Di non accontentarti.

I limiti di questo Napoli

Sono questi gli aspetti che marcano la distanza tra buoni atleti e atleti vincenti. In ogni sport. Ancelotti ha capito benissimo dov’è il limite di questo Napoli. Nella consapevolezza di sé. Lo fa capire quando parla della cazzimma:

«La squadra non ne ha sempre, un po’ di più rispetto a prima. La cazzimma è una cosa importante per vincere».

È fondamentale, aggiungiamo noi. Il calcio è uno sport che ha come obiettivo quello di far entrare il pallone nella porta avversaria. Non ci sono giudici che assegnano punti alla tua prestazione, come nei tuffi o nella ginnastica. Ciascuno sceglie la strategia che preferisce, ma l’obiettivo è buttarla dentro. È il motivo per cui il calcio appassiona tanto, perché è un po’ una metafora della vita. Non sempre vince il più bravo, il più abile, come invece di solito accade in altri sport. E nella vita, come nel calcio, si vince per tanti motivi.

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