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Ponte Morandi: tempi troppo lunghi per il progetto di rinforzo. I campanelli di allarme c’erano tutti

La ricostruzione dei due anni passati tra l’incarico alla Spea e la redazione del progetto. La commissione di inchiesta del Mit ancora sotto i riflettori

Ponte Morandi: tempi troppo lunghi per il progetto di rinforzo. I campanelli di allarme c’erano tutti

“Quando Autostrade per l’Italia, il 30 ottobre 2017, portò al ministero delle Infrastrutture il progetto di ristrutturazione della pila numero 9, il destino delle 43 vittime del ponte Morandi era già compiuto. Non c’era alcuna possibilità che il cantiere si potesse aprire prima del 14 agosto”. Un quadro disperato quello che fanno Marco Preve e Fabio Tonacci, inviati da Genova per La Repubblica. Da questo iniziamo, oggi, la nostra rassegna stampa.

Due anni per completare un progetto di rinforzo

I lavori sul pilone 9 furono proposti nel 2015 ma Autostrade diede il via al progetto solo nel 2017. La ricostruzione dei fatti e dei tempi è oggi sui principali quotidiani.

Il 24 giugno 2015, a distanza di ventidue anni dall’ultimo intervento strutturale sul pilone 11, la Direzione manutenzioni di Autostrade lancia il progetto di retrofitting del ponte, una ristrutturazione “per allungare la vita del Morandi fino al termine della concessione nel 2038”. Per stilarlo si affida alla Spea engineering.

Lo studio commissionato alla Ismes

Nel 2015, tuttavia, accade anche altro, su cui la Finanza sta indagando. Autostrade commissiona alla Ismes (gruppo Cesi) uno studio per verificare l’efficacia delle procedure di sorveglianza e del sistema di monitoraggio statico usate fino ad allora per il viadotto. Evidentemente, scrive La Repubblica, “qualcuno ha un dubbio”.

La Ismes consegna il report finale tra gennaio e maggio del 2016 suggerendo di aumentare la frequenza delle ispezioni e di implementare un sistema di monitoraggio continuo per capire come si comporta il ponte durante il maltempo, le raffiche di vento, il traffico elevato, un terremoto. Raccomandazioni che dovrebbero essere inserite nel progetto esecutivo finale. Gli ingegneri della Spea lo concludono oltre due anni dopo l’incarico ricevuto: alla fine di settembre 2017.

Il 12 ottobre 2017 il cda di Autostrade dà il via al finanziamento.

Il Mit si prende altri quattro mesi per approvare il progetto

Il 30 ottobre il progetto viene inviato al Ministero perché per far partire il bando di gara da 20 milioni occorre il parere positivo del Provveditorato di Genova ed un decreto di approvazione finale che, secondo quando stabilito dalla concessione, deve arrivare entro 90 giorni.

Invece si perde tempo per carenza di organico, come più volte sottolineato dalla Direzione generale della Vigilanza sulle concessionarie autostradali e dal provveditore di Genova. Il Comitato tecnico viene convocato solo nel febbraio 2018: “In appena quaranta minuti i membri approvano il progetto”. Anche se con alcune raccomandazioni specifiche. Le carte tornano al Ministero e qui si fermano di nuovo. Poi ci sono le lettere di Donferri Mitelli che chiedono di accelerare la pratica.

I campanelli di allarme c’erano tutti, il deterioramento del ponte era evidente anche a occhio nudo. In nessun documento o studio si parla esplicitamente di rischio di crollo ma mettendo in fila tutti gli elementi era facile intuire la gravità della situazione.

La commissione d’inchiesta del Mit di nuovo nell’occhio del ciclone

Un altro pezzo della commissione d’inchiesta istituita dal Mit sul crollo del Ponte Morandi rischia di saltare. Sarebbero due i membri che figurano nell’elenco consegnato alla Procura dalla Guardia di Finanza, segnalati come “di possibile interesse investigativo”.

Uno era già nell’elenco riportato ieri dai quotidiani ed è Bruno Santoro, direttore della Divisione Tecnico-operativa della rete autostradale. L’altro è Michele Franzese, responsabile del settore Analisi Piani Tariffari, che ha preceduto Santoro nella sua carica fino a marzo scorso e che potrebbe essere chiamato a rispondere, dunque, per i periodi precedenti. La loro responsabilità sarebbero minori, scrive La Repubblica, ma dalle loro scrivanie “sono transitate informazioni e documenti riguardanti il ponte e i suoi ammaloramenti”.

Su La Stampa altre indiscrezioni. La Finanza avrebbe segnalato alla Procura anche i nomi di Fulvio Di Taddeo e Massimo Meliani, ingegneri di Autostrade che tenevano i rapporti con i consulenti di Cesi e Politecnico e che potrebbero aver sottovalutato il contenuto dei dossier.

Toninelli alla Camera: ho subito pressioni per non rendere pubblica la concessione

Ieri il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Toninelli è intervenuto a Montecitorio e, a proposito della questione Genova, ha dichiarato di aver ricevuto “pressioni interne ed esterne” per cercare di bloccare la pubblicazione online della concessione.

Dura la reazione delle opposizioni, che hanno chiesto di fare con chiarezza nomi e cognomi.

Il Fatto Quotidiano afferma, sulla base di “fonti qualificate” che le pressioni sarebbero arrivate dalla stessa Autostrade e dal Mit, in particolare dalla Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali.

 

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