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Posta Napolista / Ho conosciuto il giovane Jorginho, sono triste che lasci il Napoli

Un racconto vecchio di sette anni, Jorginho in prestito alla Sambonifacese come giovane prospetto del Verona. Ora giocherà con Guardiola, in un top club mondiale.

Posta Napolista / Ho conosciuto il giovane Jorginho, sono triste che lasci il Napoli

I tempi della Sambonifacese

Sono un po’ triste. Poi passa, eh, ma intanto sono triste. Perché Jorginho ce l’ho ancora negli occhi quando non era ancora Jorginho, ma solo un ragazzino di nome Jorge che tutti i giorni arrivava alla stazione di San Bonifacio e da lì, borsone a tracolla, percorreva ridendo il chilometro che lo separava dal Renzo Tizian, lo stadio della Sambonifacese. Un giovanotto di belle speranze, prestato dal Verona alla squadra neopromossa in C2, insieme a un altro paio di connazionali che chissà quale fine avranno fatto.

Ricordo che si impose presto come titolare – dapprima come mezzala, poi davanti alla difesa. Il primo gol in coppa Italia di serie C, proprio al “suo” Hellas. Per l’occasione, sul tabellino dei marcatori figurava come Frello. Prendeva 1.300 euro al mese, più 100 euro di bonus ogni 10 presenze con la prima squadra. Il suo procuratore, che è lo stesso di oggi, gli allungava ogni tanto 20 euro per uscire il sabato. Giocò tutte le partite di campionato. Con i primi risparmi si comprò una panda 80 rossa, e quando arrivava al campo di allenamento sorrideva più di prima, come un re giunto in Maserati.

Andrà a giocare in uno dei migliori team del mondo, sotto la guida di un mostro sacro. Crescerà ancora, probabilmente diventerà uno dei migliori interpreti del tiqui-taca, uno Xavi mezzo brasileiro e mezzo polentone. Ora io lo so che dovrei essere contento per lui, e infatti lo sono. Però non posso non provare nostalgia per quei tempi, Jorge era “mio”, e quando l’ha preso il Napoli tutto è sembrato trovare un senso. E invece mi sento come gli habitué del Cavern, quando gli portarono via i Beatles e in lacrime imploravano alla TV: «Vi prego, fateli suonare qui un’ultima volta.»

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