Popi Bonnici, responsabile dei registi di Lega Serie A e delle immagini del Var, spiega la nuova tecnologia: «È fatta dagli uomini, la trasparenza è l’unica soluzione possibile».
L’intervista a Repubblica
Popi Bonnici, regista televisivo e coordinatore dell’attività editoriale dei registi della Lega di serie A, ha rilasciato un’intervista a Repubblica Milano. È una confessione da leggere, anche perché Bonnici si occupa della scelta delle immagini per gli arbitri Var. Il discorso inizia proprio da qui: «Il Var, in realtà, è rappresentato dagli uomini. Sono le persone che lo hanno pensato e lo mandano avanti tutte le settimane, lo fanno evolvere, affrontano le polemiche, scelgono, decidono. La tecnologia è fondamentale, ma poi tocca agli umani: nelle auto se avviti male il bullone sei stato tu. Con il Var è uguale, tu sei un uomo e non sei un algoritmo. Se non si parte da questo non si va da nessuna parte»
Il suggerimento di Bonnici per stemperare e diminuire le polemiche: «Trasparenza. Il segreto è tutto qui. Le immagini che guardano gli arbitri nella saletta? Devono vederle tutti. A casa, negli stadi, in contemporanea. A quel punto disinneschi metà dei pretesti per polemizzare. In Inghilterra, dove stanno sperimentando, lo fanno. Mi fa sorridere che agli antipodi, in Australia, il Var è interamente a disposizione, live, di tutti. Ci arriveremo anche noi, ma sempre per la strada più lunga. Mettendoci il triplo del tempo e della prudenza necessari. Sarebbe intelligente anche dare la parola agli arbitri».
L’esempio dello sport americano
Piuttosto che attraverso interviste postpartita, Bonnici farebbe parlare i direttori di gara secondo il modello sportivo americano: «Ad ogni decisione presa, un microfono per spiegare quello che si è deciso, in poche parole. A quel punto prendi atto, magari non sei d’accordo ma non ti viene il retropensiero che ti stanno nascondendo qualcosa. Perché i retropensieri esistono ed esisteranno sempre, si percepisce la sensazione, diciamo pure frustrazione, di molti tifosi».
Curiosamente, il regista televisivo racconta come spiega la moviola al bar. Anzi, nei bar della Brianza, la sua terra: «Giro i piccoli paesi della mia zona, mi piace fermarmi al bar, il lunedì mattino soprattutto. Si vedono ancora scene antiche, i tifosi con la Gazzetta davanti, la discussione che parte. Ehhh, ma Mediaset non ha fatto vedere il replay. Poi entro io e attaccano in massa: cos’avete combinato con quel fallo di mano? Dov’erano le immagini? Spesso se lo chiedono molti commentatori tv, che dovrebbe pensare un po’ di più alla responsabilità di certe azioni».
Torniamo nel bar: «Nel bar dove mi conoscono alla fine se ne esce, ci si prende in giro, io faccio notare a quello che insiste sul rigore non dato al Milan che lo fa da tifoso. Al bar ci sono ancora quelli che rifiutano la Gazzetta e vogliono solo Tuttosport e dicono: io sono juventino e leggo solo Tuttosport. Bene. Lì parte la discussione e quindi a un certo punto mi metto a spiegare cosa è successo, il perché e il percome. Alla fine il clima non dico che si rasserena, ma tutti sono molto più tranquilli».