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È il nuovo Napoli, controllo e qualità dopo il (solito) inizio complesso

Benevento-Napoli, l’analisi tattica: il setting iniziale porta la squadra di Sarri a correre qualche pericolo, ma una volta prese le misure la gestione è praticamente perfetta.

È il nuovo Napoli, controllo e qualità dopo il (solito) inizio complesso

Roberto come Roberto

I primi minuti di Benevento-Napoli hanno mostrato come può andare in difficoltà la squadra di Sarri. Per la seconda partita consecutiva, un inizio tatticamente ordinato e l’utilizzo di transizioni rapide e movimenti di palla veloci su direttrici esterne hanno portato il Napoli a subire scompensi difensivi potenzialmente pericolosi. Non è un caso, e parlare di “approccio sbagliato” è fuorviante, anche perché non identifica nessun problema reale, tecnico e/o tattico e/o mentale.

Il Napoli, in realtà, inizia la partita cercando di capire come stanno in campo gli avversari, quali distanze tenere tra i reparti, quali situazioni utilizzare di più per gestire il pallone, quindi il ritmo e l’emotività del gioco. Dopo il Bologna di Roberto Donadoni, anche il Benevento di Roberto De Zerbi ha cercato di sfruttare il momento di setting primordiale della squadra di Sarri. Curiosamente, o forse no, le occasioni potenziali costruite dal Benevento sono simili anche nella dinamica finale.

La ricostruzione della prima occasione del Benevento. Nei tre frame in alto, praticamente consecutivi, è da notare la posizione di Djuricic e Cataldi (nel cerchio giallo). Piuttosto che rimanere statici nel loro slot di interni, a destra e a sinistra di Sandro, scelgono un posizionamento verticale che scompiglia le coperture preventive dei loro avversari diretti, Hamsik, Allan e Jorginho. A quel punto, D’Alessandro sulla sinistra può essere servito nello spazio e può attaccare la profondità, in maniera similare a quanto fatto da Di Francesco domenica scorsa in occasione del gol di Palacio. Sette giorni fa, l’azione fu costruita in fase di ripartenza, ma la sostanza delle cose è uguale: in situazioni di scompenso, indotte e/o forzate, il Napoli finisce per isolare i suoi esterni difensivi in uno contro uno. E “apre” lo spazio per un pallone al centro, da fronteggiare in condizioni di parità o inferiorità numerica.

È una questione di lettura del gioco. Il Napoli, dopo i primi dieci minuti, ha ripreso subito in mano il controllo della partita. Perché ha compreso le modalità attraverso cui far valere la propria superiorità tecnica e tattica. E anche perché l’impostazione di De Zerbi chiedeva troppo dal punto di vista fisico ai suoi calciatori. Il pallonetto di Insigne non è stato solo un colpo “psicologico”, ma anche “tattico”. Ci spieghiamo meglio: la giocata di Lorenzo ha ribaltato l’inerzia del match, ma ha anche mostrato la situazione di gioco migliore per attaccare la difesa del Benevento. Si tratta del passaggio in verticale dietro le linee avversarie. La famosa “imbucata”.

Come spiegato anche da De Zerbi nel postpartita, la squadra giallorossa ha difficoltà nel difendere con baricentro basso. La tendenza proattiva del tecnico bresciano non è poetica, ma si adatta alle caratteristiche della sua squadra. Che, semplicemente, ha una qualità assoluta troppo bassa – nei singoli, quindi complessiva – per poter gestire la qualità altrui vicino la sua porta. E allora cerca di limitare i rischi cercando di rimanere alta sul terreno di gioco. Sotto, le posizioni medie dei sanniti in campo. Da notare la difesa a tre, con Sandro in posizione di metodista, “mascherata” da 4-3-3.

Sotto, rivediamo l’occasione di Insigne. Frutto di un’intuizione geniale del numero 24 di Sarri, ma anche di un pallone fatto passare dietro la linea dei centrocampisti. E che ha trovato un perfetto movimento a incrociare del ricevitore. Questo tipo di letture scompaginano il sistema difensivo di una squadra incapace di letture immediate ed efficaci rispetto a situazioni alternative. Lo vediamo su questo scambio momentaneo di posizioni tra Lorenzo e Mertens, ma ce ne accorgeremo anche dopo.

Insigne entra nel campo, lascia il suo spazio a sinistra, il terzino del Benevento è lontano e non può tentare l’anticipo. A quel punto, il perfetto attacco della porta combinato di Mertens e Callejon apre lo spazio a Lorenzo per cercare la conclusione. Che arriva dopo una prima opposizione in scivolata, tentata in ritardo, e senza un secondo centrale in grado di ostacolare la traiettoria.

Anche il gol di Mertens nasce da una situazione di gioco “atipica” per il Napoli. La squadra di Sarri non costruisce la manovra offensiva in orizzontale e non privilegia la “solita” fascia sinistra. Piuttosto sceglie una direttrice verticale e sul lato di Callejon, Allan e Mertens. Sì, esatto: proprio Mertens. Seguendo lo schema-Insigne che abbiamo appena visto, il belga lavora da centravanti associativo (cioè si sposta e crea una situazione di superiorità numerica sul lato della costruzione del gioco), attira il centrale fuori posizione e poi aziona la sua qualità. Da ricercare nella lettura della situazione, nella preparazione direzionale del pallone e del corpo alla conclusione, più che nel genio (intenzionale o meno) del pallonetto a scavalcare Puggioni. Nella composizione a più livelli di un’azione pericolosa.

Normale amministrazione

Il resto della partita rientra nella (nuova) normalità del Napoli di Sarri. Che, rispetto ad altre esibizioni, concede agli avversari un numero di conclusioni maggiore (14, con xG di 1,06 per i sanniti), ma rischia seriamente solo in occasione del tiro fuori misura di Djuricic (39esimo del primo tempo) e di un colpo di testa di Costa (un quarto d’ora dopo l’inizio della ripresa, quando il risultato era già di 0-2). Non ci sono grandi evidenze tattiche sul gol di Hamsik e sulla ripresa in generale, il Napoli si è limitato a una fase di controllo del gioco, in modo da non sprecare energie.

Il dispositivo difensivo, però, è sempre funzionante in background.  Il caso del rigore Koulibaly-Costa è emblematico: in un’azione inizialmente non pericolosa, diventata complessa a causa di una lettura poco reattiva del centrale francosenegalese, Sandro era già in fuorigioco. In alto a destra, in una posizione che non poteva destare preoccupazioni. Però era oltre la linea, salita con tempi perfetti. Solo l’errore individuale, a partita “domata”, sembra mettere realmente a repentaglio la solidità difensiva della squadra di Sarri. Che, da questo punto di vista, ha avuto un miglioramento eccezionale (16 partite stagionali senza gol al passivo) e può puntare all’eccellenza cercando di limitare la fase di “sbandamento” tattico in  avvio di partita.

Passmap del Napoli, via 11tegen11 (Twitter)

Dal punto di vista offensivo, a parte le variabili “momentanee” che abbiamo visto prima, c’è poco da registrare. La passmap appena sopra mostra come il Napoli esprima il suo modello in maniera praticamente automatica. La fascia sinistra resta il centro nevralgico del sistema di Sarri, nonostante l’assenza di Ghoulam. Mario Rui, anche ieri, è stato il calciatore con il maggior numero di palloni giocati (112), e non è un caso. Il Napoli continua ad evolvere ed evolversi, forse non è brillante come in passato ma ha imparato l’arte della contestualizzazione e dell’essenzialità. Dell’equilibrio tra quello che serve, quello che sa fare, quello che può fare. Ora tutto è mixato in funzione dell’obiettivo finale della partita. E al rientro di Ghoulam, che amplierà (di nuovo) le soluzioni offensive, manca davvero poco. Il Napoli è cresciuto ed è migliorato, è riuscito a farlo anche senza di lui. Nel frattempo, però, ha fatto anche i punti.

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