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Oddo: «La più grande sconfitta del calcio italiano è stata la vittoria del Mondiale 2006»

Splendida intervista di Massimo Oddo a Repubblica: «Spero che si possa ripartire dalla batosta contro la Svezia con idee nuove».

Oddo: «La più grande sconfitta del calcio italiano è stata la vittoria del Mondiale 2006»

L’intervista a Repubblica

Il nostro consiglio, prima di iniziare – se siete appassionati di calcio, o se volete provare ad esserlo. Procuratevi una copia di Repubblica, stampatevi l’intervista di Massimo Oddo, mettetela nel portafoglio. E consultatela, ogni tanto, rileggetevi le sue dichiarazioni. Dentro c’è un racconto condensato del nostro calcio, di quello che siamo. Di quello che siamo stati, e che forse ora non basta più. Ce lo insegna un tecnico che ha preso e ha reinventato l’Udinese, dal niente. Ma che in realtà voleva fare altro.

Leggiamo: «Ho studiato per fare il dirigente di alto livello. Alla Marotta o alla Galliani. Quando ho smesso di giocare nel 2012, ho fatto tutti i corsi possibili: direttore sportivo, patentini da allenatore. Ma l’obiettivo era chiaro. Invece ho trovato un muro. Il mio nome rendeva tutto più difficile. Chiedevo solo di imparare un nuovo mestiere: non ho trovato nessuno che me lo insegnasse».

E lo studio? «Mi ha aperto la mente. Mi sono laureato mentre smettevo al Lecce: 108, ho sempre preso bei voti. Ognuno usa il proprio tempo come crede. Io ho sempre pensato al futuro. E ho pensato male di Donnarumma, finire gli studi è uno step importante».

Il calcio italiano

Oddo e il manifesto di un movimento, oltre a quanto già letto: «La Nazionale fuori dal Mondiale è una delusione enorme, ma da un certo punto di vista ne sono stato contento, per il bene del calcio italiano. La più grande sconfitta fu la vittoria del 2006: il calcio italiano si sentì il più forte e non avvertì l’esigenza di cambiare, mentre gli sconfitti imboccavano una nuova strada. Spero che si possa ripartire dalla batosta con idee nuove. Chi arriva può avere anche 70 anni, l’importante è che sia nuovo davvero. Serve un blocco unico: chi ha fatto il calciatore, insieme a grandi manager. Una persona sola non basta. Tommasi e Albertini, ad esempio, sono in gambissima, ma ci vuole un lavoro collegiale: è come il sindaco, gli serve la giunta».

La differenza tra la Serie A e il calcio estero, secondo Oddo: «Per la preparazione degli allenatori siamo davanti noi. Solo che all’estero ci battono in infrastrutture, economia calcistica, manager, approccio sociale. In Inghilterra trasmettono in diretta solo 4 partite a giornata, eppure prendono il triplo in diritti tv. Le nostre partite a volte sono più belle: il problema non è di spettacolo. Semmai di cornice, con gli stadi vuoti».

L’ultima lezione di Oddo, nella risposta all’ultima domanda. Il giornalista di Repubblica gli chiede se per lui spettacolo è lo splendido gol in verticale realizzato dalla sua Udinese a Bologna. Questo qua sopra, per intenderci. La risposta del tecnico bianconero: «Il gioco in verticale, in Italia, viene impedito dagli avversari. Ai ragazzi ho chiesto che cosa notavano di particolare in quel gol. Non mi hanno saputo rispondere. Nessuno ha ricevuto il pallone tra i piedi, ho spiegato, ma in uno spazio che aveva occupato: l’azione non era preparata, era preparata l’occupazione dello spazio». Meravigliosa chiusura.

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