ilNapolista

Gasperini: «L’Atalanta è un bel modello, ma va preservato: giovani e organizzazione»

Gasperini intervistato dalla Gazzetta dello Sport: «È l’Atalanta voluta da Percassi, se cambiasse modo di fare calcio non sarebbe più la stessa. E il mio lavoro sarebbe finito».

Gasperini: «L’Atalanta è un bel modello, ma va preservato: giovani e organizzazione»

L’intervista (bellissima) alla Gazzetta

Un’intervista da leggere. Anzi, alziamo la posta: una lettura calcistica altamente consigliata, per capire e comprendere l’arte della contestualizzazione calcistica. Gian Piero Gasperini, tecnico dell’Atalanta, parla alla Gazzetta dello Sport. E parla di calcio seguendo due fili logici che si intrecciano, e si intrecciano bene: il suo e quello dell’Atalanta, ovvero teorie e tecniche di un progetto nato ed evolutosi nel modo giusto. E che deve seguire gli stessi concetti per continuare ad avere successo.

Le parole più significative del Gasp: «Dopo certi risultati le aspettative crescono e qualche dubbio che qualcosa potesse cambiare c’era. Per ora però anche questa stagione sta andando bene. L’Europa ci ha dato lustro e ci ha permesso di superare momenti un po’ negativi in campionato. Ora siamo ripartiti anche lì».

Il modello-Atalanta

La spiegazione del modello-Atalanta nella ricostruzione dell’anno solare: «Un grandissimo anno, abbiamo quasi timore che finisca. Siamo andati oltre ogni previsione, tecnica ed economica. Abbiamo fatto plusvalenze con il mercato, abbiamo acquisito lo stadio. I tifosi sono entusiasti e anche da questo punto di vista l’immagine della città e del club sono migliorate: invece degli scontri, abbiamo visto un pubblico di famiglie e bambini. L’Atalanta è un bel fenomeno, ma dobbiamo stare attenti ad alimentarlo nel modo migliore».

L’arte della preservazione: «Va mantenuto il sistema Atalanta che ha avuto successo. Un modello che prima qui non c’era: l’Atalanta ha sempre prodotto grandi talenti, ma non ha mai impostato la prima squadra su questo. E temo che il sistema cambi. Se l’Atalanta si priva di questo sistema diventa un club normale. Non sarebbe più la mia Atalanta né l’Atalanta di Percassi e il mio lavoro qui sarebbe finito. Il rischio c’è, non per me ma per il club. All’Atalanta servono giocatori d’élite, un Papu Gomez per ruolo, tutto il resto ce l’ha già. È così che è stato costruito il successo e sarebbe un peccato cambiare e fare come altri club che hanno impoverito il nostro calcio prendendo all’estero quello che non serviva. Poche società come l’Atalanta possono
permettersi questo tipo di strategia».

I meriti di Percassi: «Basta vedere come è organizzato questo centro sportivo, basta pensare allo stadio. Certo, i risultati hanno accelerato il processo, ma Percassi è un atipico. Non sono molti nei nostri club i presidenti tifosi, nati nella città della squadra che possiedono e nella quale hanno pure giocato. Quello che sta facendo è più un regalo alla città che un progetto sviluppato per altri fini. Voleva una squadra giovane, voleva in prima squadra molti ragazzi cresciuti qui».

I meriti di Gasperini

Gasperini avrà dei meriti, anche manageriali: «Io alleno e basta. Altro che Ferguson dell’Atalanta. Qui ognuno ha il suo ruolo, io non faccio il mercato. Ma società e allenatore devono essere coordinati e condividere le strategie. Un progetto funziona finché è condiviso».

Il momento peggiore, non a caso: «L’estate di mercato, poi si va in campo ed è tutto più bello. Odio il mercato aperto e temo il prossimo, ma di solito in gennaio si fanno meno danni».

La parte finale dedicata (ancora) alla nobilissima arte della contestualizzazione: «Noi non possiamo vincere l’Europa League. È più realistico confermarsi in campionato, anche se c’è tanta concorrenza in pochi punti. Non dico che possiamo arrivare di nuovo quarti, stavolta anche un sesto posto o un settimo potrebbero bastare: un posto anche nella prossima Europa, insomma».

ilnapolista © riproduzione riservata