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Udinese-Napoli è Totò De Vitis, una partita in azzurro e poi centravanti di provincia

Un’apparizione nel Napoli di Pesaola, una rete nell’indimenticabile match in Friuli nel 1990. E poi tanti gol tra Verona, Piacenza, Taranto.

Udinese-Napoli è Totò De Vitis, una partita in azzurro e poi centravanti di provincia

Il bomber di provincia

Da Pesaola a Maradona passando tra diverse squadre che battezzarono Antonio De Vitis come l’ennesimo “bomber di provincia”. Da chi lo lanciò in Serie A scommettendo su di lui, in un’ultima giocata da poker della disperazione, a chi fu il suo idolo indiscusso ed il giocatore con cui tutti avrebbero voluto giocare, da a Pesaola a Maradona. Quella volta, però, il 12 dicembre 1982, il “petisso” lo intravedemmo tra i fumi dell’incenso che uno scaramantico signore andò a lanciare nella porta del Genoa, tra il primo ed il secondo tempo di una partita particolare, dopo che la prima frazione di gioco si era chiusa sul vantaggio rossoblu. Iachini su rigore, Napoli sotto. Anche sotto choc, se volete.

Ed allora il “petisso” lo vedemmo spuntare con tutti i suoi amuleti, cappotto compreso (non quello degli anni sessanta che portava bene, qui sostituito da uno più ‘moderno’) non tra la ‘nebbia’ delle proprie sigarette e dell’immancabile bicchiere di whisky ma tra l’acre profumo di incenso che il novello signor “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” aveva sparso sotto la Curva A.

Totò De Vitis

La partita delle partite

Maradona, invece, fu avversario di Totò De Vitis non in una gara normale ad Udine ma nella ‘partita delle partite’ giocate dal Napoli in terra friulana, quella del 14 gennaio 1990 e finita 2 a 2. Un match che ricordiamo tutti ancora oggi.Due a zero per i bianconeri al 89′ minuto. Maradona segna su rigore al ’90 e Corradini pareggia al ’92. Se non si muore così di infarto su un campo di calcio, poco ci manca. Ed anche quello fu l’anno del secondo scudetto. Scaramanzia vai via, “sciò, sciò, ciucciuvettole”!

Quando De Vitis chiuse col calcio nel 1999, dopo una vita fatta sui campi di provincia dove si fece voler bene ovunque tra Piacenza, Udine e Verona, lì nel profondo Nord, dichiarò : “Sì, sono originario di Lecce ma ho vissuto cinque anni a Napoli e quelli sono stati i più belli della mia vita, mi hanno formato. Mi sento napoletano a tutti gli effetti. Un giocatore con cui avrei voluto giocare? Maradona, naturalmente!”. Spassionata dichiarazione d’amore di un giocatore che ha ancora oggi Napoli nel cuore e che tutti abbiamo sempre considerato un napoletano ‘adottato’.

La partita con gli azzurri

Da Pesaola a Maradona con l’Argentina di mezzo. Due gare, quella dell’esordio con il “petisso” nel 1982 (unica presenza con gli azzurri) e quella contro Maradona ad Udine, da attaccante dei bianconeri, che hanno un comun denominatore molto forte. Sono state partite da coccolone, da angina pectoris. Per ovviare al fallimento della gestione Giacomini, sette punti in undici gare, Ferlaino si inventa l’ennesimo ‘coup de teatre’ e richiama Pesaola alla guida tecnica della squadra affiancato da Rambone come preparatore atletico. Proprio il 28 novembre il volto triste di Giacomini esce dal campo di Cagliari con l’ennesima batosta, l’ex Restelli rompe la diga azzurra e porta i due punti ai sardi. Napoli ultimo in classifica. La sosta è alle porte, il momento è propizio per dare una svolta tecnica alla squadra. Pesaola e Rambone si mettono subito al lavoro per preparare la gara col Genoa di due settimane più tardi.

Bruno Pesaola

Lavora, lavora ma il “petisso” si rende conto che il materiale umano a sua disposizione è limitato. Il mercato si faceva a novembre ed i nuovi arrivati Vagheggi e Scarnecchia non erano quelli che potevano spostare gli equilibri di una squadra. Allenamenti dopo allenamenti, la coppia argentino-napoletana arriva al fatidico 12 dicembre mettendo in campo quello che possono. Si conta sui senatori che ricoprono ruoli chiave.

Castellini tra i pali, Krol e Ferrario in difesa, Vinazzani e Dal Fiume a centrocampo con l’intermittente Criscimanni a cercare di coordinare il gioco, Claudio Pellegrini di punta. Vagheggi e Scarnecchia sono le due ali con compito di spingere, Celestini è un falso terzino sinistro. Così ‘falso’ che anche il rigore che si procurò a tre minuti dalla fine non solo il Var non lo avrebbe preso in considerazione ma il giocatore sarebbe stato probabilmente anche ammonito per simulazione. L’arbitro Pairetto di Torino, invece, forse stordito dal fumo dell’incenso che emanava la porta di Martina, portiere del Genoa, concesse il rigore. Uno a uno.

Il Napoli 1982/83

Solo quella volta

Dicevamo della partita. Dopo un’ora di vagabondaggi nel nulla di Scarnecchia Pesaola manda a scaldare De Vitis, il giovane attaccante che rappresenta la mossa della disperazione. L’intenzione è quella di affiancare a Pellegrini uno più piccolo (chissà, forse il “petisso” si rivede in lui) per poter mettere scompiglio nell’area avversaria. Totò entrò al ’63 e fece quello che potè fare. Diciotto anni, un San Paolo che ti alita addosso e spinge la squadra verso il pareggio, un risultato in bilico. Antonio giocò solo quella volta, poi fu rimandato in Primavera dove fece intravedere le sue ottime qualità realizzative. Sgusciante, rapinatore d’area, opportunista, bravo anche di testa, tecnicamente non malvagio.

Questo fu, col tempo e con l’esperienza, il gioco del rapace ragazzo leccese che si fece le ossa ancora dalle nostre parti col Campania con i quali mise a segno 7 reti in 27 gare. La curiosità della gara di Udine, invece, sta nella direzione arbitrale, sempre Pairetto anche dopo otto anni, e nel nome del primo marcatore delle zebrette friulane. Al ‘3 minuto fu proprio lui, Totò, a non far ridere i napoletani e a lanciarsi a petto di rondine su una invitante palla di Mattei. Gol alle spalle di Giuliani, uno a zero per i padroni di casa. Marchesi, poi, lo sostituì dopo un’ora di gioco cautelandosi con l’ingresso dell’arcigno difensore Oddi nel tentativo di mantenere il vantaggio iniziale siglato dall’ex partenopeo. Invece Mattei raddoppiò all’86 e poi il finale da cardiopalma già descritto.

Rino Marchesi

Oggi, dopo varie esperienze da osservatore e dirigente, 20 gol con l’Udinese, 38 col Verona e 49 col Piacenza, De Vitis è fermo e segue il figlio Alessandro che, da centrocampista, gioca nel Pisa in Lega Pro. Col rammarico nascosto di non aver dimostrato quanto potesse valere a Napoli. Là, dove sorge il sole.

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