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Agnelli: «Nessuna baruffa a Cardiff, mi aspetto un’ammenda dal processo-ultrà»

L’intervista di Andrea Agnelli a Tuttosport: «Abbiamo infranto il regolamento sui biglietti per motivi ragionevoli, bisogna pensare a migliorare tutti i campionati».

Agnelli: «Nessuna baruffa a Cardiff, mi aspetto un’ammenda dal processo-ultrà»
Andrea Agnelli

L’intervista a Tuttosport

La prima pagina, più altre quattro. Cinque pagine di domande e risposte, tutto questo mentre Napoli si arrovellava sulla cittadinanza onoraria a Maradona. Ecco, se vogliamo trovare una differenza tra Napoli e Juventus possiamo partire da qui. Mentre la città della squadra che negli ultimi due anni è stata più vicina alla Juventus (con la Roma) dibatteva su un calciatore ritiratosi ufficialmente nel 1997 (in realtà molto prima), il presidente dei bianconeri Andrea Agnelli parlava a Tuttosport. Di passato, certo. Anche di quello. Ma soprattutto di futuro. Ripetiamo: la prima pagina, più altre quattro.

Intanto, c’è un pezzo di introduzione di De Paola. Che scrive: «Agnelli punto e a capo, altro che “lascia la Juve, per la Ferrari” o “via per dissapori col cugino” o “preoccupato per il deferimento di Pecoraro” o “smantella la Juve”.  Voci, social o meno, spazzate via con la forza dei fatti. Qui si programma tutto, ma non per i prossimi tre anni, bensì per sette più altri sette. Un ciclo pianificato per quattordici stagioni! Proponendo soluzioni a problemi del nostro calcio e di quello europeo. Lontano da qualsiasi egoismo. Agnelli sottolinea l’interesse alla crescita di un intero movimento che ha bisogno di credere in tutte le competizioni europee». Certo, magari la beatificazione è un po’ eccessiva. Ma è un testo che rende l’idea.

Le parole di Agnelli

Le dichiarazioni più significative del presidente bianconero riguardano Cardiff, innanzitutto. Smentito ogni problema nell’intervallo, rilanciato il messaggio di ripartire da lì, e da una valutazione globale dell’annata bianconera: «La Champions è una competizione in cui sbagliare anche soli 20 minuti può essere determinante. Però valutare una stagione per 20 minuti sarebbe sbagliato. Ci sono stati attriti nell’intervallo? Per nulla. Nessun attrito. Come avviene in tutte le partite sono sceso negli spogliatoi prima, nell’intervallo e dopo. Vado sempre nello spogliatoio. E sono stato testimone oculare. A Cardiff non c’è stato nessuno screzio, nessuna baruffa».

Nella risposta successiva, Agnelli spiega di non sentirsi intenditore di calcio. «Allora che cos’è successo nel secondo tempo da un punto di vista tattico? Ho competenze specifiche in altri campi. Il mio compito è la gestione annuale dei miei dirigenti per quello che fanno nella stagione. I 20 minuti in campo vengono analizzati dai tecnici. Perché se valutassimo allora i 90 minuti a Torino col Barcellona faremmo ragionamenti diversi. Non si può giudicare una stagione per 20 minuti finali». Su questo, però, ci permettiamo di dissentire. Non tanto con Agnelli, che quando parla così ha ragione. Con la Juventus, in generale. Per cui, ricordiamolo, vincere è l’unica cosa che conta. Andarci vicino non basta. Ce lo insegnano loro.

L’Italia

Un’analisi del movimento italiano in relazione ai top club esteri: «Devo guardare al modello societario e devo pensare a diverse realtà come quelle che esistono in Germania, in Spagna, in Inghilterra. Se immagino un modello organizzativo guardo a quello tedesco, se penso allo stadio osservo l’Inghilterra. Se penso ai flussi commerciali, al museo, alle altre attività riguardanti un percorso emozionale mi viene in mente il Barcellona. Bisogna essere noi stessi pur osservando le varie eccellenze in Europa. Noi vogliamo trasmettere una nuova identità ai nostri tifosi, a quelli che vivono in Italia e in Europa così come a quelli che sono in Oriente o in America, con dei prodotti che possano essere più lifestyle».

«Bisogna osservare con attenzione chi ci segue. In Italia più di 14 milioni di persone, in Europa 50, nel mondo 350. Ma bisogna poi distinguere fra simpatizzanti e veri tifosi. Il nostro sarà un modo diverso di porsi verso il consumatore bianconero. Dal progetto di ristorazione Juventus, ad alcune attività commerciali in franchising in Cina e America». Il calcio, sì. Ma “consumatori”, “tifosi e simpatizzanti”, “lifestyile”. Insomma, roba commerciale. Il business calcistico, oggi.

La competitività della Serie A: «Il nostro non è un torneo poco allenante. Non vedo campionati con dinamiche molto diverse dalle nostre. Il livello del nostro torneo è elevato, all’interno c’è un campionato di prima e seconda fascia. E uno di terza fascia. Certo, sono mancate le milanesi ma guardiamo cosa avviene altrove. In Francia sono sostanzialmente tre squadre, in Germania anche meno, in Spagna lo stesso. L’unico campionato diverso è quello inglese conteso da almeno sei-sette club. Le distanze sono enormi, quindi dobbiamo chiederci tutti come fare per migliorare ogni campionato. Dal prossimo anno l’Italia riavrà quattro posti in Champions anche grazie alla Juve e spero che alle nostre spalle riappaiano le milanesi».

Il deferimento

Si parla anche del processo bagarinaggio-‘Ndrangheta: «Abbiamo piena fiducia nel lavoro della giustizia. Noi sappiamo di aver infranto per motivi ragionevoli il divieto di vendere un numero di biglietti, per persona, superiore a quanto consentito. Di questo siamo consapevoli e mi aspetto un’ammenda. Dopodiché mi aspetto anche che Lega, Federazione e forze dell’ordine trovino delle soluzioni per superare questo problema perché se non si può disporre, per motivi di sicurezza, di steward nelle curve, allora si lascia terreno libero alla micro o alla macro criminalità. Sarebbe giusto avere chiarezza su questo argomento che non dipende da noi».

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