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Cicchella e il Napoli: «Mi hanno fatto male tutti quei fischi a Higuain, così come la famiglia juventina cacciata»

Intervista all’ex volto di Made in Sud: «Il calcio è un gioco, dovrebbe insegnare il rispetto e non la discriminazione. Ricordo un tacco di Cupi».

Cicchella e il Napoli: «Mi hanno fatto male tutti quei fischi a Higuain, così come la famiglia juventina cacciata»

Musica e simpatia. Francesco Cicchella è un cantante con il vizio della comicità. Le sue imitazioni divertono e trascinano, grazie a quel tocco in più che Francesco con la sua esperienza di musicista sa dare interpretando i suoi personaggi.

«La mia vena comica è venuta fuori un po’ per caso – ci rivela Francesco –. A 17 anni ho vinto il Premio Totò al quale non avevo neanche scelto di partecipare. Fu il mio professore di Latino e Greco che mi iscrisse al premio. Prima di allora fare le imitazioni era stato per me solo un gioco e mi ritrovai ad avere richieste per spettacoli come imitatore con un repertorio di cinque minuti».

Una prima soddisfazione che ha “costretto” Francesco, come lui stesso dice, ad industriarsi. Due anni dopo vince il Premio Alighiero Noschese e in quella occasione viene notato da Nando Mormone, ideatore e produttore di Made in Sud: «Iniziò da allora il mio percorso di comico “serio”, in cui metto tanto me stesso anche come musicista».

Nonostante gli impegni lavorativi cadano soprattutto di sabato e di domenica, “in un modo o nell’altro” segue il suo Napoli, gioca con orgoglio nella Nazionale Attori ed è un ottimo cultore della materia, anche se…

«I miei fratelli, che sono molto più grandi di me, mi prendono in giro perché dicono che io non conosco il vero calcio non avendo mai visto dal vivo Maradona. Vado al San Paolo tutte le volte che posso. La partita guardata allo stadio è più affascinante, dagli spalti si legge anche molto meglio che con il filtro della telecamera. E poi allo stadio si fa o’ burdell, è più divertente».

C’è qualcuno del Napoli in particolare che ispira Francesco imitatore?

«Senza dubbio De Laurentiis. Il presidente è un personaggio sui generis, il più personaggio di tutta la squadra. La prima volta che ho avuto a che fare con lui, fu per un Napoli-Palermo. Ero in tribuna, per caso ero seduto accanto a lui. De Laurentiis non mi conosceva. Ad un certo punto Cavani si mangiò un gol e lui si girò verso di me e disse: dovrei mettere una clausola che per ogni gol che si mangia, gli tolgo un milione…».

C’è grande attesa per Lazio-Napoli? L’incontro di stasera potrebbe essere decisivo in chiave Champions…

«Tra le partite che mi sono rimaste più impresse c’è proprio una Napoli- Lazio, 4 a 3. Una delle partite più entusiasmanti degli ultimi anni. Ecco, spero che la partita di stasera ci possa regalare emozioni simili a quelle. Proprio ieri l’ho riguardata volentieri: fu una grande prova di determinazione, forse quella che vedo mancare un po’ negli ultimi tempi, la cazzimma di cui parlava il presidente, anche se in un momento sbagliato».

Per questa fine di campionato, con il rientro di Milik, come vedresti l’attacco?

«Se dobbiamo pensare al risultato, meglio continuare con il tridente leggero: è una formula rodata. Per come è andata la stagione dopo l’infortunio di Milik, direi che certi automatismi sono ormai collaudati e che l’ingresso di Milik a volte può non essere positivo. Aggiungiamo pure che non è ancora in piena forma. Poi però se consideriamo che la mancanza di una vera punta si sente… allora diciamo che l’ideale sarebbe giocare in 12, con tutti e quattro là davanti. Seriamente, è stata una stagione anomala, da una cosa negativa è venuta fuori una fortuna e cioè abbiamo scoperto di avere una risorsa in più con Mertens».

«In questa fase vedrei l’innesto di Milik ad un certo punto della partita e comunque quando c’è bisogno di maggiore fisicità. D’altra parte all’inizio Milik rendeva benissimo. Più che altro resta l’incognita Pavoletti, che non ha dato molti segnali finora. Non mi ha convinto quando l’ho visto giocare, spero di sbagliarmi e che sia solo una questione di inserimento».

Sei un tifoso attento, come è iniziata la tua passione calcistica?

«Per me è stata una cosa molto naturale. Chiariamo una cosa: sono dell’idea che non puoi non tifare per la squadra della tua città. Per quanto riguarda me, nel momento in cui mi sono avvicinato al calcio, è stato automatico tifare per il Napoli. Posso capire che si possa simpatizzare per altre squadre, che magari in un certo periodo non sono dirette rivali, come è potuto capitare quando il Napoli era in serie B, ma non ammetto altro».

Una partita vista allo stadio che ricordi?

«Ricordo un Napoli-Sampdoria finita 2 a 0, su gol di Zalayeta e di Hamsik. Cupi fece un colpo di tacco, ingannando l’avversario, e fece una discesa sulla fascia scatenando il boato del San Paolo. Proprio Cupi. Diciamo che mi vanto di aver assistito a questa rarità».

Questa settimana ha tenuto banco il caso Higuain…

«Sicuramente sono uno di quelli che non ce l’ha con Higuain. Ci sono tante situazioni, retroscena interni alla società che non possiamo conoscere o giudicare. Inoltre, sono rispettoso delle scelte lavorative delle persone, per cui più che denigrarlo gli sono riconoscente per quello che ha realizzato con la maglia del Napoli. Mi ha fatto male vederlo coperto di fischi al San Paolo. Penso che per quanto possa essere brutto vederlo con la maglia della Juve, non dobbiamo dimenticare che ha dato tanto, ha raggiunto dei record con noi. Sfottiamolo pure, la presa in giro ci sta come ci sta la rivalità, ma trattiamolo come un avversario qualsiasi».

«Alla fine il calcio è un gioco, invece continuo a rimanere deluso da certi atteggiamenti, come allontanare dallo stadio la famiglia di juventini. Ci lamentiamo dei cori razzisti nei nostri confronti e poi facciamo cose che comunque non c’entrano nulla con il senso dello sport, che dovrebbe essere condivisione e sano confronto, che dovrebbe insegnare il rispetto e non la discriminazione»

Parliamo di te. Hai lasciato Made in Sud, programma che ti ha lanciato.

«Ho iniziato con Made in Sud a 19 anni. Prima ho fatto teatro, radio, live e musical. Ma è nel mondo del cabaret che ho trovato la forma di spettacolo che prediligo».

Hai vinto l’edizione di Tale Quale Show su Rai 1 nel 2015 e hai rivelato qualità artistiche anche propriamente come cantante. Anzi, se non ricordo male, hai vinto tutte le puntate

«Non proprio tutte. Diciamo che cantare era la mia aspirazione iniziale. Essere ospite a Sanremo e fare Tale e Quale Show mi ha poi sdoganato e mi fatto conoscere al di fuori di Made in Sud».

Ora sei impegnato con il tuo “Millevoci”…

«Sono in teatro con un one man show e girerò tutta l’estate con varie tappe italiane. Sono affiancato da una band particolare, tutta al femminile ad eccezione di Paco Ruggiero, che è il mio tastierista, e di Vincenzo De Honestis, la mia spalla storica».

In cosa consiste lo spettacolo?

«Gioco con la musica. I miei personaggi televisivi sono solo una piccola parte dello spettacolo. Mi piace presentare inediti a chi sceglie di venirmi a vedere dal vivo».

Cosa vuol fare “da grande” Francesco Cicchella?

«La mia aspirazione più grande è il teatro. Il palco è la mia dimensione ideale. La televisione mi piace, il cinema mi affascina, ma stare sul palco davanti ad un pubblico che posso portare per mano nel mio mondo è qualcosa di impagabile. Per l’anno prossimo ho un progetto sempre in teatro molto più grande di quello di quest’anno. Tra i miei sogni, l’idea di un progetto prettamente musicale c’è».

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