ilNapolista

La storia casuale del bianconero Juventus: in origine, maglia rosa con cravattino

Storia dei colori e dei simboli della Juventus, dagli albori a oggi. Le mitiche strisce di oggi sono un’eredità del Notts County, il logo ha conosciuto poche modifiche.

La storia casuale del bianconero Juventus: in origine, maglia rosa con cravattino

Anche la vicenda dei colori calcistici più amati e al tempo stesso più detestati d’Italia ha i connotati della casualità. Per molti club sorti agli albori del ‘900, l’abbinamento tra il bianco e il nero fu una sorta di inevitabile convenienza. Fu così anche per la Juventus Football Club, la squadra più blasonata della Penisola, la fidanzata d’Italia negli anni ’20, la Vecchia Signora dagli anni ’70 in poi, carica di gloria e di successi. E di tanta fortuna: determinata, sostengono i milioni di detrattori, da abili dirigenti e coadiuvata da “arbitri distratti”. Si è sempre detto che tutte le squadre sono uguali, ma più di qualcuno ricorda velenosamente, parafrasando George Orwell, che «la Juve è sempre stata più uguale delle altre».

La maglia rosa

Dovendosi dotare di una casacca e non avendo alcun riferimento civico o araldico al quale ispirarsi per la loro Juventus, gli studenti del liceo classico “D’Azeglio” di Torino, pieni di entusiasmo ma senza il becco di un quattrino decisero di acquistare a prezzo stracciato alcuni metri di percalle rosa che giacevano da tempo invenduti nel magazzino di un commerciante imparentato con un liceale. Da questo tessuto furono ricavate le camicie di gioco, impreziosite da un curioso cravattino, facendole tagliare e cucire dalle donne di casa. Dopo tre anni di uso ininterrotto le magliette divennero inservibili, per fortuna nuovi soci erano entrati nel club.

Un generoso sostenitore inglese, originario di Nottingham, riuscì a farsi spedire a Torino, pagandolo interamente, un consistente quantitativo di casacche palate (a strisce) bianconere del Notts County, uno dei due club della sua città. I giocatori e qualche dirigente accolsero tiepidamente le maglie, qualcuno provo a osteggiarle, ma di fronte alle perduranti ristrettezze economiche il bianconero fu adottato definitivamente fino a diventare nei decenni il vessillo con più tifosi in Italia. Tutto aveva avuto inizio il primo novembre 1897, al numero 42 di Corso Re Umberto, nell’officina di biciclette dei due ragazzi promotori, i fratelli Canfari, che presiedettero la riunione con una quindicina di studenti liceali con i quali decisero di costituire un club sportivo. Per entrare nel sodalizio si racconta che gli aderenti dovettero versare una quota mensile di una lira. Laboriosa fu la scelta che portò al nome del club. «Ne fioccarono di ogni genere – scrisse Eugenio Canfari, primo presidente – floreali come ‘Iris Club’, scolastiche come ‘Società Massimo D’Azeglio’, telegrafiche come ‘Società Sportiva Augusta Taurinorum’. (…) Da una parte i latinofili, dall’altra i classicheggianti, in minor numero i democratici. All’onore della votazione s’avanzarono tre nomi: ‘Società Via Fort’, ‘Società Polisportiva Massimo d’Azeglio’ e ‘Sport Club Juventus’. Per quest’ultimo pochi simpatizzavano, ragione per cui riuscì a imporsi. Fra gli oppositori c’ero proprio io: mi sembrava che quel Juventus più non s’addicesse a soci fatti maturi. Avevo torto: nella Juventus non s’invecchia… invecchia invece la ‘juventus’».

Il logo

Eccezione fatta per la silhouette stilizzata della zebra rampante, adottata tra gli anni ’70 e gli anni ‘90, fin dal 1920 l’emblema identificativo della Juventus è rimasto sostanzialmente lo stesso essendo stato soggetto solamente a piccole rivisitazioni, il più recente dei quali risale al 2004. Si tratta di un ovale strisce verticali bianche e nere, quattro bianche e tre nere. Il nome del club è impresso in caratteri neri e sottolineato in oro su di un’area bianca. Nella parte inferiore dello stemma, è rappresentato il toro, simbolo civico di Torino. In passato lo sfondo del nome del club fu anche di colore blu Savoia, omaggio alla tradizione sabauda di Torino. Ci sarebbero anche tre stelle a sormontare lo stemma. Ma questa è un’altra storia…

ilnapolista © riproduzione riservata