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Gli abbonamenti del Napoli sono stati pochi anche con i prezzi bloccati

Solo i vecchi abbonati del Napoli sono stati danneggiati. Gli altri non lo avrebbero sottoscritto nemmeno senza aumento.

Gli abbonamenti del Napoli sono stati pochi anche con i prezzi bloccati

Chi nell’ultima settimana avesse seguito distrattamente le polemiche social sul caro abbonamenti del Napoli, oppure chi le avesse seguite con attenzione, ma conoscendo superficialmente la piazza azzurra, trarrebbe la conclusione che De Laurentiis ha compiuto un’operazione dal duplice sapore dell’ingiustizia sociale e dell’autogol commerciale: avrebbe inibito col nuovo scaglione economico frotte di tifosi pronte altrimenti ad abbonarsi. Non è così. Non ci sono elementi, se non (meno) il buon piazzamento della stagione passata e (di più) il benefit della prelazione per i biglietti di Champions, che fanno immaginare che la campagna abbonamenti per la stagione 2016-2017 sarebbe stata in significativa controtendenza rispetto a quella degli ultimi anni. Che è in continuo calo, a dispetto dei risultati sportivi e delle questioni di portafogli. Perché dall’orizzonte di vita dei napoletani l’idea di abbonarsi è uscita da un bel po’.

Se si guarda al trend (negativo) dell’ultimo decennio, il primo spartiacque si vive nella stagione 2008-2009. A pensarci oggi quasi non ci si crede, ma fino a quel momento la Napoli calcistica è entusiasta. La doppia promozione dalla C1 alla A (quella in massima serie festeggiata con caroselli che oggi non si farebbero per una Coppa Italia) e il piazzamento in Intertoto sono accompagnati da una crescita esponenziale degli abbonati, che in tre anni passano da poco meno di 20mila a 23mila sottoscrittori, nonostante un balzo repentino (che pure costa qualche mugugno) da 140 a 220 euro per le curve.

Quella dei 23mila è la miglior performance del decennio e pare destinata a essere a lungo il record da battere. La stagione dell’esonero di Reja e del mediocre finale di Donadoni, quella in cui si è passati dal piazzamento Champions di gennaio all’anonimato di maggio, per molti tifosi segna il ritorno coi piedi per terra. Si capisce che andare allo stadio non è solo una festa, che percorso del club azzurro può conoscere anche capitomboli, e da un anno all’altro si perdono 6mila abbonati destinati a non tornare mai più.

Il secondo spartiacque arriva due anni più tardi. Nell’estate del 2010 entra in vigore la tessera del tifoso, obbligatoria per poter sottoscrivere l’abbonamento. I gruppi organizzati, come è noto, ingaggiano una battaglia politica contro il documento voluto dal Viminale, in cui riconoscono uno strumento di repressione. Risultato: con il niet degli ultras si perdono più di 5mila abbonati, anch’essi destinati a sparire dal censimento del San Paolo.

Arriviamo ai tempi recenti. Dal 2011 al 2014 il tariffario non subisce variazioni: la curva rimane a 275 euro qualunque sia l’esito della stagione precedente. Nell’estate 2011 la prima qualificazione Champions dell’era De Laurentiis frutta appena 200 abbonati in più rispetto all’anno prima, mentre un picco di interesse di registra dopo il record di punti dell’ultimo anno di Mazzarri e durante l’estate dal mercato degli spagnoli. Il range degli abbonati, intanto, balla tra le 10 e le 12mila unità.

I preliminari col Bilbao sono il terzo e fatale spartiacque. La delusione fa inabissare sotto gli 8mila i sottoscrittori delle ultime due campagne abbonamenti. Ma nella parabola che porta il San Paolo a perdere più del 70% degli inquilini fissi in 8 anni non ci sono solo le svolte politico-calcistiche fin qui sinteticamente richiamate. La disaffezione dei napoletani verso l’istituto dell’abbonamento è un fenomeno determinato da più ragioni. C’entra l’eterna lotta sul papponismo che avvelena i pozzi, certo. C’entra la crisi economica (che a Napoli non manca mai), che rende più accettabile comprare dieci volte in un nove mesi un biglietto da 30 euro che spenderne subito 350 per 19 match casalinghi. Così come influiscono i riverberi locali di fattori globali, come la prevalenza della Tv, il tramonto dell’idea di militanza allo stadio da Prima Repubblica (che permetteva circa 25mila abbonati in una stagione infelice come la 1997/1998) e il calcio spezzatino, che rende più difficile programmare la frequentazione del San Paolo per chi arriva da fuori Napoli o per chi fa lavori dagli orari rigidi. Fatto sta che è un trend da cui non si torna indietro.

Veniamo a oggi. Prima della pubblicazione dei prezzi per c’era qualcosa che faceva immaginare una miracolosa ripresa degli abbonamenti? No. Possiamo dire adesso che l’attuale tariffario è destinato a far cambiare idea alla maggior parte di quelli che stavano pensando di tornare a frequentare Fuorigrotta una volta ogni due settimane? No. Di certo c’è solo una cosa: la campagna abbonamenti del Napoli non è economica, ma gli unici che possono dirsi danneggiati sono i vecchi abbonati, che non solo non si vedono riconosciuto nessun merito ad essere stati tra i pochi ad averci creduto un anno fa, ma pagano lo scotto maggiore. Il resto sono solo polemiche strumentali.

StagioneAbbonati (da Wikipedia e rassegna stampa)Costo curva (al netto dei diritti di prevendita e senza considerare sconti ai già abbonati)
2006-200719953140 euro
2007-200822852220
2008-200923000220
2009-201017000250
2010-201111820235
2011-201212000275
2012-201310500275
2013-201412500275
2014-20158200275
2015-20166500330

 

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