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L’Europeo vintage della violenza: le falle nella sicurezza francese e i timori per Russia 2018

L’Europeo vintage della violenza: le falle nella sicurezza francese e i timori per Russia 2018

La nostalgia è un sentimento fortissimo. Nel suo nome si scrivono manifesti politici e artistici, si orientano mode, si strutturano esistenze. Anche nel calcio la nostalgia ha il suo peso, basta dare una scorsa alle pagine Facebook a tema per verificarne il successo. Pur consapevoli della potenza dei revival del passato, però, non ci saremmo aspettati di vedere un Europeo anni 80. Una competizione vintage non per il gioco, per le interpretazioni tattiche o per i protagonisti, ma per la tipologia di tafferugli che lo stanno accompagnando.

A stupire non sono i disordini in sé: soprattutto in occasione delle competizioni Uefa, dove non si applicano i più rigidi regolamenti nazionali, si sa che possono capitare. Lasciano di stucco i corpo a corpo tra tifosi. Scene come quelle della battaglia di Marsiglia non si vedevano da decadi. Hooligan, cani sciolti, indigeni vogliosi di menare le mani, sedie che volano e tutti contro tutti. Cose che in Italia, per dire, non sono praticamente possibili e che, quando pure si verificano, sono considerate gravi. Per fare uno dei tanti esempi possibili, un mese fa, quando prima di Cavese-Reggina (play off di serie D) i tifosi di casa hanno fatto invasione per tentare l’assalto al settore ospiti (altro rito scomparso da tempo) c’è voluto un minuto perché intervenisse la celere e separasse le fazioni. Quando sabato scorso, dopo la sfida del Vélodrome, i russi hanno invaso la curva inglese, non si è vista la stessa solerzia.

E qui veniamo alla parola chiave: polizia. Se il principale nemico di tutti i gruppi ultras sono le forze dell’Ordine dipende da una cosa molto semplice: che gli ultras tra di loro si beccano sempre di meno, mentre di domenica in domenica (o quasi) si scontrano con “le tute blu”. Piaccia o no, il segreto del modello inglese (e dei suoi succedanei) di contenimento del tifo violento è banalmente questo: repressione. C’è da dire che funziona. Non elimina le pulsioni notturne delle tribù del calcio, ma almeno le imbriglia. Il concetto sembra essere sfuggito alle autorità francesi, tanto lassiste sulle questioni da stadio quanto vigili negli stessi giorni sulle manifestazioni sindacali.

Qualche interrogativo, intanto, viene: davvero all’Eliseo nessuno ha intuito che l’afflusso delle tifoserie di 24 Paesi suggerisse un programma di sicurezza? E poi. Seppure istituzioni civili e del calcio non ci sono arrivate in anticipo, possibile che neanche col senno di poi nessuno si sia preso la briga congegnare un piano per evitare che pochi giorni dopo gli scontri di Marsiglia, inglesi e russi se le dessero di nuovo a Lille? Il fatto che a entrambe le domande la risposta sembri essere “no” lascia perplessi. Innanzitutto perché la stessa Francia dovrebbe garantire la sicurezza del pubblico di Euro 2016 (e del continente) dall’Isis. Se non è capace di riconoscere e intercettare la minaccia di qualche migliaio di street fighter in palese movimento, chissà come se la cava con lupi della rete jihadista che si spostano sotto traccia.

Allo stesso tempo non rasserena la circostanza che i veri protagonisti di questi giorni sono i gruppi organizzati russi. In rete fiocca una ricca bibliografia sulla loro estrazione: addestrati nei boschi ai combattimenti all’ultimo sangue, farciti di ex militari ed ex poliziotti, vicini alla politica al punto che il Cremlino ha richiamato l’ambasciatore francese a Mosca per lamentarsi degli arresti di questi giorni. Se questi europei sono vintage anni 80, chissà i Mondiali in Russia del 2018 di che tipo saranno.

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