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Un Europeo di partite poco spettacolari: merito del calcio che evolve, colpa della competitività

Un Europeo di partite poco spettacolari: merito del calcio che evolve, colpa della competitività

Ieri sera si è giocata Portogallo-Croazia. Non è stata una brutta partita, eppure non ha esaltato. La presenza contemporanea, in campo, di veri e propri fenomeni del pallone (Modric, Rakitic e Cristiano Ronaldo le selle assolute) avrebbe potuto dare alla gara non tanto un esito, quanto uno sviluppo diverso. Un qualcosa di più spettacolare, aperto, divertente. E invece, 120 minuti di tensione, appena 11 conclusioni in porta (8 della Croazia, 3 del Portogallo) e una sensazione latente di noia.

Paradossalmente, è “colpa” della maggiore competitività. Due squadre piene di buoni calciatori, pure abbastanza bene organizzate, si sono fatte bloccare dall’importanza della posta in palio. Croazia-Portogallo è una situazione particolare, un ottavo che in realtà valeva già come un quarto di finale, per la forza delle contendenti quanto per l’anomalia di un tabellone che presenta la Polonia come abbinamento per il turno successivo. Ovvero una squadra, sulla carta, nettamente inferiore a entrambe. Se poi volessimo allargare il discorso, potremmo anche pensare al fatto che l’altro quarto di finale di incrocio potrebbe essere Galles-Ungheria (!). E che quindi Croazia-Portogallo potesse anche essere considerato come un telepass per la finale di Parigi (Belgio permettendo, atteso dall’ottavo con l’Ungheria).

Andando oltre la sfida tra Modric e Cristiano Ronaldo, c’è un discorso da fare sull’intero Europeo. Che non ha ancora, per ragioni di calendario, potuto partorire “belle partite”. Ovvero sfide equilibrate, tra squadre dal valore simile e tendente verso l’alto. Con una posta in palio alta, in modo da tenere su il valore dell’adrenalina. Croazia-Portogallo è stata la prima, ma è arrivata troppo presto. Per entrambe, soprattutto per i croati, perdere sarebbe stato un fallimento quasi epocale, data anche la formula del torneo. Che, tra otto anni, sarà narrato come il primo Europeo a 24 squadre e basta. E in cui, la Croazia probabilmente più forte di sempre dopo quella del 1998, si è arenata prestissimo, addirittura agli ottavi. Il resto dei match tra grandi squadre è stato influenzato da una formula dalle maniche troppo larghe: Italia-Belgio e Spagna-Croazia, le partite più belle ed emotive della prima fase, sono valse pochissimo. Tutte e quattro le squadre si sono qualificate senza problemi agli ottavi, e si sono pure potuti permettere il lusso di perdere una partita. Il resto, al di là dell’epica narrativa intorno alle squadre wild della competizione, ha offerto spettacoli calcistici di basso livello. A parte Polonia-Svizzera, un ottavo “vero” e perciò giocato nel modo giusto: due squadre che valgono i quarti ma che andando a casa non avrebbero vissuto nessun dramma. Pareggio giusto ai 120′, belle azioni, un gran gol (Shaqiri, che rovesciata) e il giusto pathos finale per la lotteria dei rigori. Una partita giusta, tra due squadre giuste, al momento perfetto della competizione. E, infatti, ci siamo divertiti.

Poi, c’è un discorso generale sul calcio. Che, oramai, ha raggiunto un certo equilibrio competitivo in tutto il continente. Basti pensare che l’Islanda domani giocherà gli ottavi contro l’Inghilterra dopo aver costretto il Portogallo al pareggio nel confronto diretto. Che l’Italia perde con l’Irlanda senza suscitare grandi clamori e che la stessa cosa succede a una Germania che perde con una Polonia. La competitività è più alta, lo spettacolo ne risente. C’è più attenzione tattica, l’evoluzione del gioco è continua e non sempre tendente al gioco offensivo. Anche perché, in competizioni come quelle tra nazionali, manca materialmente il tempo per poter impostare una squadra a trazione anteriore eppure equilibrata. Il Napoli di Sarri, ad esempio, non avrebbe modo di essere replicato in una rappresentativa: troppo complicati i passaggi, gli schemi e i meccanismi, per poter essere metabolizzati nello spazio breve di un ritiro preparatorio, senza passare prima da un lavoro quotidiano, continuo, sul campo. A questo, c’è da aggiungere che in nazionale ci vanno i migliori del mondo. Oggi, nel 2016, anche i migliori di Islanda e Ungheria colonizzano i campionati esteri. E non è un caso che tre delle sei eliminate ai girno (Russia, Ucraina e Turchia) siano le squadre con la maggior precentuale di calciatori provenienti da squadre del proprio campionato. 

Il vero Europeo inizia oggi, con l’ingresso delle grandi nazionali. Tocca a Francia e Germania, mentre domani sarà la volta di Italia-Spagna e dell’Inghilterra. In queste partite, forse, potremo rivedere un calcio almeno divertente se non spettacolare. Quello che è mancato a queste squadre anche nei gironi, fatti di partite giocate al 20% (tranne l’Italia, contro il Belgio: non a caso una delle partite più godibili della manifestazione) contro avversari facilmente battibili. Eppure, il tabellone venuto fuori dalla prima fase è stato pieno di sorprese, e l’abbiamo scritto e spiegato qui. Due facce della competitività, una positiva (la meritocrazia) e la scarsa spettacolarità delle partite più sporche. Il cambio di regolamento, ovvero il passaggio a 24, è stato bello, al passo con i tempi, positivo per le piccole squadre. Forse inevitabile. Ma ha portato a situazioni limite come questa. In attesa di entrare nel vivo, ci consoliamo con il ricordo di alcune partite del calcio di club. Alcune esibizioni del Napoli possono andare pure bene. Sono tutta un’altra cosa.

Ps. Per capire cosa diciamo, vi linkiamo a un pezzo su Portogallo-Croazia pubblicato pochi minuti fa da l’Ultimo Uomo, rivista online di approfondimento calcistico famosa per le sue analisi tattiche. Basta il titolo: «Una bella, brutta partita – Croazia-Portogallo è stata una partita di grande livello, ma qualcuno sarà morto di noia». Esattamente quello che intendevamo dire.
 

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