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Signor Conte, siamo davvero tutti Sturaro?

Signor Conte, siamo davvero tutti Sturaro?

Allons mes enfants, ovverossia la ricreazione è finita. Dal ritiro di Montpellier, città della regione della Linguadoca famosa per l’Università nella quale Petrarca iniziò i suoi studi, Antonio Conte ha sparato un annuncio pieno di ovvietà («La mia Nazionale è una squadra vera, non solo una selezione») e traboccante di enfasi – addirittura patriottica in questo caso – ma i media lo hanno preso per buono garantendogli il titolo a tutta pagina che il CT, separato in casa e con la testa già a quel quartiere di Londra dove andrà tra breve ad abitare, aveva sollecitato in nome della ragion calcistica di Stato. E sua, che pure è importante. Nessuna meraviglia, nel Belpaese calcistico usa così.

L’annuncio lascia poco spazio all’immaginazione e al gioco delle tre carte. In buona sostanza, Conte ha voluto trasmetterci una convinzione che, purtroppo, era già nostra: questa Nazionale, a meno di clamorosi colpi di scena che tutti ci auguriamo beninteso, si è autoesclusa dai grandi giochi. In campo metterà tutto l’ardore delle squadre di Conte, che è un motivatore straordinario, ma poco gioco. Cioè la formula-Juve con la differenza che in bianconero Conte ha potuto fare affidamento, oltre che sul formidabile blocco difensivo, su centrocampisti e attaccanti di valore mondiale, mentre qui è costretto a fare le nozze con i fichi secchi. Senza nessuna offesa per Pellè e Eder al cui confronto Lorenzo Insigne è un fulmine di guerra per classe e capacità balistiche. Se tanto mi dà tanto, ci ha voluto anche dire che in queste condizioni sarà difficile, per non dire impossibile, mettere in piedi una squadra in grado di competere con le big storiche – Francia, Germania e Spagna – e con le nazionali emergenti, Belgio in testa, e Inghilterra. Il Ct ha inteso mettere le mani avanti, insomma, a noi tocca il ruolo di outsider, ma la difesa di ufficio non annulla le perplessità, anzi le accresce e scaturiscono proprio dalle scelte del Ct he ha puntato sulla quantità – cioè sulla fisicità – dei giocatori piuttosto che sulla qualità che è il collante indispensabile per tenere unita la squadra e l’equilibrio tra i reparti. È vero che è stato costretto a rinunciare a Verratti e a Marchisio ed è vero anche che De Rossi e Thiago Motta si mantengono in piedi per scommessa, ma se colpa c’è è quella di aver tenuto in scarsa considerazione che in una competizione così massacrante e senza respiro come un campionato europeo, contino, paradossalmente, più la tecnica e la fantasia che la forza fisica e l’aggressività. A parità di stanchezza e di stress agonistico, insomma, la classe e la capacità di inventare gioco valgono di più dell’attitudine a non prendere gol. Di sola difesa si muore, insomma, soprattutto quando le gambe non reggono più la fatica di incontri tanto ravvicinati e tiratissimi.

Sotto questo profilo, caro Conte, deve ammettere che siamo messi piuttosto male e che, di conseguenza, la decisione di lasciare a casa Jorginho per non rinunciare al fido e rude Sturaro – un giocatore che a noi piace, si badi bene – non convince. E sollecita anche cattivi pensieri perché appare una scelta obbligata dallo spogliatoio. E lei comprende che se questo rispondesse a verità, il suo annuncio si sfarinerebbe come neve al sole e quella messa in piedi correrebbe il rischio di essere considerata davvero una selezione, cioè un elenco di nomi, piuttosto che una squadra vera che ha bisogno disperato di un regista ma se ne porta dietro soltanto uno che per giunta si regge a malapena in piedi. E c’è anche un’altra ragione della quale tenere conto: pur volendo tenere per buono il criterio al quale il tecnico si sarebbe ispirato, a scorrere l’elenco ci si rende conto che gli Sturaro abbondano – nel senso delle caratteristiche del giocatore, lo ripetiamo – ma di Jorginho non ce n’è perché con tutta la buona volontà di questo mondo Bernardeschi fa un altro mestiere. Caro Antonio, la verità è che non siamo tutti Sturaro. E Lei deve farsene una ragione anche in vista del difficilissimo compito che lo attende al Chelsea dove dovrà fare i conti ogni sabato con l’avversario di turno e con il fantasma del passato.

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