Tutto il mondo è paese, nel calcio e nella politica. Così, tutto quello che sembra in realtà splendente e ben funzionante racconta invece di grosse difficoltà, soprattutto nell’appartenenza e nell’identità. Il caso dell’indipendentismo della Catalogna in relazione alla Spagna unita e al calcio trova un nuovo momento di tensione: il governo di Madrid ha infatti deciso di vietare, per la finale in programma domani sera tra Barcellona e Siviglia, che i tifosi culé possano entrare al Vicente Calderon di Madrid con le bandiere catalane.
Una decisione che, ovviamente, è finita immediatamente al centro della polemica. Il presidente della Generalitat, il governo catalano, Carles Puidgemont, e il sindaco di Barcellona, Ada Colau, hanno già reso noto che diserteranno la finale di Coppa del Re. Le parole di Puidgemont: «Non sono d’accordo con la decisione e non andrò alla finale. La Estelada è una bandiera legale e democratica, la si può vedere sui balconi di Barcellona e nelle mani di milioni di catalani che in essa vedono un simbolo di libertà».
Ci sono dei precedenti, ovviamente, che in qualche modo hanno portato il governo di Madrid a prendere questa decisione. In ogni finale in cui partecipa il Barcellona, il rischio è quello di una sovraesposizione di questo vessillo, chiamato Estelada, unita alla “classica” marea di fischi all’inno spagnolo. Un po’ come quelli dei tifosi napoletani a tutti i simboli italiani. Il tutto proprio davanti al Re, che dà il nome alla coppa nazionale e che è pure presente allo stadio.
Dura la reazione anche del Barcellona (inteso come club), che ha parlato di «Attentato alla libertà di espressione, un diritto fondamentale di tutti gli individui». Il presidente Bartomeu, si legge sulla prima pagina di As, ha invece confermato la sua presenza alla partita ma non quella sul palco accanto al Re di Spagna. La finale è domani, la polemica non accenna a diminuire.
