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Bidoni sudamericani a Napoli/2. De Laurentiis pesca male: Datolo, Santana, Armero

Bidoni sudamericani a Napoli/2. De Laurentiis pesca male: Datolo, Santana, Armero

Qualche tempo dopo la prima puntata (qui), riprendiamo il racconto un po’ surreale dei calciatori sudamericani che non sono riusciti a farsi apprezzare sotto il Vesuvio. Oggi, tre racconti abbastanza recenti: Jesus Datolo, Mario Santana e Pablo Armero. 

Può un calciatore farsi ricordare per una sola partita, tra l’altro neanche intera? Sì, può. Citofonare a Jesus Datolo per farvi spiegare come si fa, soprattutto in relazione all’importanza contingente e persino storica della partita in questione. Datolo, infatti, è stato l’uomo decisivo in Juventus-Napoli 2-3. Una vittoria epocale, giunta 21 anni dopo l’ultima affermazione del Napoli in casa dei bianconeri. Una roba assurda, una rimonta iniziata proprio nel momento in cui, dalla panchina, Mazzarri tira fuori l’asso nella manica. Che è questo esterno argentino, classe ’84, acquistato da De Laurentiis e Marino direttamente dal Boca Juniors.

Il suo fu anche un acquisto bello importante nell’economia del mercato azzurro: il prezzo (6.5 milioni di euro) e il contratto quinquennale dicono infatti il Napoli aveva intenzione di costruire qualcosa su questo ragazzo. E poi la presentazione in pompa magna al San Paolo, prima di Napoli-Udinese del 31 gennaio 2009. Maglia col numero 15, sciarpa e giro di campo. L’esordio il 14 febbraio 2009, in un Napoli-Bologna non proprio indimenticabile. Poi, altre 8 presenze in assoluto anonimato, prima con Reja e poi con il subentrante Donadoni. La nuova stagione sembra l’abbrivio di un grande avvenire: è il titolare designato della fascia sinistra, al massimo il contraltare offensivo di Dossena, e in più il nuovo ct della nazionale Argentina, Diego Maradona, si innamora improvvisamente di lui. Tre presenze e due gol con l’Albiceleste, a cavallo tra l’agosto e il settembre 2009, sembrano disegnare una nuova stella argentina nel segno di Napoli. Solo che, nel frattempo, la squadra non gira. Il cambio in panchina è necessario e benedetto, Mazzarri rileva Donadoni e il Napoli riprende a volare. Senza Datolo, però, che ammuffisce in panchina mentre Dossena (o Aronica) imperversano sulla sua fascia sinistra. Fino alla notte di Halloween, a quell’ingresso spaccapartita e a quel gol che resterà l’unicum in maglia azzurra. Abbiamo parlato qui di quella partita, parleremo qui di quello che successe dopo. Perché Mazzarri continuerà ad utilizzare Datolo col contagocce, e a gennaio si consumerà l’addio. Colpa di un servizio fotografico in Argentina, per un settimanale di cultura gay, non autorizzato dalla società. Un mezzo prestesto per liberarsi di un calciatore al di sotto delle aspettative. Che oggi gioca nell’Atletico Mineiro dopo essere passato per l’Internacional, l’Olympiakos, l’Espanyol. Ma che a Napoli ricordano solo per quella mezza partita lì.

Come Datolo, peggio che Datolo. Perché dell’esperienza di Santana a Napoli si ricorda solo una partita, però in negativo. Più che di lui, si ricorda quella partita per una scelta un po’ così di Walter Mazzarri, che scelse proprio l’ex Fiorentina come mediano (!) in un centrocampo a due (!) per una partita in trasferta.

Antefatto: Santana è un’ala tutto pepe che ha sempre fatto bene, in Italia, con le maglie di Palermo, Chievo e Fiorentina. Un calciatore affidabile perché estroso, trequartista largo di fantasia perfetto per interpretare il ruolo di laterale in un tridente offensivo o di ultimo centrocampista in una linea a quattro. Due ruoli che nel Napoli di Mazzarri, semplicemente, non esistono. La difesa a tre con i due tornanti esclude la presenza di esterni offensivi, il triangolo offensivo Lavezzi-Hamsik-Cavani gioca su dinamiche di interscambio che non hanno riferimenti fissi sugli esterni. Al massimo, Santana è un vice-Lavezzi con caratteristiche differenti. Una variante in panchina, forse un po’ fuori dal contesto tattico ma pure utile per differenziare un po’.

Ebbene, eccoci a Catania-Napoli. Nel frattempo, perchè siamo a fine ottobre, l’argentino ha giocato due partite da titolare e altrettante da subentrato. Quella sera, Mazzarri lo sceglie come partner a centrocampo di Inler. Dzemaili in panchina, un po’ di turnover in vista della sfida col Bayern in settimana. Non una scelta felice, perché nonostante il vantaggio immediato segnato da Cavani, il Napoli soffre il dinamismo degli etnei a centrocampo. Bastano 42 minuti, a Santana, per portarsi a casa due sacrosanti cartellini gialli. Napoli in dieci, partita finita. Così come l’avventura dell’argentino in maglia azzurra, con appena altre 2 presenze per 35 minuti totali. Una bocciatura senz’appello. A gennaio finisce al Cesena, in prestito, poi andrà ancora in leasing al Torino per tutta la stagione 2012/2013. L’addio definitivo nell’estate successiva. Oggi, gioca nella Pro Patria.

Uno degli acquisti “certi” o per meglio dire “certamente migliorativi” che finiscono per trapanare l’acqua. Strana la storia di Pablo Armero, oggetto del desiderio perpetuo del Napoli e di Mazzarri che arriva in Campania nel gennaio del 2013. È (sembra) il rinforzo perfetto per gli azzurri: un’alternativa più offensiva a Zuniga, il perfetto alter ego di Dossena appena ceduto al Palermo. E poi, qualità di corsa e di piede per i cross dalla sinistra, una manna per il 3-5-2 mazzarriano.

Invece, va diversamente: 15 partite in totali, di cui solo 4 da titolare, in tutta la sua prima stagione sotto il Vesuvio. Un po’ poco, ed è colpa soprattutto del tecnico toscano: in queste gare a spezzoni, il colombiano confeziona infatti anche 3 assist decisivi per i compagni. Un po’ la solita storia del “tempo di adattamento” che lascia sempre un po’ perplessi, soprattutto quando si parla di calciatori professionisti già avvezzi ai massimi campionati.

In questo caso, “il tempo di adattamento” diventa tempo che passa e spariglia le carte in tavola. A sei mesi dal suo arrivo al Napoli, Benitez rileva Mazzarri e buonanotte al secchio per Armero. La difesa a tre scompare dai radar, ecco una linea a quattro di stampo iberico che non può trovar spazio a un calciatore nominalmente tornante, più realmente esterno offensivo che si impegna a coprire tutta la fascia. Benitez fa di necessità virtù, prova pure ad inserirlo. Anzi, vi è pure costretto, perché non ci sono grandi alternative nel ruolo. Poi arrive Réveillère, che in qualche modo fa fiutare l’aria in vista di un gennaio che porterà a un addio quasi naturale. Nel frattempo, Armero ha messo insieme altre 18 presenze in maglia azzurra, sempre senza convincere appieno. E stavolta, la colpa sembra soprattutto sua. Nel mercato invernale, il Napoli acquista Ghoulam e Pablo finisce in prestito al West Ham (5 partite in tutto). Poi gli azzurri e l’Udinese risolvono le comproprietà, con Armero che viene preso, sempre in prestito, prima dal Milan e poi dal Flamengo, per 12 presenza complessive. Domenica scorsa l’abbiamo visto in campo, contro di noi. Esterno in un 3-5-2, ovviamente.

2. Continua
Qui il link della prima puntata

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