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Un interista e un napoletano davanti a una bottiglia di Mezcal

Un interista e un napoletano davanti a una bottiglia di Mezcal

Discorso sui massimi sistemi

Ovvero: come stabilire il valore vero di un bicchiere di Mezcal?

Personaggi:

Philou: oste, è il demone guida

Prat: regista, tifoso dell’inter, è il demone sincero

‘Uccio: scrittore, tifoso del Napoli, è il demone menzognero

La scena si svolge nell’ El Cafè Bar, di proprietà di Philou

Il Mezcal è il liquore più prezioso dell’El Cafè Bar ma Philou da vent’anni non sa assegnargli un prezzo, dirottando, ogni volta che qualcuno gliene ordina un bicchiere, la discussione sul concetto di valore: mette un bicchiere davanti al cliente e uno davanti a lui e comincia la discussione, se quest’ultima si mostrerà valida per l’oste, egli riempirà anche il suo bicchiere, altrimenti sarà sfilata la carte bleu. Il bicchiere per il Mezcal è una mezza noce di cocco privata della sua polpa e ricoperta da una resina vegetale e dolciastra, accanto sono servite delle fettine d’arancia e piccolissime cavallette essiccate per lo spasso di grignottare.

In questo caso le mezze noci di cocco sono tre, una per Prat, una per ‘Uccio e una per Philou, due piene una vuota. Si comincia.

Dal tablet parte Hallogallo dei Neu.

Philou: Questo fine settimana si scontrano le vostre squadre e ho letto qualcosa a riguardo; ho come la sensazione che per i Napoletani ogni partita abbia una storia dietro e per gli Interisti ogni partita sia un’occasione mancata.

Prat: I Napoletani hanno una storia di grandezza dietro ogni cosa, sono sempre stati qualcosa un tempo che li autorizza a essere qualcosa ora.

Uccio: Gli Interisti sono un’occasione persa, potevate essere la parte simpatica di Milano, poi avete deciso di essere esteticamente inessenziali e l’occasione è sfumata. Nell’immaginario di un perdente quale io sono in quanto fiero Napoletano, lo Juventino è il subdolo potere, il Veronese il razzismo ottuso e il Milanista la ricchezza elegante che lo sbeffeggia. L’Interista, dai tempi dell’università, appare invece come il fuori sede che viene col pigiama in aula, fa tutti gli esami, ma sa di caffè latte e banana.

Pr: Bisogna accettare la realtà, fa tutti gli esami è una definizione efficace di cultura che voi non avete e che addirittura non rispettate: saremmo anche esteticamente inefficaci, ma voi di estetico non avete più niente e di efficace, bocca taci altrimenti mi prendete per un razzista.

U: Il tuo non è razzismo, è qualunquismo, e in quanto al realismo, tu sei di Milano?

Pr: No

U: sei un fuorisede, non hai il pigiama è vero, ma è anche vero che non siamo in un’aula d’università.

Ph: Deve necessariamente diventare una lotta tra nord e sud tra Italiani? (stringe il tappo del Mezcal)

Pr: Sarà sempre così perché esistono due, tre, quattro, decine di identità per uno spazio piccolissimo. I dialetti Parigini nascono nelle banlieues, perché lì ci sono gli stranieri che si infilano nei suoni delle erre arrotate, gli ex colonizzati che colonizzano. L’Italia è tutta colonizzata da se stessa e c’è un dialetto per regione, una variante per città e un’alterazione per frazione.

U: Il discorso è vecchio e costante

Pr: Esatto, allora perché non cambiarlo? Inter e Napoli si affrontano, parliamo di quanto c’è, i dialetti si fonderanno

(il tappo si allenta leggermente)

Ph: Higuain non giocherà. Vero?

Pr: No, e mi dispiace, sarà la bellezza del match a risentirne. In fin dei conti lo sguardo su una partita di calcio è sull’istante, sull’azione che avviene, tutto quello che ci gira attorno può essere inessenziale.

U: Io non sono d’accordo, la bellezza deve essere assente. Questa storia del Pipita mi ricorda una versione dell’iliade che lessi da qualche parte, al momento dello scontro tra Greci e Troiani, mancavano due cose: il denaro, in quanto puro, assoluto, avrebbe rubato la scena a tutto il resto, si sarebbe combattuto per lui, e la bellezza in quanto soggetto, Elena. Pare che la farfallona fosse, in quel frangente di buoni vent’anni, sotto la protezione del re d’Egitto; i due popoli si scontravano in guerra per decidere chi dei due avesse la bellezza ed Elena era la più bella tra le belle, ma non poteva essere presente tra le mura di Troia, doveva essere assente, perché bisognava lottare per la bellezza, non per la bella. I Greci la bellezza ce l’avevano, Achille, per questo la storia dei piedi delicati, Achille doveva morire. Il Pipita non ci deve essere, noi lottiamo nell’oscurità di Manolo che mantiene tutto nel mito della forza.

Pr: La perversione per la bellezza è un argomento che mi preoccupa, mi suona come una scusa impudente. Ricordo l’episodio Toby Dammit del film Tre passi nel delirio, quell’episodio è diretto da Fellini e tratto da Mai scommettere la testa col diavolo, un racconto di Poe; ecco, mi sembra che si giochi allo stesso pericoloso divertimento insensato, ci si lascia trascinare dalla sottigliezza non per complessità, ma per riempire lacune, enormi lacune. Per questo io amo quello che vedo, per non dover poi girarci attorno per non aver visto niente.

U: Io invece credo che non si veda mai niente, per questo ci si gira attorno, è il passatempo degli uomini.

Pr: Singolare che tu dica passatempo, l’Inter è nata nel ristorante l’Orologio, sappiamo passare il tempo per definizione contrattuale.

Ph: Il tempo e la bellezza sono sempre in contrasto fra loro, credo sia questo il vostro puto di separazione. Il mio primo matrimonio è avvenuto in Messico, come viaggio di nozze facemmo una camminata di chilometri nel deserto gustando il convolvolo magico dell’ololiuqui, procurandoci un realismo spinto in cui il tempo si dilatava e la bellezza era del tutto assente, c’era solo respiro, caldo, luce. In Messico conobbi anche il culto di Santa Muerte e fu la prima volta che sentii parlare della purezza della morte, pura come ciascuna delle cose che vivevi singolarmente sotto effetto dell’allucinogeno, il respiro, il caldo e la luce. La morte è assente come il denaro, come la bellezza, per questo se ne può parlare.

Pr: Sì, ma per parlarne c’è bisogno di tempo, perdiamo l’attimo di realtà e ne parliamo nel tempo, c’è un’azione di Higuain e ne parliamo nel tempo. Io preferisco guardare e non parlare, forse voglio ingannare il tempo.

U: Ingannare qualcosa che non esiste? Forse siamo noi ad essere ingannati allora. A Piazza del Gesù, osservando la statua della Vergine da dietro si vede la morte armata di falce, le due purezze messe insieme, due purezze che si contaminano. Avendo ben chiaro che ogni cosa è isolata, si capisce che il tempo è il legame, vero o falso poco importa, che crea ogni cosa, la lentezza giusta per l’esistenza; il fisico Sean Carroll ha detto che il tempo è l’invenzione della natura perché non accada tutto contemporaneamente.

Pr: Allora il tempo tra Inter e Napoli servirà a far accadere qualcosa di bello e a permetterci di accorgercene con il tempo.

La bottiglia è aperta, il Mezcal si versa nel terzo bicchiere.

Ph: E anche oggi vi è andata bene, bevuta gratis.

Hallogallo ha fatto il suo tempo.

Personaggi, luoghi, discussioni, bicchieri e liquori esistono realmente, il resto è inventato nel rispetto dell’insensatezza.

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