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Dudek spara a zero su Benitez: «È disumano, lo avrei picchiato, ma è un genio calcistico»

Dudek spara a zero su Benitez: «È disumano, lo avrei picchiato, ma è un genio calcistico»

Un altro che si aggiunge alla lista degli haters. Forse è il destino di Benitez quello di dividere tutte le persone che incontra lungo il suo cammino. A Napoli ne sappiamo qualcosa. Ma anche a Liverpool e in Inghilterra dove oggi si registra l’ennesimo passaggio controverso sull’allenatore spagnolo. Porta lafirma del portiere polacco Jerzy Dudek (“Jerzy Dudek: A Big Pole In Our Goal” il titolo della sua autobiografia), protagonista assoluto della finale di Istanbul 2005 contro il Milan con i rigori parati a Pirlo e Shevchenko e una parata che ha del miracoloso proprio su un tiro di Sheva a un minuto dai rigori. 

Dudek nel libro racconta la sua storia, di portiere nato nelle fila del misconosciuto club polacco del Sokóc Tychy e approdato al Feyenoord a 23 anni con zero fama nel calcio europeo. La sua è una parabola di crescita: il club olandese, la maglia da titolare e il passaggio al Liverpool nel 2001, da portiere della nazionale polacca. Poi, l’incontro con Benitez. Che è uno scontro tra personalità forti. Perché il racconto che viene fuori dal libro, un romanzo semiserio sull’intera carriera di Dudek, riconosce al tecnico spagnolo le sue doti di uomo di calcio: «All’inizio della prima stagione dopo la vittoria in Champions, mi ritrovai con un nuovo rivale, Jose “Pepe” Reina. Il Liverpool acquistò il calciatore dal Villarreal per 6 milioni di sterline. Ovviamente non ero felice della situazione, mi sembrava di essere un pompiere che aspetta di essere chiamato quando c’è da spegnere un incendio, mi sentivo trattato ingiustamente dopo quella finale, ma con Benitez è così che funziona. Lui è freddo, quasi disumano e guarda solo ai suoi interessi, ma questo non gli ha impedito di essere un allenatore geniale, perché ha una grande conoscenza calcistica. Quando gli andai a parlare, cercò di calmarmi dicendomi che l’arrivo di Reina non significava che mi avrebbe lasciato andare via. Ma se compri un giocatore per così tanti soldi, non puoi lasciarlo in panchina, così trovammo un accordo: fossero arrivate delle offerte serie, il club le avrebbe valutate e l’allenatore mi assicurò che ‘avremmo trovato una buona soluzione per tutti».

«Io adoravo stare a Liverpool – si legge -, ma era chiaro che Benitez non mi voleva. Fossimo stati in Polonia, la stampa ne avrebbe fatto un caso, ma in Inghilterra non ho avuto lo stesso appoggio e quando venne fuori la storia che guadagnavo fra le 60 e le 70 mila sterline a settimana e che Benitez voleva vendermi per quel motivo, sospettai che quelle voci fossero state messe in giro apposta per mettermi contro i tifosi. Capitò un’offerta del Colonia, e Benitez mi disse che il trasferimento sarebbe stato quello giusto per me. Solo che poi, dopo, mi fu detto dallo stesso club tedesco che Benitez non aveva mai parlato con loro. A quel punto, dopo un durissimo confronto al termine di un allenamento, avevo seriamente pensato di colpirlo con un fottuto pugno in faccia e sistemare definitivamente la questione. Tutti i compagni vedevano quanto fossi arrabbiato, e dentro di me sentivo una voce che mi diceva ‘Dagli un cazzotto in faccia, daglielo e ti lascerà andare via’. Mi sono trattenuto perché ho pensato a cosa sarebbe potuto succedere, ma giuro che davvero avrei voluto».

In un altro estratto dell’autobiografia, un secondo riconoscimento al Benitez uomo di campo e un ennesimo attacco alla sua dimensione umana: «Se esistesse l’allenatore ideale, sarebbe un mix fra le qualità di Mourinho e quelle di Rafa. José gode di maggior rispetto nello spogliatoio, perché ha più carisma e parla coi suoi giocatori, aiutandoli a capire ed accettare le sue richieste, a differenza invece di quanto fa Benitez, che ha sempre dei problemi nella gestione del gruppo, perché è freddo e duro quando si tratta di prendere delle decisioni e mette continuamente un muro fra lui e i suoi giocatori».

Dudek, come detto, è solo uno della lista. Nel corso degli anni, molti ex calciatori allenati da Benitez hanno dimostrato insofferenza nei confronti dei metodi dell’allenatore spagnolo. Basti pensare a Materazzi, in Italia, o alle accuse di eccessivo turnover rivoltegli dai suoi calciatori durante l’esperienza al Real Madrid, con Sergio Ramos e Benzema come portabandiera del malcontento. Fino alle durissime critiche di Steven Gerrard, capitano e uomo simbolo del suo Liverpool. Nella sua autobiografia (un’altra), l’ex idolo di Anfield scrisse di non essere mai piaciuto a Benitez come persona e che la colpa della cessione di Xabi Alonso al Liverpool era tutta del tecnico madrileno. Un attacco in piena regola, che Benitez non ha mai smentito o cercato di ridimensionare. Perché Rafa Benitez è uno che divide. Sempre, comunque. E fino alla fine. Pochi i calciatori che lo hanno difeso. Tra questi, lo stesso Reina e Mascherano.


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