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Centomila tifosi scrivono all’Uefa per combattere il razzismo negli stadi. Dall’Italia aderisce un solo gruppo

Centomila tifosi scrivono all’Uefa per combattere il razzismo negli stadi. Dall’Italia aderisce un solo gruppo

Momento difficile per il tifo calcistico europeo. La protesta per il caro biglietti impazza in tutto il continente, ma ora c’è un altro tema caldo anche in Italia: il razzismo. Un gruppo di associazioni di tifosi, rappresentante di circa 100mila appartenenti a club e nazionali europee, ha pubblicato una lettera aperta all’Uefa per chiedere una revisione strutturata dei regolamenti riferiti ad episodi razzisti.

Tra i firmatari della lettera, anche la Fse (Football Supporters Europe, comitato europeo di tifosi) e un solo gruppo di tifosi italiani, il MyRoma. Assenti i gruppi di tutte le altre squadre della massima serie italiana e della nazionale azzurra. Presenti numerosi gruppi della Premier League e della Liga spagnola.

Il testo della lettera (che è possibile consultare qui sul sito di Copa90), in primo luogo, accetta e condivide la politica di tolleranza zero dell’Uefa nei confronti di comportamenti razzisti. Si legge: «I gruppi di tifosi firmatari e la Uefa sono uniti nella convinzione che il rispetto reciproco debba essere parte integrante dei valori fondamentali del calcio. Questo dovrebbe applicarsi a tutti, dentro e fuori dal campo». Il tono però cambia subito dopo, quando si rifiuta la generalizzazione delle punizioni nei confronti di interi stadi o settori per quelli che vengono definiti come «azioni spregevoli di una minoranza di tifosi». In parole povere, i gruppi di tifosi chiedono di non fare di tutta l’erba un fascio e di colpire solo i responsabili dei comportamenti razzisti. «Sanzionare tutto il pubblico – prosegono i firmatari – è una mancanza di rispetto verso coloro che non fanno niente di male. Questo tipo di comportamento inaccettabile, che è di solito riconducibile a un piccolo gruppo senza rispetto verso l’intera folla, sta mettendo a rischio la credibilità dell’impegno della Uefa contro il razzismo. Quello che potrebbe rappresentare il più grande gruppo di alleati della Uefa nella lotta contro la discriminazione nel calcio – i tifosi,  spesso definiti la “linfa vitale del gioco” – sono degradati anche se innocenti, esattamente quanto i reali trasgressori».

Subito dopo, la richiesta ufficiale: «In questo contesto, vi invitiamo a modificare i regolamenti e a dirigervi verso un sistema credibile e sostenibile, in modo che anche i tifosi possano aiutarvi e ridurre al minimo la discriminazione. Il tutto, nel rispetto degli interessi dei tifosi, una delle principali parti interessate». A sostegno di questa istanza, gli autori della lettera riportano i dati elaborati nel Congresso dei Tifosi europei di Football Supporters Europe (FSE), svoltosi nel 2015 a Belfast. Secondo quanto riportato dai firmatari, i provvedimenti attuati dai club (lo spostamento delle frange notoriamente razziste in altro settore dello stadio, ad esempio) provocano la “messa in vetrina” ulteriore di certi atteggiamenti e una emarginazione aumentata dei tifosi sani. 

Come risolvere, allora, il problema? Ecco la soluzione per i tifosi secondo i tifosi: «Noi crediamo che la responsabilità sociale del calcio – a maggior ragione dei suoi organi di governo – in questo importante settore dovrebbe andare oltre la produzione di immagini artificialmente accettabili o superficiali per la televisione o un pubblico più vasto; bisogna dare un contributo sostenibile, per sradicare realmente il problema della discriminazione nel gioco occorre lavorare direttamente a livello di club. Le nostre esperienze di diversi paesi mostrano, in pratica, che un miglioramento sostenibile del comportamento dei tifosi può essere raggiunto solo in stretta collaborazione con loro. L’attuale sistema progettato per intensificare la lotta contro il razzismo, tuttavia, è sempre più visto come un attacco a tutti gli appassionati. Facciamo appello alla Uefa di rivedere la politica di punizioni collettive, in particolare di abolire immediatamente l’ingiustizia clamorosa dell’esclusione dei tifosi in trasferta, che non hanno nulla a che fare con episodi di razzsismo». Ecco che, come si può leggere nell’apertura del link a Copa90, la decisione dell’Uefa di riaprire lo stadio di Kiev per l’andata degli ottavi di Champions contro il Manchester City (originariamente, lo stadio della Dinamo era stato squalificato proprio per episodi razzisti) è stata vista come «un passo in avanti» da parte dell’Uefa. 

La posizione dei tifosi, soprattutto declinata in questi termini di volontà di partecipazione alle politiche antirazziste dell’Uefa, è accettabile, per qualcuno condivisibile. Quello che non può esserlo è l’assenza di partecipazione italiana a una battaglia che ci coinvolge molto da vicino, dal caso di Koulibaly fino ai casi di discriminazione territoriale.

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