Ecco l’articolo che Gianni Brera scrisse per Repubblica dopo la vittoria del Napoli sulla Juventus per uno a zero con gol di Maradona su punizione.
BELLO e furente come non lo ricordavo da tempo, il Napoli ha solennizzato la IX giornata battendo la Juventus, che non aveva mai perso un punto dall’ avvio. Otto vittorie in otto partite!: era indubbiamente questo un primato importante e minaccioso, che Giovanni Trapattoni dev’ essere sinceramente lieto di non aver migliorato. Egli è infatti un tipo che pensa e che di calcio sa quasi tutto, anche le statistiche inerenti i ritmi di marcia. Se la Juventus avesse continuato a vincere, avremmo tutti o quasi tutti pensato che alla lunga sarebbe morta di sé medesima; e ancora, che il campionato era, è così povero da non poterle opporre avversarie degne. Meglio così, dunque, per la stessa Juventus; meglio per il Napoli, che sta acquisendo sempre più nitida coscienza dei propri mezzi; meglio per il Milan, che è secondo a tre punti, e persino meglio per l’ Inter, che il Napoli ha appena affiancato in classifica.
La diva Juventus conserva un vantaggio di ancor larga entità e vanta un formidabile +3 secondo media inglese. Si appresta a farla fuori – domani! – con il Verona in Coppa Campioni e, eventualmente passato il turno, dovrà ancor più limitarsi nello spendere energie (che non è ovviamente sinonimo di sperperare). Non dovesse invece passare il turno – come è anche possibile – la Juventus potrebbe dedicarsi con il meglio di sè alla conquista del ventiduesimo scudetto: allora sì che sarebbe un record storico!: quante altre squadre al mondo possono vantare così nobilitante passato?
Che la Juventus dovesse perdere a Napoli era quasi inevitabile. Vi era attesa con un’ansia che per una volta non è enfatico nè esagerato definire spasmodica. Quest’ ansia derivava dalla ben nota emotività dei Tirreni ma anche dalla felice e persino generosa sicumera con cui Diego Armando Maradona parlava di scudetto. Alla lunga, per prudenti e riflessivi che fossero, ci hanno creduto anche i napoletani veraci. Alla Juventus debbono essersi resi conto della situazione psicologica e hanno preteso che l’ albergo che per solito li ospita, in via Partenope, mettesse a loro disposizione l’ ottavo piano. Il povero Luciano De Crescenzo, scrittor optimus, che aveva ottenuto una stanza al secondo piano, mi ha confidato di non aver potuto chiudere occhio tutta notte.
I moltissimi pietromicca di Napoli hanno inscenato fervidi caroselli sul lungomare, hanno premuto su clacson e trombe infernali: insomma, hanno dato un’idea abbastanza precisa di quanto sarebbe accaduto il domani al San Paolo… Per buona fortuna, mancava ai bianconeri Lionello Manfredonia: altrimenti, chissà gli sconquassi! dall’altra parte, stava in agguato Bagni come un tigre: non solo ha cancellato Platini – che tiene famiglia e quindi va capito – ma ha provocato temerariamente anche Brio, il quale mi ricorda il protagonista del racconto steinbeckiano “Of mices and men”. Ho detto che l’ assenza di Manfredonia doveva considerarsi una fortuna: ovviamente, per coloro che presiedono al mantenimento dell’ ordine pubblico. Sul piano tecnico-tattico, invece, la Juventus ha perso moltissimo senza il suo centromediano metodista: se non sono troppo irriverente, direi che è caduta squadra normale: le è venuto meno il perno del gioco. Privata della protezione di Manfredonia, ha molto sofferto anche la difesa, e l’ attacco non ha mai avuto rifornimenti apprezzabili. Platini stava in disparte, fuori da ogni schema, Bonini si sfiatava dietro a tutti, Mauro doveva badare a Carannante, che l’allenatore Ottavio Bianchi ha indotto a duettare con chiunque lo cerchi sull’estrema. Ho visto spesso in azione da quella parte Maradona e Bertoni, non – purtroppo – l’accidioso Giordano.
La pioggia ha molto influito sulla resa stilistica delle due squadre. Lo stesso Maradona, che avvalora ai miei occhi la teoria secondo cui l’uomo non deriverebbe solo dalla scimmia, bensì anche dall’ orso, ha sbagliato più del debito nel primo tempo: appoggi incongrui, lanci imprecisi e poi, la dissennata pretesa di bailar fùtbol, dribblando in quel fradiciume. Il senza collo Maradona era giusto un orsetto panda infregolito dalla pioggia sciroccale. E quando finalmente ha preso confidenza con la viscida saponetta che era diventata la palla, allora ha confermato di essere il meglio di tutti. Ha scucchiaiato di mezza punta interna la palla d’ un “due calci” sopra l’ incombente barriera degli avversari, l’ ha fatta volitare ambigua verso la porta e poi, improvviso, piegare e picchiare a destra, dove i due pali si congiungono in alto, alla sinistra di Tacconi… A questo prodigio sono svenuti ben sette napoletani, due dei quali hanno rischiato l’ infarto. La gente è sbucata urlando ossessiva di sotto gli ombrelli. Non dimenticherò mai simili scene di amenissima follia collettiva.
Prima di quel gol demoniaco, avevano sbagliato splendide occasioni Maradona (due!), Bertoni, Giordano e, sull’ 1-0, l’ agile Caffarelli. Se il Napoli avesse vinto per 3-0, come avrebbe potuto benissimo, tutti si sarebbero ricordati probabilmente della Coppa Campioni e del 5-0 subito dal Verona al San Paolo. Indubbiamente, le due squadre impegnate domani a Torino avvertivano dentro l’ inconscia renitenza a spendere energie: ma questa volta gli esiti non sono stati perversi: la Juve ha subito un solo gol chiamando per altro Garella a una sola sparutissima parata su Serena (incornata da oltre dieci metri). Il Verona ha perso a Roma inducendo Larsen a deplorare i compagni, che secondo lui, maledetto sbruffone, avrebbero tirato unicamente a non perdere. Poi, giocheranno in fondo a un cratere lunare (jam dixi) e vedremo cosa salta fuori. Tirando le somme di quanto è avvenuto finora, questo si può dire: che la Juventus è andata fortissimo perchè non pensava mai di potersi imporre così facilmente. Il magnifico Trap l’ ha indotta a giocare prudente e pratico. Platini ha smesso da tempo di sbruffare alla franciosa, offensivisticamente. Nessuno ha mai contrastato il tecnico, umanamente e ragionevolmente incerto di aver azzeccato tutti gli acquisti. Per il momento, lo delude un tantino Mauro, che parte sempre in dribbling e se non dribbla non si diverte a fare il gregario. Dopo aver vinto tante partite, la Juventus è sicura del proprio rendimento: deve solo ricordare il perchè di tante vittorie, che io qui ribadisco: il senso dei propri limiti, dunque la prudenza, la praticità degli schemi. Nessun modulo calcistico rende quanto l’ italiano. Se il Brasile e l’ Olanda fossero stati guidati da Nereo Rocco (per dire il più grosso, ma coerente di tutti i nostri tecnici) avrebbero trionfato ad ogni occasione. Brasile e Olanda hanno spesso dimostrato invece di non sapersi valutare e di ignorare quanto spesso convenga difendere la sconfitta. Sul piano critico ho acquisito questa certezza seguendo gli uruguagi ai Mondiali ‘ 54. E adesso mi torna del tutto normale sentir dire da Bagnoli, dopo il 5 a 0 di Napoli: “Non abbiamo saputo difendere la sconfitta”, e ancora sentire da Mimmone Ferraro, mio osservatore particolare al seguito dell’ Inter, che Ilario Castagner ha molto inveito a Firenze contro i suoi scriteriati giocatori perchè pencolavano troppo in avanti, ed è persino intervenuto l’ arbitro a tenerlo un po’ quieto. L’ Inter si è offerta alla inedita Fiorentina di Agroppi in tutta presunzione e quindi l’ ha indotta a tenersi chiusa ed a reagire solo in contropiede. L’ arbitro è stato largo concedendo ai viola un rigore non proprio meritato da Zenga (come mai la palla è rotolata via dal piede di Massaro? Evidentemente, l’ ha deviata il portiere). Il resto, dissennato fescennino. Quando Berti è partito per segnare il 2 a 0 (unica azione da gol in novanta minuti) nella metà campo interista c’ era solo Baresi 1, che ha pure tentato lo sgambetto, mancandolo piuttosto goffamente. Conclusione di Ferraro: spedizione ridicola e mortificante. Agroppi felice assai nella scelta tattica e Passarella abile e fortunato nei botti. Situazione alle spalle della Juventus: il Milan rilancia felicemente Paolino Rossi. Il gol al Pisa lo segna di sgrullata Massinissa Virdis. Un altro Rossi vendica Pablo el Diablo segnando un gol dal limite al barricato Bari. Anche a Torino, la mesta alloccaggine degli inglesi si fa sentire nella fin troppo comoda deplorazione del gioco difensivista. Se Bolchi avesse avuto la minima ambizione di imporre il proprio gioco, Radice gliene avrebbe rifilati quattro in goleada! Una bella Atalanta ha espugnato Como, caoticamente presidiata dai prodi di Clagluna. L’ Avellino ha mortificato a Marassi la sbollitissima boria della Samp. Il Lecce ha battuto l’ Udinese con un agio del quale nessuno l’ avrebbe ritenuto capace, soprattutto in considerazione del solido prestigio furlano. Nell’ Avellino ha fatto congrua doppietta Diaz, pescando Bordon con un perentorio “a volo” sinistro sul primo palo e incornando poi di schiacciata su cross dalla sinistra. Aggiunti ai due di Passarella e alle punizioni decisive di Maradona e Barbas, i due gol di Diaz hanno fatto della IX la giornata degli argentini. Poveri figli, con tutti i miliardi che ci sono costati, se la meritavano proprio. Qui il paradosso sta sempre di casa.