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Il Napoli ha una lunga storia di allenatori senza pedigree: Monzeglio, Bianchi, Bigon, Pesaola, Marchesi (anche Santin, certo)

Il Napoli ha una lunga storia di allenatori senza pedigree: Monzeglio, Bianchi, Bigon, Pesaola, Marchesi (anche Santin, certo)

Fino all’ufficialità ed all’usuale tweet di Aurelio De Laurentiis ci concediamo il beneficio del dubbio, ma la notizia del possibile ingaggio del tecnico toscano è uno spunto interessante per andare a rivedere se l’ingaggio di un neofita della Serie A sia una novità o se, diversamente, il club partenopeo spesso abbia puntato su tecnici provenienti da realtà minori.

Partendo dal secondo dopoguerra e prendendo in considerazione gli allenatori che abbiano almeno completato una stagione, scopriamo che il primo trainer del Napoli in Serie A fu Raffale Sansone. Ex calciatore di origini uruguaiane, guidò gli azzurri dal 1945 al 1947, da esordiente assoluto ottenne una promozione in A e un ottavo posto nel seguente campionato.

Voluto fortemente dal comandante Achille Lauro, sempre da esordiente ed ex calciatore, Amadeo Amadei rimase alla guida della squadra tra il ’56 e il ’59 conquistando un quarto posto come miglior risultato. Dopo di lui e poi nel corso degli anni ’60 e ’70 si alternarono Annibale Frossi, Fioravante Baldi, Giuseppe Chiappella e Gianni di Marzio, tecnici di buona esperienza che conseguirono piazzamenti discreti con il Napoli nella massima serie. Di Pesaola e Vinicio, che pure sedettero a lungo sulla panchina del San Paolo in quegli anni, parleremo più avanti.

Gli anni ’80 si aprono con l’ingaggio di Rino Marchesi dall’Avellino, guidato per due stagioni in Serie A, prima del quale aveva allenato Montevarchi e Mantova (Serie C) e Ternana (Serie B). Marchesi guidò gli azzurri a sfiorare la conquista del primo scudetto nel 1981 conquistando alla fine il terzo posto, mentre fu quarto al termine della stagione seguente. Dopo una parentesi all’Inter, tornò a Napoli al termine della stagione 1983-84 per traghettare la squadra alla salvezza e per poi rimanere al comando un’altra stagione, la prima di Maradona, fino al 1985 (8°).

Al primo biennio di Marchesi, seguirono due stagioni travagliate per la panchina azzurra: nel 1982 fu chiamato ad occuparla Massimo Giacomini un tecnico di più che buona esperienza, autore dell’exploit dell’Udinese, e poi di Torino e Milan (che riportò in Serie A dopo la retrocessione causata dal famoso pareggio tra Napoli e Genoa, da cui nacque lo storico gemellaggio con i Grifoni). Giacomini però fu esonerato dopo un avvio da incubo con una sola vittoria nelle prime undici partite, al capezzale della squadra fu chiamato il duo Pesaola-Rambone che riuscì in extremis ad evitare la retrocessione.

Nella stagione seguente fu assunto Pietro Santin, un professionista con una lunga gavetta sui campi di Serie D, Serie C e Serie B (Savoia, Juve Stabia, Nocerina, Benevento, Sorrento, Lecce e soprattutto Cavese). Neanche lui però terminò la stagione, sostituito nelle ultime giornate da Rino Marchesi che riuscì ad evitare la discesa in B per un solo punto in classifica.

Bypassando il periodo dei trionfi maradoniani di cui ci occupiamo in seguito, con un balzo temporale arriviamo al 1991 quando con alle spalle una sola stagione di Serie A venne ingaggiato in seguito Claudio Ranieri. Fu lui a gestire il post-Maradona. Il giovane tecnico romano arrivava dalla cavalcata con il Cagliari dalla C alla A in tre anni (in precedenza Vigor Lamezia e Puteolana) e con gli azzurri raggiunse un quarto posto nella prima stagione. L’anno seguente, però, dopo un buon avvio anche in Coppa Uefa (i cinque gol al Valencia), una serie di risultati negativi lo condussero all’esonero, rimpiazzato da Ottavio Bianchi che riuscì a conquistare la salvezza solo nel rush finale.

Sulla panchina del San Paolo fu poi insediato Marcello Lippi, la cui esperienza di Serie A si limitava alla stagione appena conclusa con l’Atalanta e qualche anno prima a una stagione e mezza con il Cesena. Poteva però vantare una considerevole quantità di panchine in Serie B e C (Pontedera, Siena, Carrarese, Pistoiese, Lucchese), il rendimento della squadra di Lippi fu sorprendente fino a giungere a un ottimo sesto posto che gli valse la chiamata alla Juventus.

Siamo nel 1994 e per i dieci anni seguenti la storia degli azzurri è un quadro depresso e a tinte fosche per squadre via via più scadenti e risultati negativi che culmineranno nella retrocessione (dopo oltre 30 anni) in Serie B. In questi anni il solo Vujadin Boskov resistette per più di una stagione sulla panchina azzurra, si tratta peraltro anche dell’unico allenatore (prima di Benitez) giunto a Napoli con un palmarès personale più ricco di quello del club.

Prima e dopo Boskov, si alternarono Vincenzo Guerini, Gigi Simoni, Bortolo Mutti, Giovanni Galeone, Carlo Mazzone, Renzo Ulivieri, tutti professionisti con solida esperienza alle spalle che però non riuscirono a imprimere una svolta tecnica alla squadra. Fu Walter Novellino, fresco dell’esperienza di Venezia (promozione dalla Serie B e salvezza in A) a riportare il Napoli nella massima categoria e a dare una boccata d’ossigeno al club e ai tifosi. Dopo di lui si sono susseguiti allenatori esperti alla guida del Napoli (Zeman, Mondonico, Colomba, De Canio, Buso, Scoglio, ancora Simoni) con la sola eccezione del giovane e disastroso Agostinelli, ma tutti invariabilmente non sono riusciti nell’impresa di riportare il Napoli in A.

Dopo il fallimento del club nel 2004, De Laurentiis si è affidato alle mani sapienti di Ventura e poi di Reja, per riportare il Napoli nella massima serie, riuscendoci nel 2007.

Dopo questa panoramica generale sembra utile soffermarsi sugli allenatori che hanno vinto un titolo sulla panchina del Napoli. Il primo campionato vinto dagli azzurri fu quello del 1949-50 in Serie B, in panchina sedeva Eraldo Monzeglio, ex calciatore due volte campione del mondo con la Nazionale di Vittorio Pozzo nel 1934 e 1938, ma che aveva alle spalle solo tre stagioni da allenatore con Como e Pro Sesto con un ottavo e due settimi posti in cadetteria. Con gli azzurri vinse il campionato di Serie B (l’unico) e aggiudicandosi la promozione in Serie A.

Sempre legato alla Serie B è il secondo successo, nella stagione 1961-62, quando il Napoli chiamò a gennaio Bruno Pesaola a rilevare Baldi per lo scarso rendimento della squadra. Il Petisso, ex calciatore azzurro, era alla sua prima vera esperienza di allenatore (direttore tecnico era Monzeglio) dopo una stagione da allenatore-giocatore alla Scafatese. Pesaola risollevò la squadra dal fondo della Serie B e la portò alla promozione e alla conquista della prima Coppa Italia del club, unica squadra di B ad aver conquistato il trofeo, un primato ancora ineguagliato. Sempre con l’italo-argentino in panchina fu conquistato anche il primo trofeo internazionale, la Coppa delle Alpi nel 1966 e dieci anni dopo anche la Coppa di Lega Italo-Inglese.

Il capitolo seguente è legato a un allenatore che non ha materialmente sollevato un trofeo perché esonerato a dieci giorni dalla fase finale, ma non si può togliergli almeno parte del merito della Coppa Italia 1975-76, si tratta di Luis Vinicio. Fu ingaggiato per allenare il Napoli nel 1973, conquistando un quinto, un terzo e un secondo posto in Serie A (miglior piazzamento all’epoca, eguagliato Pesaola). Quello di Vinicio è uno dei Napoli più belli che i tifosi ricordino per qualità del gioco, eppure ‘o Lione prima di approdare alla panchina del San Paolo aveva alle spalle solo cinque campionati in Serie C e B con Internapoli, Ternana e Brindisi.

Arriviamo poi all’epoca d’oro del calcio napoletano, quando i partenopei potevano schierare in campo il miglior calciatore del mondo. La squadra del primo scudetto era guidata da Ottavio Bianchi. Chiamato ad assumere la guida della squadra nel 1985, aveva alle spalle meno di una decina d’anni di esperienza come allenatore tra i professionisti. Dagli inizi alla Spal e poi Siena (C2), Mantova (C1), Triestina (C1) ed Atalanta con la quale conquistò la promozione dalla C1 alla B e la seguente salvezza. Approdato in Serie A nel 1983, consegue due undicesimi posti (su sedici squadre) con Avellino e Como. Dalla sponda del lago citato da Manzoni giunse al Napoli dove conquistò uno scudetto, una Coppa Italia e una Coppa Uefa.

Successore di Bianchi fu Albertino Bigon nel 1989, allenatore padovano con all’attivo due sole stagioni di Serie A sulla panchina del Cesena (9° e 13° posto), precedentemente aveva guidato Reggina in C1 e Conegliano in Serie D. La poca esperienza ad alto livello non gli impedì di conquistare con la squadra partenopea uno scudetto e una Supercoppa Italiana.

La quarta Coppa Italia fu conquistata nel 2012 da Walter Mazzarri, allenatore che ha raggiunto il record di punti in Serie A del Napoli ed un sesto, un quinto, un terzo e un secondo posto. Cinque le stagioni in massima serie al momento della chiamata napoletana nel 2009, tre a Reggio Calabria (10°, 13° e 14° partendo da -11 punti) e due alla Sampdoria (6° e 13° posto) con una finale di Coppa Italia persa.

Gli ultimi titoli li ha conseguiti Rafa Benitez che però è giunto a Napoli con un curriculum ricco di successi ed esperienze in tre paesi diversi e in molte competizioni.

A tirare le somme di questo lungo elenco, al quale ovviamente mancano un po’ di nomi tra quelli che hanno guidato gli azzurri nel corso degli 89 anni di storia, si vede come non esista una ricetta vincente per scegliere un tecnico a priori. 

Tra i tanti allenatori qui citati, ce ne sono molti approdati al Napoli con un’esperienza limitata in Serie A o in grandi club ed è tra loro che si devono ricercare quelli che hanno raccolto i migliori risultati. Questo ovviamente nulla dice di quella che sarà la futura esperienza di Sarri, per giudicare la quale toccherà aspettare il giudizio del campo e capirei se sarà stata o meno la scelta giusta per questo Napoli 2015/16.
Andrea Iovene

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