Se Higuain recupera, chi giocherà? Gonzalone o Gonzalino?

Forse gioca, forse no, adesso chi lo sa. Higuain è ancora un dubbio. Il paradosso è che le notizie in arrivo da Castel Volturno sono chiare: Gonzalone fa terapia alla tibia infortunata nel durissimo contrasto con Andreolli a San Siro, massima cautela, saranno importanti se non decisive le sue sensazioni nelle prossime ore. Ci siamo. […]

Forse gioca, forse no, adesso chi lo sa. Higuain è ancora un dubbio. Il paradosso è che le notizie in arrivo da Castel Volturno sono chiare: Gonzalone fa terapia alla tibia infortunata nel durissimo contrasto con Andreolli a San Siro, massima cautela, saranno importanti se non decisive le sue sensazioni nelle prossime ore. Ci siamo. Le sue sensazioni. E qui, scusate l’egocentrismo, casca l’asino. La domanda da porsi con dolorosa schiettezza è: ma sulle sensazioni di Higuain possiamo fare affidamento? Non è la prima volta in cui la sua soglia di resistenza al dolore si mostra non proprio da record. L’impatto con Andreolli è stato di certo violento, ma se già 20 minuti dopo la partita venivano scartate tutte le ipotesi peggiori, forse anche 20 minuti prima il quadro non era poi così allarmante. Andava sicuramente sostituito, a sette giorni da una finale di Coppa Italia, ma lo spavento che i gesti di Higuain ci hanno trasmesso possiamo dire che è stato eccessivo, sproporzionato alla diagnosi che lo staff medico ha consegnato poco dopo la partita. Vengono allora in mente altri scontri di gioco, certe ginocchiate dietro la sua schiena accolte con smorfie evidenti, vengono in mente le partite saltate in autunno per quel dolorino avvertito da Higuain al muscolo della coscia. Senza volersi spingere fino alle definizioni popolari con cui in Partenope si tratteggia il tipo del timoroso (scarda di luagna, cato di collo, ciuccio di Fichella), bisogna ammettere che i dolori del giovane Gonzalo sono spesso percepiti di misura superiore alla realtà. E allora: è giusto affidare a lui, alle sue sensazioni, la decisione sulla possibilità di essere in campo?

Non è tutto. Che Gonzalo in campo ci sia o no, forse non è neppure la cosa più importante. A Rafa, a noi, anche a lui, preme che in campo ci sia un Gonzalone, non un Gonzalino. L’Higuain dei giorni di fuoco, quello che da solo tiene occupata l’intera difesa avversaria, come ricordano bene Hummels e Subotic, sfasciati, ma proprio alla lettera fisicamente sfasciati al San Paolo. L’Higuain che sul campo del Chievo pianta due scatti e fa nascere dal niente due gol. L’Higuain che a San Siro scava una palla sporca dal bidone dell’immondizia e la trasforma nel tiro del 2-0 contro il Milan. E ci sarebbe da andare avanti a lungo, tanti sono stati gli Higuain decisivi quest’anno, al punto da farci dire che la nostalgia per Cavani non l’abbiamo mai provata, mai, sebbene parliamo di un uomo da 100 gol in tre anni. Ma questo è Gonzalone. Il Gonzalino che non vogliamo è quello che sta con i pensieri fuori dalla partita, quasi nascosto, quello che in 45 minuti contro l’Inter tocca meno palloni di Reina: un centravanti che tocca meno palloni del portiere, no, in una finale per favore no. Il Gonzalino che non vogliamo è quello che si smarrisce dietro i suoi monologhi, quello che allarga le braccia e mummuléa se i compagni (Insigne specialmente) sbagliano a dargli una palla. Sbagliare si può, senza che cambi la considerazione nei confronti di chi l’errore l’ha commesso: così come non è cambiata la nostra verso Higuain dopo i gol mangiati a Dortmund, a porta spalancata contro il Chievo al San Paolo, a tu per tu davanti a Pegolo con il Sassuolo.

Luce degli occhi miei, uomo che mi ha fatto palpitare in estate per ogni minuto del calciomercato in attesa che giungesse la notizia del tuo arrivo, tu non sai quanti di noi faranno il tifo per te da casa al prossimo Mondiale. Non lo sai, non lo immagini, domanda a Diego. Ma a quelle notti, noi, non pensiamo ancora. Dicci che anche per te è così. Sfasciati quella caviglia, anche se fa ancora male, forse, forse un pochino ancora sì, prenditi la nove e torna Gonzalone. Noi siamo gente che non dimentica.
Il Ciuccio

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