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La debolezza mediatica del Napoli (molti nemici, nessuna strategia)

Il Napoli c’è anche quando non c’è. Appare all’improvviso negli stadi pure se non gioca. Succede negli odiosi cori degli ultrà che sollecitano il Vesuvio a scetarsi e a trasformarsi in una doccia ignea. Tutto sommato, un meccanismo psicologico ovvio. Il tuo avversario, non diciamo nemico, si manifesta nei tuoi pensieri ogni volta che può, nel linguaggio di chi frequenta Freud potrebbe dirsi un’ossessione, ma non esageriamo. Ci basta che sia una fisima. Ma se la fisima Napoli è banale che si manifesti nella curva Scirea o nella curva Sud romana, o in tutte le altre curve d’Italia, per rivalità calcistica o insopportabile razzismo, diventa difficile da comprendere quando si affaccia nelle parole di professionisti della comunicazione.

Ieri sera l’ultimo esempio. Canale 5. Partita di Europa League. In campo Juventus e Lione. Ma il Napoli c’è anche quando non c’è. Perciò Piccinini, voce Mediaset, piazza la sua sciabolata morbida nell’elogiare il lavoro di Agnelli e Marotta. Dice, parola più e parola meno: il fatturato va guadagnato, non è un regalo, come pensa qualche altro presidente di serie A. Parlava di De Laurentiis, e non averlo voluto citare per nome rende l’attacco finanche più subdolo. Lascia spazio alla fragile scappatoia: ma io non mi riferivo a nessuno, parlavo in generale. Fatto sta che mentre elogia la Juve, a Piccinini viene in mente di mandare una zeppata al Napoli. Potrebbe togliere l’occasione, ma non la toglie. Di certo per via dello stizzito comunicato di replica alla sua telecronaca in cui denunciava le condizioni del San Paolo. Così come non toglie l’occasione Massimo Mauro, non la toglie Marocchi, non la toglie Caressa, anzi, accanito fautore di una campagna contro le norme sulla discriminazione territoriale. Perfino una bella testa come Porrà ci casca spesso e volentieri, casca in giudizi supeficiali e sommari sul Napoli. Siamo periferia mediatica, non interessa approfondire le nostre ragioni, la nostra visione delle cose. Non toglie occasione in generale Sky (con qualche eccezione: Compagnoni, Marchegiani, Di Gennaro), ancor più dopo il tweet post-Juve su Ilaria D’Amico.

Della Rai, si sa. Covo romanista per competenza territoriale, come ci ha raccontato Deguti in occasione dei Napoli-Roma di Coppa, ha potuto cavalcare con i guanti l’episodio dello spintone di De Laurentiis al tifoso. In secondo piano è scivolato il pensiero di cosa ci facesse una telecamera attaccata quella sera al posteriore del presidente del Napoli, non risultano pedinamenti cronistici così puntuali al seguito di altri protagonisti italiani nel giorno delle loro sconfitte. Con onestà bisogna dirsi che nulla fa il Napoli per farsi sentire, per far ascoltare le proprie ragioni, e quello sarebbe un lavoro utile quanto i gol di Higuain. Gli scudetti si vincono anche telefonando ogni giorno ai direttori dei media e spiegando la propria visione delle cose, una strategia della normalità che costruisce un rapporto confidenziale ed evita le pugnalate. come ben sapeva Ferlaino, che trovò nel biagio Agnes della Rai l’alleato per opporsi mediaticamente al milan-Mediaset di Berlusconi.

Vogliamo dire della Gazzetta? Chiusa la pagina della Campania (e un segno d’attenzione certo non è), si è dedicata al racconto del Napoli e di Napoli in termini critici o folkloristici (diciamo così). Sabato scorso, su Sportweek, il pur bravo Garlando invitava Benitez a fare una gita a Siena per parlare con Beretta. Sorvolando sulle ironie (“probabilmente c’è già stato, lei che è un raffinato intenditore d’arte” e poi “Accetti il consiglio, magari davanti a una bistecca”), colpisce la mancanza di voglia in Garlando di leggere le posizioni del Napoli, di provare a comprenderle. Scrive: “si faccia raccontare dal Siena, rimasto senza banca, ma dignitosamente attaccato ai propri sogni. Vedrà che le faranno meno problemi (un lombardismo, n.d.C., nota da Ciuccio) i fatturati degli altri e, riconsiderando la propria carriera, forse riuscirà a considerarsi perfino un allenatore fortunato. Lasciando in pace Conte e Mourinho”. Li devi lasciare in pace, Rafa, non lo avevi capito. In pace i totem dell’universo Juve e degli orfanelli interisti, cultori della personalità di Stramaccioni e di Mazzarri (Stramou, Mouzzarri, sulla Gazzetta me li ricordo) finché è stato possibile. È chiaro cosa vogliono che siamo. Una comunità che resti dignitosamente attaccata ai suoi sogni, un bel contorno al loro spettacolo fatto di tre squadre (forse quattro, ora con la Roma) e di tre bacini d’utenza. Non rompeteci i coglioni, vendeteci i Cavani e i Lavezzi appena si può, e siatene pure felici, che con quei soldi il piatto di maccheroni lo portate a casa.
Il Ciuccio

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