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In difesa del Napoli primavera

Premessa: seguo questa Primavera da inizio campionato, da settembre. Li seguo perché mi piace sondare il lavoro sui giovani della società, e ho la fortuna di poterlo fare spesso, visto che giocano a cinque minuti da casa mia. Il mio primo articolo per Il Napolista fu proprio su questi ragazzi. Insomma, posso dire di conoscerli discretamente bene. E posso dire che le critiche lette nel post-finale sono severe. Troppo.
Vero è che da quando sono tornati dal Viareggio i ragazzi non sono più quelli della prima parte della stagione: non riescono a far girar palla come sanno, non trovano spazi, sono calati fisicamente. Ed è calato soprattutto l’estro dell’uomo migliore, quel Roberto Insigne dal sangue nobile, che martedì ha giocato la stessa partita che gli ho visto giocare campionato negli ultimi due mesi: dribbling mai azzeccati, fastidiosa testardaggine, poco sacrificio. Ma la classe c’è: tant’è vero che, dopo essersi chiesti dove fosse per 89’, contro la Juve è riuscito a tirar fuori l’assist giusto al momento giusto. I numeri ci sono: deve solo migliorare.
Ed è su questo che credo ci sia bisogno di battere: è una squadra Primavera. Non una prima squadra: una Primavera. Ragazzi del ’94, del ’95 e del ’96 che devono crescere, che devono maturare e imparare dai propri errori. Non bisogna solo bastonarli né solo coccolarli: basterebbe dargli la loro dimensione.
Ho letto di una brutta difesa: eppure, ieri mi è sembrato che Padovan e Beltrame non fossero riusciti a trovare troppi spazi, e che quando capitava c’era sempre un Lasicki in pallissima a difendere. Non è stata la partita migliore di Celiento, che si porta sul groppone (purtroppo per lui) i due goal: ma state certi che fare errori del genere, su un palcoscenico del genere, in un’occasione del genere, è la cosa migliore che gli potesse capitare – ci ripenserà spesso, riguarderà quelle immagini, capirà dove ha sbagliato, migliorerà. Di Lasicki già s’è detto. Poi c’è Nicolao: da anni cerchiamo un esterno sinistro, proprio nel periodo in cui c’è cresciuto in casa. È un diamante grezzo. Ma pur sempre un diamante.
A centrocampo ieri è mancato il miglior Fornito (un fantasma), mentre il ’96 Palmiero si è comportato bene, da vecchio ruba palloni. Radosevic ha dormito per tutto il primo tempo, e poi s’è svegliato: è un mordicaviglie dai piedi buoni. Ed è un ’94. Potenzialmente, un De Rossi: diamogli tempo.
Calatevi nei loro panni: hai 16 anni, stai giocando al San Paolo davanti a cinquantamila persone, sogni quel momento da sempre, è la partita più importante della tua breve carriera: inevitabilmente, vuoi strafare. L’errore di Tutino, quel correre a testa bassa senza servire il compagno meglio appostato, è, come quello di Celiento, grave: ma l’aiuterà a migliorarsi.
Migliorare, maturare, crescere: quante volte l’ho scritto? Tante. Ma è per rendere chiaro il concetto. Migliorare è quello cui questi giovani sono destinati. Perché chiedere loro la luna, già adesso? Perché negare loro l’emozione e le gambe tremanti? Perché già responsabilizzarli così?
Prendiamoli per quello che sono: dei ragazzi che sanno giocare bene a calcio, ma che possono ancora (sì, di nuovo) migliorarsi. Certo, avrebbero bisogno di una programmazione dei tornei diversa (il campionato Primavera è organizzato in maniera ridicola, e le squadre B sono solo un sogno), ma vedrete: in futuro sentiremo parlare di molti di loro. E tanto.
Antonio Cristiano

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